La disputa legale per i puzzle con sopra l’Uomo vitruviano
Il tribunale di Venezia ha dato ragione alle Gallerie dell'Accademia che chiedevano i diritti di riproduzione a Ravensburger
Un’ordinanza del tribunale di Venezia ha stabilito che le divisioni italiana e tedesca dell’azienda di giocattoli Ravensburger dovranno essere autorizzate e pagare le royalties, cioè i diritti di riproduzione, per produrre e distribuire puzzle con sopra l’immagine dell’Uomo vitruviano di Leonardo da Vinci. Avevano presentato un ricorso al tribunale il ministero della Cultura italiano e le Gallerie dell’Accademia di Venezia, cioè il museo in cui è conservata l’opera.
Ravensburger è l’azienda leader in Europa nella produzione di puzzle e dal 2009 ne fa uno da mille pezzi che riproduce l’immagine dell’Uomo vitruviano, per la quale le Gallerie dell’Accademia chiedevano dal 2019 il pagamento di royalties pari al 10 per cento dei guadagni. Il puzzle dell’Uomo vitruviano costa intorno ai 20 euro, nei negozi e online, ma è difficile stimare un eventuale risarcimento complessivo perché finora Ravensburger non ha mai dichiarato quanto ricava complessivamente da quelle vendite.
L’ordinanza del tribunale di Venezia si basa sul cosiddetto “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, un decreto legislativo del 2004 che stabilisce (negli articoli dal 107 al 109) che le opere d’arte possano essere riprodotte solo con l’autorizzazione degli enti pubblici territoriali che le custodiscono e rispettando le leggi sul diritto d’autore: in pratica stabilisce che all’ente pubblico spetti un corrispettivo come se fosse l’autore dell’opera (la percentuale da pagare poi si decide da caso a caso). Ravensburger dovrà necessariamente rispettare la decisione del tribunale e potrà impugnarla solo per la parte che riguarda la percentuale richiesta dal museo per i diritti (ossia il 10 per cento).
Il provvedimento però è particolarmente importante perché è il primo in Italia a far rispettare il Codice dei beni culturali anche per le opere riprodotte all’estero: il gruppo Ravensburger infatti si era difeso sostenendo che l’opera fosse di dominio pubblico, e che al massimo avrebbe dovuto pagare i diritti per i soli prodotti venduti in Italia, dove è in vigore il Codice in questione. Giacomo Galli, l’avvocato dell’Avvocatura di Stato che ha rappresentato in sede legale il ministero e il museo, ha detto a Repubblica che ora «diverse realtà museali italiane potrebbero avvalersi di questo provvedimento», spiegando che esistono già contenziosi di questo genere, soprattutto da parte dei musei di Firenze.
Oltre al contenzioso con Ravensburger, il direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, Giulio Manieri Elia, ha detto a Repubblica di aver avviato dal 2019, quando ha assunto l’incarico, una serie di altre iniziative per far rispettare il Codice dei beni culturali e recuperare le royalties non pagate sull’Uomo vitruviano: finora avrebbero permesso al museo di raccogliere oltre 272mila euro di fondi.
L’Uomo vitruviano è un disegno fatto a penna e inchiostro su carta da Leonardo Da Vinci nel 1490, che rappresenta un corpo umano inscritto in un cerchio e in un quadrato, considerate figure perfette: il primo rappresentava infatti la perfezione divina e il secondo quella terrena. Il corpo umano inscritto in quelle due figure doveva quindi avere per Leonardo le proporzioni ideali.