Le farine di insetti, spiegate
L'autorizzazione di una polvere a base di grillo a inizio anno ha riportato di attualità un tema molto dibattuto, spesso a sproposito
A un centinaio di chilometri a nord di Ho Chi Minh, la città più popolosa del Vietnam, c’è un grande capannone in cui vivono centinaia di migliaia di grilli. È gestito da Cricket One, una società vietnamita che produce “farine” a base di insetti, altamente proteiche e considerate una valida alternativa ad altri alimenti ricchi di proteine come la carne bovina, la cui produzione ha un alto impatto ambientale. I grilli vengono triturati e macinati, per ottenere una polvere che viene poi sgrassata con un trattamento simile a quello che si applica alla polvere di cacao, in modo da offrire una base alimentare più bilanciata.
Lontana quasi diecimila chilometri dall’Europa, fino all’inizio di quest’anno erano in pochi a sapere dell’esistenza di Cricket One dalle nostre parti. Le cose sono cambiate circa un mese fa, dopo l’autorizzazione da parte della Commissione europea a vendere quella specifica polvere di grillo dell’azienda. Soprattutto in Italia la notizia è stata ampiamente commentata, con dichiarazioni di vari esponenti politici che hanno insistito sulla necessità di tutelare i prodotti alimentari «della tradizione», impedendo che si diffondano cibi a base di insetti.
L’autorizzazione della polvere di grillo di Cricket One ha suscitato grande interesse, ma in realtà non costituisce una particolare novità per l’Unione Europea. Per come è stata raccontata la notizia, con alcune approssimazioni sui giornali, è passato il messaggio che la Commissione europea avesse autorizzato in generale tutti gli alimenti a base di insetti, mentre il provvedimento ha riguardato un solo produttore, come era del resto avvenuto già in passato con altre aziende del settore alimentare che lavorano con gli insetti.
– Ascolta anche: Un’invasione di cavallette a tavola – Ci vuole una scienza
L’aggiunta degli insetti agli alimenti che possiamo consumare è discussa da decine di anni, ma è soprattutto nell’ultimo decennio che ha portato a qualche maggior progresso. A differenza dei classici allevamenti, in particolare quelli dei bovini, gli allevamenti di insetti richiedono meno energia e producono minori quantità di gas serra, i principali responsabili del riscaldamento globale. Secondo varie analisi potrebbero quindi costituire una valida alternativa per ottenere alimenti proteici a basso impatto ambientale, se confrontati con altri tipi di prodotti per il consumo alimentare. Ma il settore è ancora relativamente piccolo, di conseguenza è difficile stimarne con precisione l’impatto ambientale nel momento in cui assumesse maggiori dimensioni, con tutte le implicazioni del caso per la sua filiera produttiva e di logistica.
Non essendoci regolamenti specifici sugli alimenti a base di insetti, al momento i regolatori applicano le regole già utilizzate per il resto del settore alimentare. Nel caso dell’Unione Europea il testo di riferimento è il Regolamento UE 2015/2283, che comprende la categoria dei “novel food” (nuovi alimenti nella versione italiana del regolamento), cioè alimenti o ingredienti mai consumati all’interno dell’Unione Europea (in quantità significative e tali da essere definibili “cibo”) prima dell’entrata in vigore del regolamento stesso.
Ogni volta che si vuole introdurre un nuovo alimento, questo deve ricevere un’autorizzazione specifica da parte dell’Unione Europea. Prima che ciò avvenga, è previsto che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) faccia analisi e valutazioni del rischio sui nuovi alimenti. Questo processo, è bene ricordarlo, viene applicato a uno specifico prodotto, non all’intera categoria di cui fa parte. Nel caso delle farine di insetti, quindi, non è stato approvato l’impiego di tutte, ma solamente di quella specifica polvere di grillo prodotta dall’azienda vietnamita. Lo stesso era accaduto in passato con altri alimenti a base di insetti, da quelli contenenti cavallette o larve di vario genere.
La società che richiede l’autorizzazione deve produrre una documentazione molto dettagliata, con informazioni sui metodi di allevamento e di produzione, sulle caratteristiche sanitarie e nutrizionali del prodotto. Con le differenze del caso, il processo non è molto diverso da quello per la richiesta di autorizzazione di un nuovo farmaco.
Nonostante se ne sia parlato molto solo nell’ultimo mese, Cricket One aveva fatto la propria richiesta di autorizzazione quasi quattro anni fa. Era trascorso un po’ di tempo e poi nell’estate del 2020 la Commissione europea aveva incaricato l’EFSA di fare tutte le valutazioni del caso. Il processo di revisione è lungo e articolato, inoltre le richieste sono molte e ci vuole quindi tempo per smaltirle.
