La Kings League va presa sul serio?
È un nuovo torneo spagnolo di calcio, che va forte online e ricorda molto i videogiochi: per qualcuno è un circo, per altri il futuro; di certo sta avendo successo
di Gabriele Gargantini
Nel novembre del 2022, due giorni dopo il suo ritiro dal calcio professionistico, l’imprenditore e da poco ex difensore Gerard Piqué aveva annunciato la creazione della Kings League, un torneo di calcio a sette con famosi streamer spagnoli come presidenti, con qualche ex calciatore famoso in mezzo a tanti giocatori normali e soprattutto con alcune regole da videogioco. Un torneo di calcio pensato per funzionare online, in particolare su TikTok o sulla piattaforma di streaming Twitch, e per piacere anche a chi difficilmente seguirebbe i novanta e oltre minuti di una partita di calcio.
Per qualcuno la Kings League è innovativa, rivoluzionaria e visionaria: un prodotto commerciale dal grande potenziale e un possibile modello per il calcio tradizionale. Per altri è una bizzarria, qualcosa che ha poco da spartire con il vero sport e troppo a che fare con le mode passeggere di internet: una mezza farsa che c’entra con la finzione del wrestling più che con il vero calcio. Qualcosa di grottesco e distopico, che Javier Tebas, presidente della Liga spagnola, ha definito «un circo».
Di certo al momento la Kings League ha un grandissimo seguito online: tra TikTok, Instagram e Twitter i suoi profili sono seguiti da oltre cinque milioni di utenti e su Twitch – dove le partite sono commentate e mostrate gratuitamente, prima per intero e poi anche in sintesi – i suoi video arrivano a milioni di visualizzazioni. C’è anche un certo interesse per vederla dal vivo: la fase finale del torneo sarà a marzo al Camp Nou di Barcellona e sono già stati venduti oltre 50mila biglietti, alcuni a più di 50 euro.
La Kings League è un torneo in cui ogni squadra gioca contro l’altra con un portiere e sei giocatori di movimento e può essere composta, contando anche le riserve, da un massimo di 12 giocatori: 11 sono fissi, uno è variabile durante il torneo. La prima edizione della competizione è iniziata il primo gennaio e ogni domenica si giocano sei partite, una dopo l’altra sullo stesso campo, dal pomeriggio fino a sera. Dopo che tutte le squadre si saranno incontrate, le prime otto parteciperanno ai playoff, con le semifinali e la finale al Camp Nou, lo stadio del Barcellona da quasi 100mila posti.
Le regole base – per esempio su cosa è un fallo, cosa può fare un portiere e cosa costituisce un fuorigioco – sono quelle del calcio, e così come nel calcio anche nelle partite della Kings League vince chi fa più gol. Non esistono i pareggi (in caso di parità si vai ai rigori shootout: cioè in movimento, un po’ come nell’hockey) e la classifica è fatta come nel basket NBA, con le squadre ordinate per numero di vittorie.
Le partite della Kings League sono composte da due tempi di venti minuti e ogni tempo inizia come nella pallanuoto, con il pallone in mezzo al campo e i calciatori delle due squadre che partono dalle rispettive linee di porta per andare a prenderselo.
Le sostituzioni sono libere e illimitate; chi riceve un cartellino giallo deve uscire dal campo per due minuti (succede qualcosa di simile nel rugby) e chi ne prende uno rosso per cinque, al termine dei quali deve essere sostituito. Nel caso abbiano dubbi su una decisione arbitrale le squadre possono chiamare il VAR, cioè la revisione arbitrale di una certa azione. Ogni squadra può chiamare il VAR una volta a partita: se si dimostra che aveva ragione, può usarlo di nuovo; se invece aveva torto, non ne può più beneficiare.
Fin qui si tratta di regole diverse da quelle del calcio a 11, del calcetto, del calcio a 7 o del cosiddetto calciotto, ma non particolarmente stravaganti: molte arrivano da altri sport, alcune (come gli shootout) sono state sperimentate nel calcio professionistico e di alcune altre ancora (per esempio l’uscita dal campo per qualche minuto nel caso di cartellino giallo) si parla da tempo come di possibili innovazioni per il vero calcio.
