Tom Cruise ha salvato Hollywood?
Glielo ha detto di recente Steven Spielberg, che come molti altri addetti ai lavori gli è grato per il successo di “Top Gun: Maverick” nelle sale
Il 13 febbraio, durante il rituale pranzo dell’Academy, un evento al quale sono invitati tutti i candidati a ogni categoria dei premi Oscar, il regista Steven Spielberg è stato ripreso mentre ringraziava l’attore Tom Cruise per aver «salvato il culo a Hollywood». «Potresti aver davvero salvato l’industria della distribuzione in sala» ha aggiunto Spielberg, candidato come miglior regista per The Fabelmans. Tom Cruise invece è tra i candidati nella categoria miglior film per aver prodotto Top Gun: Maverick.
A detta della stampa presente Tom Cruise, che non ha mai vinto un premio Oscar nonostante diverse nomination, è stato di gran lunga la persona più cercata, fotografata e al centro dell’attenzione dell’evento. La gratitudine manifestata da Spielberg, infatti, è piuttosto diffusa tra gli addetti ai lavori dell’industria cinematografica americana per il ruolo che ha avuto Top Gun: Maverick nel risollevare le sorti economiche delle sale statunitensi, messe in grave crisi dalla pandemia e dalla diffusione dello streaming.
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Il film è stato un successo enorme e inatteso, anche se non il maggiore dell’anno scorso, visto che Spider-Man: No Way Home, uscito a dicembre del 2021, ha incassato di più. I due film sono stati tra i pochi a superare il miliardo di dollari di incasso in tutto il mondo insieme a Jurassic World: Dominion e Avatar: la via dell’acqua (che di miliardi ne ha incassati due). Tuttavia Spielberg ha interpretato un pensiero molto condiviso a Hollywood quando ha detto a Cruise che proprio Top Gun: Maverick potrebbe, da solo, aver salvato l’industria cinematografica americana.
La ragione sta in parte nella scarsa prevedibilità di questo successo, in parte nel valore simbolico di una simile prestazione da parte di un film per molti versi “vecchio stampo”, in quanto fondato su una star e su un concetto di azione come lo si è inteso fino alla fine degli anni Novanta. A questo si aggiunge l’importanza attribuita al rifiuto della casa di produzione e distribuzione Paramount, incalzata da Cruise personalmente, di saltare l’uscita in sala e vendere il film direttamente a una piattaforma streaming.
Prima che uscisse in sala, quella di Top Gun: Maverick era considerata una storia accidentata che avrebbe potuto finire male. Doveva essere distribuito in sala nel luglio del 2019, ma la realizzazione di una serie di scene aggiuntive piuttosto complicate costrinsero la Paramount a rinunciare a quella data e a rimandare la distribuzione di un anno, non volendo rinunciare alla stagione estiva, che negli Stati Uniti tradizionalmente è la più favorevole per i film spettacolari. L’arrivo della pandemia nel 2020 e la chiusura delle sale causarono il secondo rinvio.
Come molti altri film, Top Gun: Maverick fu spostato in avanti all’estate successiva, cioè a luglio del 2021, in attesa che le sale tornassero ad aprire e a lavorare a pieno regime, senza distanziamento sociale. Quando fu chiaro che per quella data i cinema non sarebbero ancora tornati a quel livello minimo di attività che potesse consentire al film di incassare cifre accettabili per il suo budget, la Paramount lo rinviò di nuovo a novembre e poi un’altra volta ancora a maggio del 2022, pianificando un’anteprima in grande stile al festival di Cannes.
Alla fine, uscito in sala 4 anni dopo le riprese, Top Gun: Maverick era considerato un film invecchiato in alcune delle componenti che il marketing considera attrattive. Ad esempio, il co-protagonista Miles Teller era stato scelto perché nel 2018 era uno degli attori giovani in maggiore ascesa, mentre nel 2022 il suo richiamo sul pubblico era decisamente diminuito.
Altri indizi riguardo al fatto che Top Gun: Maverick potesse deludere erano che il film originale, uscito nel 1986, era stato molto amato ma nel tempo era diventato il simbolo di un’era passata e finita, considerato vecchio nella sua esaltazione dei valori americani popolari durante la presidenza Repubblicana di Ronald Reagan, e poco in contatto con le nuove sensibilità del pubblico. In aggiunta, altri sequel realizzati a molti anni di distanza dagli originali a cui si ispiravano, anche quando avevano incassato bene, non erano stati dei successi degni di nota: è il caso di Indiana Jones e il teschio di cristallo, Ghostbusters: Legacy o anche di Tron: Legacy, che Joseph Kosinski (regista di Top Gun: Maverick) aveva girato nel 2010.
