Alle elezioni in Nigeria decideranno i giovani
L'età media del paese, uno dei più popolosi al mondo, è 18 anni e quasi il 40 per cento dell'elettorato ha meno di 40 anni
Sabato 25 febbraio si vota per eleggere il nuovo presidente e per rinnovare il parlamento in Nigeria, uno dei paesi più grandi e importanti dell’Africa e il sesto al mondo per popolazione (213 milioni di abitanti). La Nigeria è un paese giovanissimo: il 70 per cento della popolazione ha meno di 30 anni (in Italia è il 28%) e l’età media è 18 anni: il risultato delle elezioni dipenderà quindi moltissimo dai consensi guadagnati in questa fascia di popolazione.
L’elettorato più giovane è quello per certi versi più colpito dai fallimenti del presidente uscente Muhammadu Buhari. La sensazione diffusa di molti giovani, secondo sondaggi e ricerche, è di non essere stati presi in considerazione dai governi che si sono succeduti finora, percepiti come incompetenti e corrotti. I temi più importanti per questa fascia di elettorato sono la crescita economica e il mercato del lavoro, ma anche questioni più laterali attorno a cui negli ultimi anni sono nate proteste ampie e partecipate, come la violenza della polizia.
Gran parte dell’elettorato nigeriano più giovane fa parte della cosiddetta “generazione della democrazia”: cioè i nati dopo il 1999, anno in cui in Nigeria è terminato un turbolento periodo di governi interrotti da colpi di stato, iniziato subito dopo l’ottenimento dell’indipendenza del paese dal Regno Unito, negli anni Sessanta. È una generazione che non ha conosciuto regimi ed è cresciuta in un contesto tutto sommato democratico, con elezioni periodiche.
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A rendere questa generazione così rilevante in queste elezioni non è solo la sua dimensione numerica o il fatto che possa essere più o meno affezionata di altre alla tenuta della democrazia (questione su cui ci sono anche molti dubbi). La sua importanza è dovuta anche al fatto che sembra essere molto meno allineata e prevedibile di altre nell’espressione del proprio voto, e allo stesso tempo molto desiderosa di cambiamento.
Negli ultimi decenni la politica nigeriana è stata dominata soprattutto da due partiti: il Partito democratico del popolo, di centrodestra, e il Congresso progressista, di centro a cui appartiene anche il presidente uscente Buhari. La collocazione politica dei partiti è in realtà piuttosto labile, perché le forze politiche rispondono soprattutto ad appartenenze etniche e religiose, o alla fedeltà a determinati leader.
Secondo Afrobarometer, centro di ricerca con base in Ghana che fa sondaggi in tutto il continente, i due terzi dei nuovi votanti registrati in Nigeria non hanno forti legami con uno di questi due partiti. Il favorito tra i più giovani sembra essere piuttosto un terzo candidato, estraneo ai due partiti che hanno dominato la politica nigeriana finora: Peter Obi, il candidato del Partito del lavoro, di centrosinistra, che proprio per la novità che rappresenta sta attirando molte attenzioni sia in Nigeria che all’estero.
Questo è uno degli aspetti più discussi e notevoli di queste elezioni: il loro risultato è molto più incerto di quanto sia mai stato in passato, tanto che si discute della possibilità che per la prima volta nella storia della Nigeria si vada a un secondo turno di votazioni, che scatta quando un candidato non ottiene la maggioranza dei voti in almeno i due terzi degli oltre 30 stati che compongono il paese.
Obi ha 61 anni ed è il più giovane dei tre principali candidati (Atiku Abubakar del Partito democratico del popolo ne ha 76 e Bola Tinubu del Congresso progressista ne ha 70). È un ricco uomo d’affari che si è costruito una reputazione di persona pragmatica e affidabile, in grado di attuare riforme necessarie e a lungo attese, e che ha impostato i toni della propria campagna elettorale anche sulla propria frugalità. È un aspetto rilevante nella politica nigeriana, finora dominata anche dall’ostentazione della propria ricchezza e in molti casi dalla corruzione.
Un tema centrale per molti elettori giovani riguarda la crescita del mercato del lavoro. Secondo l’ufficio statistico nigeriano disoccupazione e sottoccupazione colpiscono circa la metà della popolazione, due terzi considerando solo i più giovani. L’analista nigeriana Leena Koni Hoffmann, del centro studi britannico Chatham House, ha detto al Financial Times che sono proprio le condizioni economiche della Nigeria ad aver spinto moltissimi giovani a registrarsi per votare quest’anno.
Il 28 per cento dei nuovi registrati è inoltre composto da studenti, un’altra categoria molto colpita da questo tipo di problemi, dato che chi ha la possibilità di studiare spessissimo è costretto a emigrare per poter lavorare: in Nigeria si discute da tempo della cosiddetta “fuga dei cervelli”. È un tema su cui Obi insiste da anni, e che ha ripreso in più occasioni durante la sua campagna elettorale.
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Un altro tema centrale per molti giovani sono i gravi e radicati problemi di insicurezza, dovuti soprattutto a conflitti territoriali interni e a frequenti attacchi e rapimenti compiuti da gruppi criminali o terroristici. La percezione di molti è che il governo sia stato finora incapace di proporre soluzioni a questo tipo di problemi, e che gli strumenti impiegati abbiano anzi finito per crearne altri.
Negli ultimi anni in Nigeria ci sono state per esempio ampie e partecipate proteste contro la polizia, concentrate soprattutto nel cosiddetto “movimento End SARS” (SARS è l’acronimo di Special Anti-Robbery Squad, un’unità della polizia nigeriana creata nel 1992 per occuparsi di reati come rapine, furti e rapimenti).
Il movimento, composto soprattutto da giovani, era nato nel 2017 per protestare contro i frequenti abusi compiuti dagli agenti della SARS contro i civili nigeriani, per poi allargarsi e diventare una più trasversale protesta contro l’inefficienza e l’incapacità del governo nigeriano. Nel 2020 il movimento aveva organizzato una serie di grosse proteste di massa in tutte le principali città nigeriane, considerate senza precedenti e seguite da diverse manifestazioni di solidarietà anche all’estero.
Le proteste antigovernative del movimento End SARS sono state «una delle poche cose su cui i giovani nigeriani sono d’accordo», ha detto al Financial Times la giornalista nigeriana Jola Ayeye, riferendosi all’estrema varietà etnica, culturale e religiosa della Nigeria. Le proteste erano state represse con violenza e diversi manifestanti erano stati uccisi. Il governo aveva anche imposto un blocco di sette mesi a Twitter, che come altri social aveva avuto un ruolo molto importante nell’organizzazione e nella diffusione delle manifestazioni.
Obi ha sfruttato il tema della violenza della polizia nella sua campagna elettorale: durante un comizio a inizio febbraio, per esempio, ha detto che se verrà eletto si impegnerà a riformare la polizia, con programmi di formazione che la rendano meno violenta. Ha detto anche di volersi «scusare» con tutte le vittime della violenza degli agenti.
In generale, l’ampiezza e il peso dell’elettorato giovanile hanno influenzato molto i toni della campagna elettorale nigeriana. Tinubu ha per esempio fatto tappezzare Lagos di cartelli in cui ha promesso di «dare una mano» al settore tecnologico nigeriano, uno dei più promettenti del paese. Abubakar ha detto di volersi impegnare per arginare l’abbandono del paese da parte di molti giovani.