Tra i giovani le auto stanno diventando meno popolari
Nei paesi più ricchi ci sono segnali di un minore interesse che potrebbe avere importanti conseguenze sociali ed economiche, scrive l'Economist
In oltre un secolo di esistenza, l’automobile è diventata un elemento centrale delle nostre società. Ha permesso di accorciare le distanze, di rendere accessibili luoghi remoti e ha liberato molte persone dai limiti che un tempo le obbligavano a condurre buona parte della propria esistenza nello stesso luogo. Ancora oggi l’automobile è tra i mezzi di trasporto più utilizzati, con una quantità crescente di veicoli in circolazione e di persone che li guidano, ma come racconta l’Economist in un recente articolo iniziano a esserci indizi su un minore interesse verso le automobili da parte delle nuove generazioni nei paesi più ricchi.
In molte parti del mondo, i giovani prendono la patente in età più avanzata rispetto a un tempo, o non la prendono affatto, dimostrando di preferire altri mezzi di trasporto. Le motivazioni di questo apparente allontanamento dalle automobili sono molteplici e spaziano dalle questioni economiche a quelle ambientali, considerato che il traffico veicolare è tra le principali cause delle emissioni di gas serra che causano il riscaldamento globale.
Gli Stati Uniti sono un buon punto di osservazione per valutare il fenomeno, considerata l’enorme quantità di automobili in circolazione nel paese. In media, uno statunitense nel 2022 ha percorso 23mila chilometri in automobile, circa il doppio rispetto a quanto avviene nei principali paesi europei. C’entrano sicuramente le grandi distanze che si devono coprire negli Stati Uniti, la caratteristiche geografiche del paese e la mancanza in molte zone di collegamenti ferroviari adeguati.
Molte città statunitensi sono inoltre costruite “a misura di automobile”, al punto da non essere pratiche o semplici da percorrere a piedi. L’Economist cita l’esempio di Jacksonville, in Florida, che si estende per 2.265 chilometri quadrati (l’area metropolitana di Roma è quasi la metà). La città ha un milione di abitanti, quindi una bassissima densità abitativa, e questo spiega come in molti casi non ci sia alternativa all’auto per poterne raggiungere alcune parti.
Negli Stati Uniti nel 1997 il 43 per cento dei sedicenni aveva la patente di guida, ma nel 2020 la percentuale è arrivata al 25 per cento. L’età minima per conseguire la patente varia tra gli stati, ma è solitamente compresa tra i 16 e i 18 anni. Alcuni stati consentono di avere una patente con limitazioni a partire dai 14 anni di età, così da semplificare gli spostamenti specialmente nelle aree rurali, desertiche o di montagna, dove si devono fare spesso decine di chilometri prima di raggiungere un supermercato o un ospedale.
La riduzione del numero di persone patentate non riguarda comunque i soli adolescenti che raggiungono l’età legale per guidare. Uno statunitense su cinque di età compresa tra i 20 e i 24 anni non ha la patente di guida, nel 1983 succedeva con uno su 12. In proporzione, la quantità di persone con una patente si è comunque ridotta in tutti i gruppi di età al di sotto dei 40 anni e per ora non sono apprezzabili segnali in controtendenza.
Stando ai dati raccolti dall’Economist, tra il 1990 e il 2017 la distanza percorsa mediamente dagli adolescenti patentati negli Stati Uniti è diminuita del 35 per cento; la riduzione ha interessato anche la fascia di età tra i 20 e i 34 anni, raggiungendo il 18 per cento. I giovani guidano meno rispetto alle altre fasce di età abituate a spostarsi quasi esclusivamente in auto.
In Europa le alternative all’automobile sono spesso più accessibili ed economiche, grazie a una rete di trasporti pubblici piuttosto diffusa anche se non sempre efficiente. Per questo motivo storicamente gli europei utilizzano un po’ meno l’automobile rispetto agli statunitensi, eppure se si guardano i dati si nota come ci sia comunque un minore interesse verso le automobili da parte dei più giovani anche in Europa.
Secondo uno studio condotto a Berlino, Copenhagen, Londra, Parigi e Vienna, gli spostamenti in auto per andare al lavoro continuano a ridursi dagli anni Novanta. A Parigi si è calcolato che la quantità di spostamenti per abitante si sia ridotta sensibilmente, al punto da essere inferiore ai livelli rilevati negli anni Settanta. Nel Regno Unito la percentuale di adolescenti con patente è passata dal 41 al 21 per cento negli ultimi 20 anni.
Tutto ciò è avvenuto in una fase storica in cui non ci sono mai state così tante automobili in Europa. Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea, segnala che sono in circolazione 250 milioni di automobili. La quantità di auto elettriche è ancora bassa, secondo i dati riferiti al 2021 ci sono poco meno di 2 milioni di veicoli di questo tipo: è comunque un aumento di 37 volte rispetto a dieci anni fa. In termini assoluti, l’Italia è il secondo paese dell’Unione Europea per numero di automobili (40 milioni) dopo la Germania (49 milioni). Il nostro paese è anche tra i più “motorizzati”: con 675 automobili ogni mille persone è al terzo posto, preceduto da Polonia e Lussemburgo.