Per queste ragioni la possibilità di una distribuzione del film su una piattaforma di streaming invece che in sala era sembrata non solo probabile, ma anche sensata. Top Gun: Maverick rischiava di incassare poco ed essere una perdita per la Paramount, invece un accordo con Netflix o Apple TV+ o Amazon Prime Video, come quelli firmati per altri film importanti che nel periodo successivo ai primi lockdown avevano preferito non rischiare e prendere i soldi delle piattaforme, avrebbe garantito un profitto sicuro a prescindere dai risultati.
La ragione per la quale Tom Cruise viene ritenuto responsabile in prima persona di questo successo è che notoriamente l’attore, che da anni è molto spesso anche produttore, applica un controllo molto forte sui film in cui recita. Nonostante non sia uno sceneggiatore né un regista, è noto come abbia forte voce in capitolo e controlli ogni aspetto dei film: li pianifica, sceglie quando girarli e in virtù del suo status e della sua influenza sugli incassi è parte delle discussioni con gli studios riguardo a quando e come distribuirli.
È stato riportato più volte, e lo ha detto lo stesso Tom Cruise durante una conferenza che gli è stata dedicata al festival di Cannes in occasione della presentazione di Top Gun: Maverick, che ci furono effettivamente dei contatti con le piattaforme. In molte si offrirono di comprarlo, ma fu lui in prima persona a imporre un rifiuto, spingendo per un’uscita in sala a tutti i costi. Le parole precise che hanno consolidato la percezione tra gli addetti ai lavori che il film fosse un’operazione in difesa delle sale cinematografiche, e che sono finite nei titoli della maggior parte degli articoli che hanno raccontato l’evento, sono state: «Io faccio film per il grande schermo». E riguardo alla possibilità che in futuro un suo film esca sulle piattaforme: «Non succederà mai».
Tom Cruise inoltre era già stato protagonista di un’iniziativa promozionale a favore del cinema in sala nel 2020, quando si fece filmare mentre andava in un cinema a vedere Tenet di Christopher Nolan, all’epoca il primo grande film a tentare una distribuzione convenzionale dopo la pandemia e distribuito da uno studio rivale, la Warner Bros.
Essendo uscito gli ultimi giorni di maggio, Top Gun: Maverick è stato il primo grande film dell’estate cinematografica americana del 2022, un periodo che si rivelò poi estremamente proficuo. Film come Elvis, Jurassic World: Dominion, Nope e Minions 2 hanno avuto tutti ottimi incassi. Nello stesso periodo era molto forte l’impressione che le piattaforme di streaming avessero sottratto definitivamente un’importante quantità di spettatori alle sale, cosa che aveva indotto un importante analista di Comscore come Paul Dergarabedian a dire alla CNN: «Non ci sono aggettivi per descrivere l’importanza per l’industria della performance al box office di Top Gun: Maverick, arrivata in un momento in cui i disfattisti erano scettici sulla capacità del cinema di attirare pubblico. È stato uno spartiacque».
Tra il 2015 e il 2019, l’incasso complessivo dei cinema americani era stato stabilmente tra gli 11 e i 12 miliardi di dollari annui. Il 2020 aveva decimato i ricavi, che erano scesi a 2,1 miliardi, saliti poi a 4,5 miliardi nel 2021. Nel 2022, quando nel frattempo la pandemia aveva cambiato le abitudini degli spettatori e le strategie distributive delle case cinematografiche, sono stati di 7,4 miliardi. In Italia nel 2022 l’incasso totale dei cinema è stato di 306 milioni, il 48% in meno rispetto al 2019.
Dall’uscita del film con Tom Cruise in poi, tutti gli incassi americani dei grandi film estivi sono andati bene. È stato merito anche di una campagna coordinata tra diverse distribuzioni per spiegare al pubblico americano che determinati film si potevano trovare solo in sala. Da quando durante i lockdown le grandi case di produzione come Warner, Disney o Universal avevano iniziato a vendere film importanti alle piattaforme in esclusiva, dopo un rapido passaggio nei cinema o anche in contemporanea (è stato il caso di Black Widow, Matrix Resurrections e Dune), una buona parte del pubblico ha infatti smesso di identificare nel cinema il luogo in cui guardare i film più attesi e importanti.
