Cosa sappiamo del ritorno dei castori in Toscana
Ci sono almeno dal 2019, portati da qualcuno illegalmente, e anche se non sono una specie aliena sarebbe meglio rimuoverli
È almeno dal 2019 che tra Toscana e Umbria, ad esempio lungo il corso del Tevere in provincia di Arezzo, vivono castori liberi. Sono piccole popolazioni che sono sorvegliate da scienziati e autorità perché si deve decidere se permettere loro di riprodursi o diffondersi in queste aree oppure no. In Italia infatti i castori si estinsero tra il Cinquecento e il Seicento: dal 2018 sono tornati in alcune zone del Nord-Est arrivando dall’Austria in modo spontaneo, mentre nel Centro sono stati portati illegalmente, non si sa con precisione come.
È verosimile che si siano diffusi da gruppi di animali liberati illegalmente vicino a corsi d’acqua. Questa è la conclusione dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), l’ente pubblico che fa ricerca e monitoraggio e dà assistenza tecnico-scientifica alle autorità italiane sulle questioni ambientali, oltre a coordinare le agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA), raggiunta nel 2021 insieme all’Associazione Teriologica Italiana (ATIt), che riunisce i biologi esperti di mammiferi.
«È probabile che siano stati presi in qualche modo, forse acquistati, da strutture straniere che li detengono in cattività, e poi rilasciati», spiega Andrea Monaco, zoologo dell’ISPRA. Monaco ipotizza che questa iniziativa abbia a che fare con la diffusione del concetto di rewilding, che si potrebbe tradurre con “rinaturalizzazione” ed è un approccio alla conservazione dell’ambiente che mira a ricostruire gli ambienti naturali com’erano prima degli interventi umani: «Nell’ultimo decennio, in particolare in Europa, si sta affermando questa idea, sia con progetti importanti istituzionali che con interventi meno strutturati. Può darsi che qualcuno, ispirandosi a un ideale di rewilding, abbia liberato i castori».
I castori sono roditori semiacquatici, che cioè vivono in parte sulla terra e in parte nei fiumi, e ne esistono due specie: il castoro americano (Castor canadensis), che vive in Nord America, e il castoro eurasiatico (Castor fiber), che un tempo era molto diffuso sia in Europa che in Asia e che rischiò di scomparire a causa dell’eccesso di caccia. Noti anche per la loro capacità di costruire dighe con tronchi d’albero, rami, fango e pietre, non vanno confusi con le nutrie (Myocastor coypus), altri roditori semiacquatici nativi esclusivamente del Sud America, che in Italia sono una specie aliena (o alloctona, in gergo tecnico) e invasiva, cioè dannosa per gli ecosistemi.
Nell’ultimo secolo le popolazioni europee di castori si sono riprese grazie alla protezione di quelle rimaste e alla reintroduzione della specie in alcuni territori, e oggi il Castor fiber non è più a rischio di estinzione. In Italia finora non sono stati organizzati progetti per reintrodurre la specie: i castori dell’area di Tarvisio, in provincia di Udine, e della val Pusteria, in Alto Adige, sono arrivati spontaneamente. È stato escluso che i castori del Centro Italia siano legati a questi ultimi perché è impossibile si siano spostati in così poco tempo in autonomia, e del resto non ne sono stati osservati lungo il percorso che avrebbero dovuto compiere.
Sebbene non siano una specie aliena, dato che secoli fa vivevano nel paese, la diffusione dei castori del Centro Italia potrebbe avere delle conseguenze negative. Il loro ritorno non è stato organizzato rispettando le procedure sulle reintroduzioni studiate dalla comunità scientifica internazionale che si occupa di conservazione delle specie, e adottate anche dalle istituzioni europee con normative apposite, e per questo secondo l’ISPRA andrebbero rimossi per evitare effetti indesiderati. «Sono una specie in grado di trasformare fortemente il paesaggio attraverso l’abbattimento di alberi e la costruzione di dighe», spiega ancora Monaco.
C’è un gruppo di scienziati toscani, che si fa chiamare “Rivers with Beavers” (“Fiumi con i castori”), che sta studiando i castori e ne vorrebbe evitare la rimozione. Parlando con Repubblica uno di loro, Emiliano Mori, biologo e ricercatore dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRET), ha detto che spostarli non avrebbe senso perché secondo le ricerche del gruppo «non fanno danni» e al contrario creano benefici per l’ecosistema: «Le loro costruzioni sono state utilizzate da molte altre specie, anche protette», come alcuni invertebrati acquatici. “Rivers with Beavers” ha anche condotto un sondaggio tra gli abitanti della zona di Sansepolcro (Arezzo), per sapere cosa pensassero dei castori, e in base a 1.100 interviste la maggioranza ne apprezza la presenza. L’opinione scientifica dell’ISPRA però va in un’altra direzione.
«Non abbiamo niente in contrario alla ricomparsa del castoro in Italia», precisa Monaco, «tanto che abbiamo accolto con grande felicità e supporto tecnico-scientifico l’ingresso naturale di castori che c’è stato nel tarvisiano: li osserviamo con grandi speranze di una progressiva ricolonizzazione del paese». Il caso del Centro Italia però è diverso perché non è dovuto a un’espansione naturale e perché non si è potuta «pianificare una reintroduzione con tutti i crismi, valutandone gli effetti».
In queste situazioni l’ISPRA dà il proprio parere tecnico-scientifico alle autorità delle Regioni coinvolte e che sono quelle con la competenza per intervenire sul territorio, e in questo caso lo ha fatto lo scorso novembre. In accordo con tale parere il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha chiesto alle Regioni di intervenire e ora sta a loro decidere come procedere.
Nell’Unione Europea i castori euroasiatici sono una specie protetta dalla cosiddetta direttiva Habitat, ma già in passato, per un caso analogo in Spagna nel 2018, la Commissione europea aveva stabilito che le rimozioni fossero possibili in virtù del fatto che gli animali erano stati diffusi irregolarmente. Nel caso spagnolo la rimozione delle popolazioni di castoro non aveva avuto successo, anzi la specie si era ulteriormente diffusa e a quel punto si è deciso di riattivare la protezione: nel Centro Italia però non siamo ancora in una situazione del genere.
Secondo Monaco e l’ISPRA c’è anche il rischio la vicenda dei castori nel Centro Italia diventi un precedente: «Se non intervenissimo potrebbe ripetersi col castoro in altre località, o con altre specie. Qualcuno potrebbe ricevere il messaggio che diffondere una specie selvatica in un ambiente naturale, per iniziativa personale e senza le procedure previste dalla legge, è una cosa che si può fare».