Trovare una spiegazione convincente al minore interesse verso le automobili dei più giovani non è semplice, anche perché il fenomeno interessa paesi molto diversi tra loro con abitudini, stili di vita e condizioni economiche non sempre confrontabili. Una spiegazione è che la maggiore disponibilità di beni che possono essere consegnati a casa e l’evoluzione dell’intrattenimento domestico, per esempio con la diffusione dei videogiochi o dei contenuti in streaming, abbia reso meno necessario lo spostarsi in città per chi vive nelle periferie o in provincia. Questa circostanza è stata amplificata negli anni della pandemia, specialmente nei periodi dei lockdown, ma è anche vero che il suo inizio era stato osservato ben prima.
Specialmente negli Stati Uniti, la diffusione dei servizi come Uber e Lyft per avere automobili con conducente a prezzi relativamente convenienti potrebbe avere contribuito, visto che mantenere una propria automobile comporta numerosi costi fissi, compresi quelli dell’assicurazione. Qualcosa di simile era già stato osservato con i taxi per lo meno nelle grandi città, ma i servizi tramite app hanno reso molto più semplice e immediato il ricorso ad automobili con autista, specialmente da parte delle giovani generazioni.
Vari esperti ritengono che le questioni economiche siano del resto il fattore determinante nella riduzione dei giovani patentati. La mancanza di salari adeguati, in particolare per poter vivere nelle grandi città, e la maggiore insicurezza economica derivanti dai lavori precari influiscono su investimenti impegnativi come quello per un’automobile, di conseguenza alcuni giovani trovano meno interessante o utile conseguire la patente.
L’Economist segnala come ai motivi prettamente economici se ne aggiungano altri culturali, legati soprattutto alle preoccupazioni per il cambiamento climatico. I movimenti che coinvolgono soprattutto persone giovani hanno spesso tra i principali obiettivi la riduzione del traffico veicolare nelle città, il passaggio a sistemi di trasporto più sostenibili e l’abbandono dei motori termici. Specialmente nelle città, le automobili stanno assumendo una forte connotazione negativa per una parte crescente della popolazione, anche a causa della loro presenza ingombrante che ostacola lo sviluppo di soluzioni alternative per la mobilità.
Alcune amministrazioni hanno accolto le richieste dei loro cittadini, spesso in sintonia con i consigli degli urbanisti, cercando di ridurre la presenza delle automobili. Le strategie seguite sono state molteplici, dall’introduzione di aree dove possono circolare solamente i veicoli meno inquinanti all’aumento delle zone pedonali, passando per l’abbassamento dei limiti di velocità in interi quartieri. Provvedimenti di questo tipo hanno permesso di evitare che traffico e inquinamento continuassero a crescere con l’espansione delle città, anche se alcune amministrazioni sono state criticate per non avere adottato politiche più incisive.
Anne Hidalgo, da nove anni sindaca di Parigi, ha portato avanti con costanza un piano molto ambizioso per ridurre il traffico in città. Nel corso degli anni ha rimosso numerose aree di parcheggio dalle zone centrali, ha reso più strette le carreggiate per permettere l’allargamento dei marciapiedi e l’aggiunta di piste ciclabili, ha chiuso interi percorsi lungo la Senna per aprire nuovi parchi cittadini e ha avviato un progetto ambizioso per sottrarre gli Champs-Élysées alle automobili e restituire buona parte dei loro spazi ai pedoni. Questi e altri provvedimenti hanno permesso di ridurre il traffico e hanno contribuito a coltivare una maggiore consapevolezza tra la cittadinanza, anche se non sono mancate critiche e proteste.
Hidalgo è stata rieletta per un secondo mandato da sindaca di Parigi nel 2020 in parte grazie ai suoi piani urbanistici e alla promessa di proseguire con ulteriori iniziative, specialmente per rendere prioritari i percorsi pedonali in ogni quartiere della città. L’efficacia di queste misure è mostrata dal fatto che raramente le amministrazioni tornano indietro, ripristinando strade e percorsi per i veicoli dove avevano installato ciclabili o nuovi marciapiedi. Le stesse resistenze che a volte si incontrano tra i residenti vengono superate quando diventano evidenti i benefici della nuova organizzazione.
Potersi spostare in automobile rimane comunque una necessità per chi non ha facilmente un’alternativa, per esempio perché vive in luoghi isolati o poco serviti dai trasporti pubblici. Le politiche di riduzione delle auto in città sono talvolta osteggiate da chi vive in periferia e non ha altro modo se non l’automobile per avvicinarsi al centro, magari dovendo pagare anche una tassa di accesso. È un problema sentito soprattutto nelle città di grandi dimensioni, dove spesso chi vive in periferia ha meno possibilità economiche e rischia di rimanere ulteriormente isolato.
In generale, comunque, chi cresce in luoghi dove c’è un approccio più sostenibile alla mobilità tende a vedere come meno importante la possibilità di poter guidare un’automobile, ritardando il conseguimento della patente e in alcuni casi rinunciandoci completamente. È una sorta di imprinting che si mantiene nel resto della vita, rendendo più contemplabili e accettabili modalità di trasporto alternative, spesso meno inquinanti e che non richiedono un esame di guida.