L’ex brigatista Renato Curcio è indagato a Torino per concorso nell’omicidio di un carabiniere, compiuto nel 1975 in provincia di Alessandria
Renato Curcio, tra i fondatori del gruppo terroristico delle Brigate Rosse, è indagato dalla procura di Torino per concorso in omicidio in relazione al conflitto a fuoco avvenuto nel 1975 nei pressi della cascina Spiotta di Arzello, in provincia di Alessandria, in cui venne ucciso l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso. A Curcio viene contestato di aver avuto una corresponsabilità nell’omicidio, pur non essendo presente sul luogo quel giorno, perché era uno dei capi delle Brigate Rosse.
Il 4 giugno del 1975 le Brigate Rosse sequestrarono l’industriale Vittorio Vallarino Gancia e lo portarono nella cascina Spiotta. Il sequestro, secondo gli investigatori, fu deciso e organizzato proprio da Curcio, che era evaso dal carcere nel febbraio precedente.
Il giorno successivo al sequestro i carabinieri andarono a ispezionare alcune cascine della zona: quando arrivarono alla cascina Spiotta, a circa trenta chilometri dal luogo del rapimento, iniziò una sparatoria con i due brigatisti che erano all’interno. Nello scontro fu ucciso D’Alfonso, e altri due carabinieri furono feriti. I carabinieri uccisero una brigatista: Margherita Cagol, conosciuta con il nome di battaglia di Mara, moglie di Renato Curcio. L’altro riuscì a scappare nelle campagne della zona e da allora non è mai stato individuato.
L’indagine della procura di Torino è stata aperta dopo che un anno fa il figlio di D’Alfonso, Bruno, aveva presentato un esposto. Nei mesi scorsi il Giornale aveva riportato la testimonianza di un ex ufficiale dei carabinieri, Luciano Seno, secondo cui gli investigatori avevano individuato il brigatista fuggito dalla cascina Spiotta. Secondo Seno sarebbe Lauro Azzolini, ma ad oggi non ci sono state conferme al riguardo. Azzolini, che ha 79 anni, dopo essere stato arrestato nel 1978 fu condannato all’ergastolo, e oggi è in regime di semilibertà.
Curcio ha invece 81 anni, e dopo essere stato arrestato nuovamente nel 1976 è stato condannato a 28 anni di carcere. È stato liberato nel 1998 con quattro anni di anticipo, dopo quattro anni di semilibertà.
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