L’Iran ha condannato a morte un cittadino tedesco-iraniano
Un dissidente accusato di essere a capo di un gruppo terroristico: per la Germania la condanna è arrivata grazie a confessioni estorte
La Germania ha annunciato mercoledì l’espulsione di due diplomatici iraniani come ritorsione per la condanna a morte decisa dal tribunale rivoluzionario di Teheran nei confronti di Jamshid Sharmahd, dissidente iraniano con cittadinanza tedesca. Sharmahd ha 67 anni, è nato in Iran ma si è trasferito con la famiglia in Germania quando era bambino: dal 2003 viveva negli Stati Uniti, ma nel 2020 era stato rapito da agenti del governo iraniano mentre si trovava a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, e portato in Iran.
Sharmahd è stato condannato a morte dopo essere stato ritenuto colpevole di Mofsed fel-Arz, un crimine traducibile come “Diffondere la corruzione sulla terra”, che è utilizzato dal regime iraniano per colpire i dissidenti politici. L’interpretazione del reato è ampiamente soggettiva e riguarda in generale la trasgressione delle leggi islamiche dello stato. Il processo che ha portato alla condanna, come quello di tanti altri dissidenti, è stato molto arbitrario.
Sharmahd è un tecnico informatico e negli Stati Uniti ha creato e in parte alimentato il sito internet dell’Assemblea del Regno dell’Iran (KAI), un piccolo gruppo di opposizione con sede negli Stati Uniti che si ripropone di restaurare la monarchia iraniana che cadde dopo la rivoluzione islamica del 1979. Il Tondar (tuono, un altro nome con cui il gruppo è conosciuto) si rese colpevole fra il 2005 e il 2010 di alcuni attentati: in uno del 2008 l’esplosione di una bomba alla moschea della città iraniana di Shiraz provocò la morte di 14 persone.
Sharmahd è stato condannato in quanto presunto capo del gruppo terroristico, e gli sono stati imputati 23 attacchi, di cui 5 riusciti: lui si è sempre dichiarato innocente, pur ammettendo di aver creato il sito e di aver fatto più volte da portavoce per il gruppo terroristico. Durante la detenzione, iniziata nel 2020, sarebbe stato torturato e tenuto a lungo in completo isolamento: la condanna è stata decisa in base a presunte confessioni, estorte o inventate, secondo la denuncia del dissidente ma anche di alcune organizzazioni non governative.
Anche la sua cattura era avvenuta in circostanze particolari e in violazione del diritto internazionale: Sharmahd era in hotel a Dubai con la famiglia durante uno scalo di un viaggio verso l’India. La famiglia aveva perso i contatti con lui e alcuni giorni dopo le autorità iraniane ne avevano comunicato l’arresto: secondo le ricostruzioni basate sulle tracce lasciate dal suo telefono cellulare, sarebbe stato prelevato da agenti iraniani e portato in Oman, attraversando un confine allora chiuso per questioni legate alla pandemia, e infine trasferito in Iran.
La sua condizione di cittadino tedesco ha creato un caso diplomatico fra Germania e Iran: la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha condannato la sentenza definendola «totalmente inaccettabile» e ha chiesto che venga istituito un nuovo equo processo, accusando l’Iran di una «palese violazione dei diritti di un cittadino tedesco».
Solo un mese fa l’Iran aveva eseguito la condanna a morte di un cittadino dalla doppia cittadinanza, iraniana e britannica, l’ex vice-ministro alla Difesa Alireza Akbari, accusato di aver passato informazioni al Regno Unito.