Ci sono nuove accuse contro padre Marko Rupnik
Sono emerse nuove testimonianze su presunti abusi commessi dall'artista gesuita, definite «credibili» dal suo stesso ordine
L’ordine dei gesuiti ha reso note nuove accuse di «violenza psicologica, abuso di coscienza, abuso nell’ambito sessuale e affettivo, abuso spirituale» nei confronti di padre Marko Ivan Rupnik, 68 anni, teologo sloveno e gesuita. Rupnik è anche un noto mosaicista a cui nel 2021 erano stati affidati i lavori di restauro e di rinnovamento della cappella del Pontificio Seminario Romano Maggiore. Le prime accuse contro di lui erano emerse lo scorso dicembre, e di conseguenza era già stato sottoposto a restrizioni come il divieto di confessare e di accompagnare esercizi spirituali. Adesso Rupnik riceverà nuove sanzioni dal suo ordine: non potrà muoversi dal Lazio senza autorizzazione, non potrà svolgere attività artistica né attività pubbliche.
Le denunce emerse a dicembre riguardavano episodi che sarebbero avvenuti fino al 2015. Ora una dichiarazione ufficiale della Compagnia di Gesù, cioè l’ordine religioso fondato nel 1540 da sant’Ignazio di Loyola a cui appartiene anche papa Francesco, parla di nuove denunce, contenute in un corposo dossier raccolto dai gesuiti stessi. Nella dichiarazione si legge che il cosiddetto “Team referente” gesuita per i casi di abuso ha ricevuto negli ultimi mesi nuove testimonianze riguardanti padre Rupnik, definite molto credibili poiché i diversi racconti collimano, anche se le persone coinvolte non conoscono le rispettive storie.
Gli avvenimenti sarebbero avvenuti nell’arco di 30 anni, da metà degli anni Ottanta al 2018, ma la dichiarazione dei gesuiti non fornisce dettagli sui testimoni: secondo Repubblica sarebbero quindici persone, tredici donne e due uomini.
Dice la dichiarazione:
Il Padre Delegato, Johan Verschueren, S.J. è estremamente grato a tutte le persone che hanno avuto la forza di raccontare le proprie esperienze, a volte con la interiore sofferenza di dover far emergere di nuovo molti episodi dolorosi. Le persone sono davvero dei e delle “sopravvissuti/e” dato il male che hanno narrato di aver subito. Molte di queste persone non hanno conoscenza le une delle altre e i fatti narrati riguardano periodi diversi (Comunità Loyola, persone singole che si dichiarano abusate in coscienza, spiritualmente, psicologicamente o molestate sessualmente durante personali esperienze di relazione con padre Rupnik, persone che hanno fatto parte del Centro Aletti). Perciò il grado di credibilità di quanto denunciato o testimoniato sembra essere molto alto.
La vicenda da cui era iniziato il cosiddetto “caso Rupnik” è del 2021. Il Dicastero per la dottrina della fede, importante organo della Curia che ha anche funzioni disciplinari, aveva ricevuto una denuncia di abusi sessuali e psicologici ai danni di suore della comunità di Loyola a Lubiana (Slovenia), fondata alla fine degli anni Ottanta da una religiosa che aveva Rupnik come padre spirituale. Quella denuncia era stata però archiviata nell’ottobre dell’anno seguente perché i fatti risalivano agli anni Ottanta ed eventuali reati erano quindi prescritti.
Poi erano emerse altre notizie su casi analoghi, che sarebbero avvenuti successivamente a quello delle suore di Lubiana. In particolare nel 2018 padre Rupnik fu accusato di “assoluzione di un complice”, in questo caso una suora: nell’ambito del diritto canonico è il reato commesso dal religioso che assolve una persona con cui ha partecipato a un peccato. È un reato considerato molto grave e prevede la scomunica, e infatti Rupnik venne scomunicato, tuttavia nello stesso mese la scomunica venne revocata, perché Rupnik ammise il fatto e si pentì formalmente.
Nel dicembre scorso il quotidiano Domani aveva intervistato una donna che sostiene di aver subito abusi da Rupnik per nove anni. Gli abusi sarebbero avvenuti alla comunità di Loyola in Slovenia e nel Centro Aletti, a Roma, un centro di studi teologici e artistici diretto dallo stesso Rupnik. La donna ha detto che il gesuita le avrebbe chiesto di avere rapporti a tre con un’altra sorella della comunità «perché la sessualità doveva essere secondo lui libera dal possesso, ad immagine della Trinità dove, diceva, il terzo raccoglieva il rapporto tra i due». La donna ha detto che negli anni Novanta nella comunità c’erano 41 sorelle, accusando padre Rupnik di aver abusato di venti di loro. La donna l’avrebbe anche minacciato di denuncia, ricevendo come risposta: «Chi vuoi che ti creda? È la tua parola contro la mia: se parli, ti faccio passare per matta».
Padre Johan Verschueren, superiore diretto di Rupnik, ha detto a Repubblica: «So che la stampa si concentra sugli aspetti sessuali ma l’abuso psicologico e spirituale è di gran lunga più dannoso». Verschueren si riferisce probabilmente a casi di manipolazione, plagio e molestie, giustificate spiritualmente e compiute nei confronti di donne con le quali Rupnik è venuto in contatto nell’ambito dell’accompagnamento spirituale e del lavoro artistico.
Verschueren ha anche detto che «molto dipende da come padre Rupnik reagisce a queste nuove testimonianze, se vuole entrare in modo costruttivo in questa vicenda o se invece rimane sulla strada della negazione», specificando poi che la Chiesa vuole dare a Rupnik la possibilità di difendersi e di fornire la propria versione dei fatti, perché «non siamo davanti a demoni ma a persone con i loro peccati, pensare in bianco e nero in casi così complessi è impossibile, ma dobbiamo poter entrare in questa verità che è grigia».