Intorno all’Antartide c’è meno ghiaccio del solito
Da quando facciamo osservazioni con i satelliti non è mai stato così poco, ma non è detto che il cambiamento climatico c'entri
Il 13 febbraio la superficie dell’oceano Antartico coperta da ghiacci ha raggiunto l’estensione minima dal 1979, ovvero da quando la misuriamo utilizzando i satelliti. È normale che in questo periodo intorno all’Antartide ci sia meno ghiaccio, dato che siamo alla fine dell’estate australe, ma quest’anno è meno del solito. Secondo le rilevazioni della NASA e le successive analisi del National Snow and Ice Data Center (NSIDC), un centro studi di ricerca americano, all’inizio di questa settimana solo 1,91 milioni di chilometri quadrati di mare attorno all’Antartide erano coperti dalla banchisa: per un confronto, la media degli ultimi quarant’anni dell’estensione minima è superiore ai 2,5 milioni di chilometri quadrati.
Già nel 2022 era stato registrato un record negativo (1,92 milioni di chilometri quadrati) ed è probabile che il minimo per il 2023 sarà ancora inferiore, dato che generalmente l’estensione dei ghiacci nell’oceano Antartico arriva al suo minimo tra il 18 febbraio e il 3 marzo – l’anno scorso ci si era arrivati il 25 febbraio. Il precedente record negativo risaliva invece al 2017. Tuttavia, diversamente da quanto si potrebbe pensare, non si può ricondurre la riduzione dell’estensione dei ghiacci antartici estivi degli ultimi anni automaticamente al cambiamento climatico.
I fenomeni che influenzano l’estensione dei ghiacci intorno all’Antartide sono molti e complessi. Finora non se ne è vista una pronunciata diminuzione come è successo invece nel mare Artico. Le due regioni polari del pianeta sono tuttavia molto diverse: in corrispondenza del Polo Nord e attorno a esso c’è quasi solo mare circondato da terre, il nord del Canada, della Groenlandia, della Scandinavia e della Russia, mentre l’Antartide è un continente circondato da un oceano. Per via delle sue caratteristiche geografiche il mare Artico è una delle regioni della Terra più influenzate dal riscaldamento globale e lì la diminuzione del ghiaccio marino – superiore al 12 per cento nell’ultimo decennio – è sicuramente legata ai cambiamenti climatici causati dalle attività umane.
Per quanto riguarda l’Antartide, negli ultimi decenni l’area minima coperta dai ghiacci intorno all’Antartide è aumentata e diminuita in modo molto variabile. Solo negli ultimissimi anni si è vista una tendenza discendente, ma non è detto che sia dovuta all’aumento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera. Sappiamo peraltro che all’inizio del Novecento l’estensione dei ghiacci marini antartici era generalmente minore di quella che poi è stata nel corso del secolo successivo.
È probabile che il record di quest’anno sia stato influenzato dalle temperature particolarmente alte che sono state registrate nella Penisola Antartica, la parte del continente che si allunga verso il Sud America: nel corso del 2022 in media sono state superiori di 1,5 °C rispetto al periodo 1991-2022. Potrebbe avere un ruolo anche l’Oscillazione antartica (AAO), quell’insieme di fenomeni atmosferici che avvengono intorno all’Antartide e che ne influenzano il clima, in modo simile a come fa il più famoso El Niño nell’oceano Pacifico. In questo periodo l’AAO è in una fase che rafforza i venti intensi che soffiano intorno al continente più meridionale e che spezzano e allontanano verso nord i banchi di ghiaccio: è dunque probabile che contribuisca a ridurre l’estensione dei ghiacci attorno all’Antartide.
La scarsa estensione del ghiaccio marino attorno all’Antartide di quest’anno è ciò che ha permesso alla nave oceanografica italiana Laura Bassi di toccare il punto più a sud mai raggiunto da una nave alla fine di gennaio, secondo quanto dichiarato dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA): la latitudine di 78° 44′ 16,8” S nel mare di Ross, più precisamente nella Baia delle balene.
La Laura Bassi partecipa alla missione scientifica del PNRA, che è finanziato dal ministero dell’Università e della Ricerca ed è coordinato dal CNR per le attività scientifiche e dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) per l’attuazione logistica delle spedizioni, e si trovava nella Baia delle balene per delle attività di pesca scientifica, mirate in particolare a studiare le larve di numerose specie di pesci. Presto, con l’avvicinarsi dell’inverno australe, la nave concluderà la sua missione: dovrebbe raggiungere la Nuova Zelanda il 6 marzo e da lì tornare in Italia entro la seconda metà di aprile.
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