Nell’hotspot di Lampedusa manca il cibo e ci si riscalda con i falò
La settimana scorsa sono sbarcate sull'isola circa 4.800 persone, e il centro di accoglienza ha spazio soltanto per 400
di Luca Misculin
La scorsa settimana un aumento improvviso degli arrivi di migranti a Lampedusa ha causato un grave sovraffollamento del centro di prima accoglienza dell’isola, il cosiddetto hotspot. Le persone ospitate sono state costrette a dormire per terra, hanno saltato alcuni pasti e solo alcune hanno ricevuto le attenzioni mediche di cui avrebbero avuto bisogno.
L’hotspot è accessibile soltanto dagli operatori della cooperativa Badia Grande che lo gestisce per conto della prefettura di Agrigento, dalle forze dell’ordine e dal limitato personale delle organizzazioni internazionali presenti sull’isola. È difficile tenere traccia di cosa succeda al suo interno, ma da varie testimonianze indirette la situazione sembra estremamente problematica.
Secondo una stima fornita al Post da UNHCR, l’agenzia ONU per i rifugiati, nella settimana fra il 13 e il 19 febbraio sono arrivati a Lampedusa circa 4.800 migranti. Dopo una serie di rapidi controlli al porto principale dell’isola tutte le persone sbarcate vengono portate all’hotspot, situato sulle colline dietro l’abitato principale dell’isola. La struttura può ospitare circa 400 persone. Sabato mattina, secondo una stima riportata da Repubblica, nell’hotspot si trovavano circa 3.850 persone, quasi dieci volte la sua capienza massima.
Sami Aidoudi, operatore legale del progetto In Limine di ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), ha raccolto alcune testimonianze delle persone ospitate in questi giorni. Gli sono arrivate a un numero di telefono che i migranti appena sbarcati a Lampedusa si scambiano col passaparola, e tramite il quale possono ricevere consulenza legale a distanza.
«Da quello che ci hanno raccontato la situazione è drammatica», spiega Aidoudi. «Molta gente dorme all’aria aperta, e in questi giorni c’è molto vento e fa freddissimo. Il cibo non è garantito per tutti. È impossibile accertarsi che la propria richiesta di asilo sia stata registrata. E tutti si lamentano del medico in servizio: ha sempre la porta chiusa e prescrive solo paracetamolo per qualsiasi malessere», racconta Aidoudi.
Sabato una donna ivoriana di circa trent’anni si è accasciata dentro l’hotspot ed è morta, per cause non ancora note. Il giorno prima era stata visitata al poliambulatorio dell’isola: ma le analisi erano risultate nella norma, ed era stata riportata nell’hotspot. È la terza persona a morire dentro l’hotspot nel giro di tre mesi. A dicembre era capitato a una neonata di pochi mesi, a metà gennaio a un 30enne del Bangladesh.
In alcune foto e video arrivati in questi giorni ad Aidoudi e visti dal Post, si vede la piazza principale dell’hotspot coperta di rifiuti, moltissime persone in fila per entrare in alcuni ambienti, e altre che cercano di riscaldarsi con un falò. Alcuni hanno talmente freddo che avvolgono i piedi nelle coperte termiche, usandole come calzature. I posti al chiuso sono pochissimi: la maggior parte delle persone che nei giorni scorsi si trovavano nell’hotspot ha dormito all’aperto. Di notte la temperatura è scesa fino a 6-7 gradi.
La convenzione fra la prefettura di Agrigento e Badia Grande prevede la fornitura di tre pasti al giorno per ogni ospite, oltre a kit di vestiti, assistenza sanitaria, psicologica e legale, oltre alla pulizia sistematica della struttura. Nella stragrande maggioranza dei casi le persone che arrivano negli hotspot hanno trascorso molti giorni in mezzo al mare, e ancora prima sono scappati da torture e violenze nei centri di detenzione per migranti in Libia: in queste condizioni le strutture di accoglienza prolungano le sofferenze di persone già molto provate e vulnerabili.
Badia Grande gestisce il centro di Lampedusa da circa un anno, e anche in tempi di minore affollamento è stata molto criticata per la gestione carente della struttura. In un rapporto redatto qualche mese fa dopo una visita all’hotspot, una delegazione dell’ASGI aveva parlato di «assenza di attrezzature per dormire», «insufficiente approvvigionamento di cibo» e «condizioni igienico sanitarie degradanti».
Nel frattempo si è scoperto che almeno una dipendente di Badia Grande si è licenziata perché non riceveva regolarmente lo stipendio, ed è emerso che la cooperativa è coinvolta in due processi per sospetta truffa nella gestione di altrettanti centri di accoglienza. Pochi giorni fa la Prefettura di Agrigento ha detto ad ASGI di avere contestato a Badia Grande «varie irregolarità» nella gestione dell’hotspot, e che «è in via di definizione la procedura di scioglimento del contratto». Dev’essere a buon punto, visto che già a fine gennaio la prefettura aveva aperto un nuovo bando per la gestione dell’hotspot di Lampedusa, che si chiuderà a marzo.
Ancora per qualche settimana, però, Badia Grande rimane responsabile della gestione dell’hotspot, e quindi di tutte le sue mancanze.
«Ad oggi le persone che arrivano a Lampedusa non sono ancora in salvo: nessuno si prende davvero cura di loro», spiega Giovanni D’Ambrosio, responsabile sull’isola di Mediterranean Hope, il programma per migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. «Nel primo pomeriggio di sabato abbiamo incrociato alcuni ragazzi che avevano dormito all’interno dell’hotspot, e ci hanno detto che quel giorno non avevano ancora mangiato, e che non sapevano dove li stavano portando».
I ragazzi di cui parla D’Ambrosio erano in fila per salire a bordo della nave San Giusto, che appartiene alla marina militare. Sabato aveva lasciato Lampedusa con a bordo 583 migranti sbarcati a Lampedusa nei giorni precedenti. Lunedì mattina la San Giusto è arrivata a Taranto, in Puglia, dove i migranti saranno smistati in vari centri di accoglienza.
Il viaggio della San Giusto è stato organizzato dalla prefettura di Agrigento, che sta cercando di trasferire le persone sbarcate a Lampedusa nei centri di altre regioni utilizzando navi militari e civili. Sabato hanno lasciato l’isola circa un migliaio di migranti, altri trasferimenti erano programmati per domenica ma non è chiaro se siano effettivamente avvenuti. RaiNews scrive che lunedì mattina nell’hotspot rimanevano ancora 2.168 persone, più di cinque volte la sua capienza massima.