L’EFSA aveva dato il proprio parere tecnico positivo un anno e mezzo dopo, nella primavera del 2022, indicando comunque la necessità di includere nell’etichetta informazioni sul rischio di eventuali reazioni allergiche, come già avviene per alimenti che possono contenere tracce di frutta secca o soia. Sulla base delle indicazioni dell’EFSA, la Commissione europea ha infine dato il proprio parere positivo a inizio anno, dando la possibilità a Cricket One di vendere la polvere di grillo a partire dal 24 gennaio.
La polvere di grillo potrà essere impiegata nella produzione di altri alimenti, ma la sua presenza dovrà essere indicata chiaramente nell’elenco degli ingredienti, con l’aggiunta di un avviso per le persone allergiche. Lo stesso vale per prodotti già autorizzati in precedenza, sempre di specifici produttori, a base di camola della farina o cavallette.
La scelta di utilizzarli dipenderà dai produttori del settore alimentare, che valuteranno se sia o meno opportuno modificare gli ingredienti dei loro prodotti o introdurne di nuovi. Al momento nessun grande produttore nel nostro paese ha segnalato di voler introdurre la polvere di grillo vietnamita, forse anche in seguito alla confusione che si è sviluppata sull’argomento e ai numerosi allarmismi.
Il processo di verifica, controllo e autorizzazione previsto dalle norme europee offre comunque ampie garanzie su ciò che finisce nei negozi di alimentari e nei supermercati. Secondo gli esperti i controlli cui sono sottoposti gli alimenti normali sono più che sufficienti anche per il nuovo alimento. Parte delle preoccupazioni è derivata probabilmente da un certo pregiudizio e dall’idea di dover partire dagli insetti come materia prima per l’alimentazione.
Seppure in quantità molto contenute, mangiamo insetti per buona parte della nostra esistenza. Il grano macinato per produrre la farina ha spesso al proprio interno piccoli parassiti che vengono polverizzati con tutto il resto, lo stesso vale per i pomodori lavorati per produrre le conserve o più semplicemente per qualche larva che inconsapevolmente mangiamo insieme alla frutta e alla verdura fresca. È previsto che ci siano tracce di questo tipo, che non compromettono comunque la sicurezza degli alimenti che vengono consumati.
Mentre per quanto riguarda il settore dell’alimentazione umana gli insetti sono ancora visti come una scelta esotica, qualcosa da provare per togliersi la curiosità più che da integrare nella propria dieta, nel settore dell’alimentazione animale si stanno facendo importanti investimenti. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ha stimato che le farine a base di insetti potrebbero sostituire senza particolari problemi dal 25 al 100 per cento della farina di soia o di pesce impiegata per i mangimi animali. Queste farine potrebbero essere prodotte con un minore impatto sull’ambiente rispetto alle coltivazioni di soia, per esempio, perché gli insetti possono essere allevati con materiale di scarto e sono più energetici da un punto di vista alimentare.
Più in generale e tornando agli esseri umani, un’autorizzazione al consumo di un nuovo alimento non implica che poi quell’alimento sia effettivamente consumato in grandi quantità o che ottenga un particolare successo. Il modo in cui scegliamo e consumiamo il cibo non ha solo a che fare con la sua capacità di essere più o meno energetico o proteico, ma riguarda aspetti soggettivi e culturali che variano molto a seconda delle aree geografiche. Persone diverse sono abituate a diverse tipologie di aspetto, sapore, profumo e consistenza di ciò che hanno nel piatto, con preferenze e abitudini difficili da cambiare.
C’è poi un fattore economico da non trascurare, e che spesso prevale sulla semplice autorizzazione nel determinare o meno il successo di un nuovo alimento. I prodotti a base di insetti sono attualmente molto costosi, sia perché la loro disponibilità è limitata, sia perché per essere resi più appetibili vengono lavorati e trasformati in salatini, patatine e altre tipologie di alimenti poco impegnativi da assaggiare e che possono suscitare qualche curiosità. Le farine di insetti potrebbero in parte cambiare questa circostanza, se impiegate come un ingrediente insieme ad altri più “tradizionali”, ma è ancora presto per fare previsioni. Quando la patata fu introdotta in Europa dalle Americhe era a tutti gli effetti un “novel food” per gli europei, che impiegarono moltissimo tempo prima di capire che farsene e renderla uno degli alimenti più consumati nel continente.