La storia delle sei donne che lavorarono su uno dei primi computer
Negli anni Quaranta programmarono il calcolatore elettronico digitale ENIAC, ma per decenni il suo sviluppo fu attribuito solo a due uomini
Nel febbraio del 1946 gli Stati Uniti presentarono al mondo il loro electronic numerical integrator and computer (ENIAC), uno dei primi computer elettronici digitali della storia e il primo computer “general purpose”, cioè per uso generale, perché poteva essere riprogrammato per eseguire diversi tipi di calcoli. L’invenzione della macchina fu subito attribuita ai due uomini che la progettarono all’Università della Pennsylvania di Philadelphia, il fisico John William Mauchly e l’ingegnere elettrico John Presper Eckert: per decenni però nessuno seppe che nel suo sviluppo avevano avuto un ruolo essenziale sei donne, coloro che la programmarono per farla funzionare.
Perché i nomi e il lavoro di Frances “Betty” Holberton, Kathleen “Kay” Antonelli McNulty, Marlyn Wescoff Meltzer, Ruth Lichterman Teitelbaum, Frances Bilas Spence e Jean Jennings Bartik fossero riconosciuti dovettero passare oltre quarant’anni.
L’ENIAC fu sviluppato durante la Seconda guerra mondiale nell’ambito di un programma dell’esercito degli Stati Uniti che doveva servire a calcolare più facilmente le traiettorie balistiche, cioè il percorso compiuto da un razzo per raggiungere un obiettivo a chilometri di distanza. I lavori cominciarono nel 1943 e la macchina fu completata alla fine del 1945. La storia delle donne che ne resero possibile il funzionamento emerse solo a metà anni Ottanta grazie alle ricerche di Kathy Kleiman, avvocata e appassionata di informatica, che ne ha parlato anche in un libro e in un documentario presentato al festival del cinema internazionale di Seattle nel 2014.
Tutto cominciò quando Kleiman decise di saperne un po’ di più del ruolo delle donne nel settore informatico, dopo essersi resa conto di essere una delle poche a frequentare corsi di programmazione e informatica durante l’università ad Harvard. Durante alcune ricerche trovò una foto d’archivio dell’ENIAC in cui comparivano sia uomini che donne, ma nella didascalia c’erano solo i nomi e i cognomi dei primi. Proseguendo, racconta, trovò altre foto di donne accanto al computer, ma sempre senza indicazioni di chi fossero.
Quando chiese spiegazioni alla cofondatrice del museo di Storia dei computer a Boston, le fu risposto che le donne erano modelle, messe in posa per far sembrare più interessante la macchina, come accadeva nelle pubblicità degli elettrodomestici. Capì invece che erano state direttamente coinvolte nel lavoro sul computer nel 1986, quando incontrò quattro di loro a un evento per il 40esimo anniversario dell’invenzione.
Durante l’evento Holberton, McNulty, Meltzer e Bartik raccontarono a Kleiman di essere state scelte tra le circa 80-100 donne che erano state reclutate dall’esercito per svolgere i complessi calcoli delle traiettorie balistiche. Le donne erano chiamate “computer”, letteralmente “calcolatrici”, proprio come siamo abituati a chiamare queste macchine oggi. Per risolvere a mano le equazioni differenziali necessarie per calcolare le traiettorie servivano ottime conoscenze matematiche e 30 o 40 ore, capacità e tempo che nella gran parte dei casi i soldati americani al fronte non avevano. Il compito delle “calcolatrici umane” quindi era quello di trovare il modo per integrare questi calcoli nella macchina, in modo che potessero essere svolti in pochi secondi.
Naturalmente allora non esistevano i linguaggi di programmazione conosciuti oggi, né manuali o sistemi operativi, quindi le sei donne dovettero un po’ inventarsi come farlo. Intervistate da Kleiman, che nel frattempo ottenne una borsa di studio proprio per scoprire la loro storia, raccontarono di aver dovuto studiare come era fatto l’ENIAC e capire cosa fare per fargli fare i calcoli al posto loro. «Ovviamente non avevamo idea di cosa stessimo facendo», disse una di loro a Kleiman.
L’ENIAC era una macchina gigante, alta 2,5 metri, lunga 24 e pesante 30 tonnellate, ma permise di fare in poco tempo calcoli che prima avrebbero potuto richiedere anche settimane. La sua invenzione e i successivi sviluppi diedero una certa notorietà a Mauchly ed Eckert, che per esempio in un articolo pubblicato il 14 febbraio del 1946 sul New York Times furono lodati come i «suoi inventori» assieme ai «molti altri» che collaborarono al progetto. Né allora né dopo però Bartik, Holberton, McNulty, Meltzer, Spence e Teitelbaum furono citate per il loro lavoro sul computer, con il risultato che per oltre quarant’anni nessuno seppe del loro ruolo, né fra gli addetti del settore, né sulla stampa, né a livello pubblico.
Alcune delle sei programmatrici contribuirono all’avanzamento del settore informatico anche dopo l’invenzione dell’ENIAC. Holberton tra le altre cose scrisse il primo codice usato per leggere e scrivere dati, contribuì allo sviluppo di uno dei primi linguaggi standard informatici (COBOL) e sviluppò un set di istruzioni che è considerato il prototipo per i linguaggi di programmazione odierni. Bartik invece continuò a lavorare con Mauchly ed Eckert per sviluppare altri computer, tra cui l’UNIVAC I, il primo computer commerciale al mondo. Entrambe ricevettero vari riconoscimenti.
Grazie all’attenzione ricevuta dalle ricerche di Kleiman, nel 1997 tutte e sei furono inserite nella Hall of Fame della Women in Technology International, un’organizzazione che promuove l’attività e i successi delle donne nel settore tecnologico.
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