Questo, secondo le ricerche delle stesse distribuzioni, ha portato molti potenziali spettatori a pensare di poter vedere quei film sulle piattaforme in breve tempo, scoraggiando l’idea di uscire di casa e pagare un biglietto. Questa idea di distribuire film in simultanea o a distanza ravvicinata tra sala e streaming, però, si è dimostrata economicamente meno efficace del previsto e gli studios hanno quindi ricominciato a tenere i propri film nei cinema a lungo, per massimizzare quel tipo di profitto, e solo diversi mesi dopo passare allo sfruttamento in noleggio o in streaming. I continui cambi di strategia in soli due anni hanno però creato una grande confusione nel pubblico e quindi una difficoltà maggiore a riportarlo in sala.
Ad esempio secondo i sondaggi realizzati dalla società di ricerca specializzata nell’industria dell’intrattenimento Guts + Data, nel caso dell’uscita solo su Netflix di The Gray Man, film d’azione con Ryan Gosling, il 38% del pubblico pensava di trovarlo in sala. La stessa percentuale pensava che il film Marvel destinato prioritariamente ai cinema Thor: Love And Thunder sarebbe uscito simultaneamente anche su Disney+, e il 10% pensava che sarebbe uscito solo in streaming. Per Minions 2 invece il 40% del campione intervistato pensava erroneamente che ci sarebbe stata una distribuzione ibrida, mentre il 12% immaginava di trovarlo direttamente in streaming quando invece il film è andato in sala.
Per questa ragione «abbiamo usato qualsiasi inserzione a pagamento o occasione di promozione per il nostro messaggio “in sala”» ha spiegato Danielle Misher, una dei responsabili del marketing per i cinema di Sony. Ovunque nella promozione dei grandi film è stato ripetuto e specificato che si potessero vedere solo in sala, e anche gli attori mandati ospiti nei programmi televisivi erano stati istruiti per dare importanza al fatto che i loro film fossero visibili solo al cinema. Anche durante i red carpet i backdrop, cioè gli sfondi di cartone che vengono di solito usati per ospitare il nome dell’evento o il logo degli sponsor, contenevano il messaggio dell’esclusiva per la sala.
Un altro elemento che ha portato Top Gun: Maverick a essere considerato come un film che potrebbe aver salvato le sale americane è che i 718 milioni di dollari di incasso statunitense non sono stati raggiunti in fretta, per poi lasciare il posto ad altri film, come avviene per esempio per i film Marvel (la cui strategia di solito è fondata su una grande attesa che si traduce in un primo weekend molto forte e uno sfruttamento di poche settimane).
Top Gun: Maverick ha avuto un “moltiplicatore” inusualmente alto: si tratta della cifra che, moltiplicata per il risultato del primo weekend, fornisce l’incasso totale alla fine dello sfruttamento del film. Solitamente un film di successo negli Stati Uniti alla fine della sua permanenza in sala ha incassato 2,5 o 3 volte la cifra del primo weekend. È andata così per esempio a Black Panther: Wakanda Forever o a Doctor Strange nel multiverso della follia. Se questo moltiplicatore è inferiore a 2,5 si dice di solito che c’è stato un passaparola negativo, se è superiore invece uno positivo. Quello di Top Gun: Maverick è stato di 4,4, segno di un gradimento alto e di una permanenza eccezionalmente lunga che la Paramount imputa soprattutto ai “repeaters”, cioè gli spettatori che sono tornati a vedere il film più di una volta. Secondo lo studio sono stati il 20% del totale, mentre il 4% lo avrebbe visto più di tre volte.
A conferma di quanto la visione in sala sia stata ritenuta cruciale da chi ha voluto vedere Top Gun: Maverick, c’è stata anche una inusuale scarsa diffusione pirata. Secondo Variety e il suo report sui film più piratati dell’anno, i film Marvel e DC hanno costituito il 70% delle opere piratate nel 2022 mentre Top Gun: Maverick da solo è stato responsabile per l’8% del traffico pirata. Non è poco, ma se si considera solo l’incasso americano è stato il film più visto in assoluto dell’annata con un distacco forte dal secondo classificato, quasi il doppio (718 milioni di dollari contro i 436 di Black Panther: Wakanda Forever): nella classifica dei più piratati invece è solo quinto.