Chi è Elly Schlein, la nuova segretaria del PD

Ha 37 anni, è stata vice presidente dell'Emilia-Romagna e ha avuto una carriera soprattutto fuori dai partiti tradizionali

(Roberto Monaldo/LaPresse)
(Roberto Monaldo/LaPresse)
Caricamento player

Elly Schlein è stata eletta nuova segretaria del Partito Democratico: ha vinto le primarie battendo Stefano Bonaccini con il 53,80% dei voti (quando ne era stato scrutinato l’80% del totale). È stato un risultato molto inaspettato: Bonaccini era dato da tutti come ampiamente favorito e aveva già vinto nel voto dei circoli, la fase in cui votano solo gli iscritti al partito. Schlein ha 37 anni ed è deputata dallo scorso settembre: prima era stata per oltre due anni e mezzo la vicepresidente dell’Emilia-Romagna proprio durante la presidenza di Bonaccini, e prima ancora europarlamentare.

Schlein era stata indicata da molti, dentro e fuori dal PD, come una figura adatta alla fase di ricostruzione che sta attraversando il partito dopo i molti risultati elettorali deludenti degli ultimi anni: ha infatti un profilo diversissimo da tutti gli attuali dirigenti e volti noti del PD, che sono visti come i responsabili del declino di consensi. Per alcuni anni peraltro non ha nemmeno fatto parte del PD: si era iscritta appositamente per candidarsi alle primarie. Nel 2020 mentre era ospite a L’Assedio, il programma di Daria Bignardi, Schlein aveva fatto coming out, dicendo di avere una ragazza.

Schlein è nata a Lugano, in Svizzera, e ha 37 anni. Suo nonno materno era Agostino Viviani, partigiano e poi rispettato senatore del Partito Socialista. Il nonno paterno invece emigrò negli Stati Uniti da Leopoli, che oggi si trova in Ucraina, per sfuggire alle persecuzioni contro gli ebrei. La madre è italiana, mentre il padre è statunitense. Schlein arrivò in Italia a 19 anni e si stabilì a Bologna, dove studiò giurisprudenza. Fu in quegli anni che diventò politicamente attiva: fu eletta due volte nel Consiglio di facoltà come rappresentante degli studenti, e nel 2008 partecipò come volontaria della campagna elettorale di Barack Obama per diventare presidente degli Stati Uniti.

Nel 2011 Schlein si laureò in giurisprudenza con una tesi sulle persone straniere detenute nelle carceri italiane. Dopo una breve carriera come giornalista di cinema, nel 2013 diventò la figura più riconoscibile di OccupyPD, un movimento formato soprattutto da giovani attivisti e attiviste del partito che si opponevano all’eventualità di un governo di «larghe intese» con il centrodestra. Schlein si fece notare a tal punto che riuscì a entrare nella direzione nazionale del partito, nella quota riservata alle persone vicine a Pippo Civati, e poi a candidarsi alle europee: nel maggio del 2014 ottenne 53mila preferenze, una montagna di voti per una 29enne quasi sconosciuta fino a pochissimo tempo prima.

Al Parlamento Europeo Schlein si è occupata soprattutto di immigrazione. Per due anni fu la relatrice dei Socialisti europei alla riforma del regolamento di Dublino, la principale norma europea sul diritto di asilo. In quel periodo di Schlein si parlò soprattutto a causa dei suoi contrasti con la Lega: ci fu un video che circolò parecchio, pubblicato nel gennaio del 2020 e in cui Schlein affrontava Salvini sulla gestione dei migranti.

 

Il progressivo aumento del suo consenso personale non fu accompagnato da significativi avanzamenti di carriera nei partiti tradizionali. Nel 2015 Schlein uscì dal Partito Democratico in polemica con la svolta imposta al partito da Matteo Renzi per unirsi a Possibile, il partito di sinistra fondato da Pippo Civati, da cui però si allontanò progressivamente. Nei mesi precedenti alle elezioni europee del 2019 tentò una manovra piuttosto spericolata per cercare di mettere insieme una lista unitaria di sinistra che si presentasse come un progetto «fresco nel linguaggio, innovativo nei metodi, nei contenuti e anche nei volti», come scrisse sul suo blog, facendo capire che altrimenti non si sarebbe ricandidata.

In effetti non lo fece, nonostante verso la fine del mandato il nuovo segretario del PD Nicola Zingaretti le avesse chiesto esplicitamente di tornare nel partito e ripresentarsi alle elezioni europee.

La scelta di non ricandidarsi lasciò perplessi diversi commentatori, ma Schlein spiegò che non si sarebbe sentita a suo agio né in una delle varie liste alla sinistra del PD né dentro il partito stesso, che aveva abbandonato ormai da quattro anni: «Non volevo e non potevo fare scelte che sarebbero, al contrario, estremamente divisive, anche tra le persone e realtà con cui ho lavorato fianco a fianco», scrisse di nuovo sul suo blog.

Nelle settimane successive alle elezioni europee Schlein iniziò a lavorare alla lista con cui si sarebbe presentata alle elezioni regionali in Emilia-Romagna: Coraggiosa, che ottenne il 3,77 per cento del totale. Schlein risultò la candidata col consenso personale più alto e Stefano Bonaccini, che vinse confermandosi per un secondo mandato consecutivo, la nominò vicepresidente affidandole la delega al welfare e alle politiche per il clima. Nel settembre del 2020, in occasione del referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari, Schlein annunciò il suo voto contrario, in contrasto con la posizione del suo presidente di regione e del PD.

Alle politiche dello scorso settembre si è candidata alla Camera dei deputati come indipendente nelle liste del PD, in posizione di capolista in un collegio plurinominale in Emilia Romagna. Una volta eletta si è dimessa da vicepresidente della regione. Fa parte della commissione Affari costituzionali.

Per quanto riguarda le politiche europee è una convinta federalista: appartiene cioè alla corrente di pensiero per cui le istituzioni europee debbano assumere una sempre maggiore quota di poteri, sottraendoli agli stati nazionali. Durante il discorso con cui aveva annunciato la sua candidatura aveva parlato di lavoro e precarietà, diritti, giustizia sociale e ambientale. Aveva difeso il reddito di cittadinanza, si era opposta alle trivelle nel mare, al consumo di suolo, ai condoni, aveva parlato di cura del territorio, di congedo paritario per i padri, di «beni comuni da sottrarre alla logica del mercato», di sostegno alle piccole e medie imprese nella transizione ecologica.

Schlein aveva poi chiesto un «rinnovamento a tutti i livelli» nel partito, sia nella dirigenza sia nelle priorità. La sua candidatura alla segreteria era stata sostenuta apertamente, tra gli altri, dal segretario uscente Enrico Letta e da Dario Franceschini, uno dei più importanti dirigenti del partito.