A queste regole se ne aggiungono però altre più strambe, da videogioco, che prevedono l’utilizzo di quelle che il regolamento chiama armi segrete. Prima di ogni partita, ogni squadra pesca infatti una carta che resta segreta agli avversari fino al momento del suo utilizzo e che porta un vantaggio non indifferente. Le possibili armi segrete sono sei: un rigore “tradizionale”, da fermi, a proprio favore, da tirare appena si sceglie di usare la carta; uno shootout a proprio favore; l’esclusione dal gioco, per due minuti, di un avversario a scelta; la possibilità che ogni eventuale gol che la squadra segni nei successivi due minuti valga doppio e la possibilità di rubare la carta appena giocata dagli avversari. C’è poi una carta “jolly”, che di fatto può diventare ognuna delle altre.
Le carte sono pescate da un mazzo che ne contiene venti e la carta jolly e quella che permette di rubare la carta degli avversari sono le più rare. A queste armi segrete si aggiunge poi una carta che impatta in modo simmetrico le due squadre e che prevede che per un po’ di tempo entrambe debbano ridurre il numero di giocatori così che si giochi quindi 6 contro 6 o addirittura uno contro uno: il video del nonno di Piqué che dagli spalti estrae da una valigetta la carta che sancisce il primo uno contro uno del torneo ha avuto, solo su Twitter, quasi un milione di visualizzazioni.
Le squadre della Kings League sono state formate a seguito di selezioni, seguite in diretta da quasi mezzo milione di utenti, a cui si sono presentati oltre 13mila candidati, perlopiù calciatori amatoriali. Ogni squadra ha quindi 10 giocatori normali, non famosi o di particolare talento calcistico, che sul sito della Kings League sono valutati da 0 a 100 sulla base di alcune qualità, come nei videogiochi. A questi 120 giocatori si aggiungono per ogni squadra due giocatori extra, in genere ex calciatori professionisti: uno è fisso per tutto il torneo; l’altro può cambiare a ogni partita.
Le squadre hanno nomi simili a quelli delle squadre ai tornei di paese o di un fantacalcio tra amici (la Kings League ha anche il suo corrispettivo del suo fantacalcio) però hanno un presidente, un direttore sportivo e un allenatore: tra loro ci sono molti streamer o influencer di grande seguito ma anche un giornalista e qualche ex calciatore.
La squadra Saiyans FC, il cui nome si ispira al manga e cartone giapponese Dragon Ball, per esempio, ha come presidente TheGrefg, uno streamer spagnolo venticinquenne il cui canale su Twitch è seguito da oltre 11 milioni di utenti. Ibai Llanos, streamer e socio di Piqué in diverse sue attività extracalcistiche, è invece il presidente del Porcinos FC, squadra per cui di recente è anche entrato in campo per tirare (e segnare) un rigore. I presidenti di altre due squadre sono gli ex calciatori Iker Casillas e Sergio Agüero.
Tra gli ex calciatori professionisti ci sono stati Agüero (che ha fatto il giocatore nella squadra di cui è presidente), l’argentino Javier Saviola, il messicano Chicharito Hernández (che gioca negli Stati Uniti per gli LA Galaxy e ha avuto un permesso speciale per giocare una partita in Kings League) e lo spagnolo Joan Capdevila, campione del mondo con la Spagna nel 2010. Di recente ha annunciato che giocherà almeno una partita in Kings League il trentasettenne Fernando Llorente, ex attaccante, tra le tante altre squadre, di Juventus e Athletic Bilbao. Per come viene raccontata la Kings League, sarà Llorente a scegliere liberamente in quale squadra andare: in una debole per rinforzarla oppure in una più forte, fosse anche solo per simpatia.
Il giocatore con più gol e assist nel torneo è invece Alberto Bueno, un attaccante di 34 anni con un passato nelle squadre giovanili del Real Madrid e con alcune decine di gol segnati nella Liga spagnola durante i primi anni Duemila. In altre parole, molti degli ex calciatori non troppo in là con gli anni e che ancora si tengono in forma riuscirebbero a fare la loro bella figura per come è al momento è la Kings League.
A scegliere quali giocatori extra invitare sono i presidenti, ed oltre ad Agüero quello di cui più si è parlato finora è stato “Enigma”, un giocatore misterioso con una maschera da wrestling sulla cui identità si è molto speculato, in quella che è stata un’efficace trovata di marketing per far crescere la curiosità verso il torneo. La Kings League fece girare l’idea che l’identità del giocatore dovesse restare nascosta perché la sua squadra professionistica non poteva sapere che stava giocando lì, ma è comunque apparso non granché forte né in forma e l’ipotesi più accreditata è che si trattasse di Nano Mesa, un giocatore senza contratto e con in passato giusto qualche presenza nella Liga.
Le partite della Kings League, a cui i vari presidenti assistono in streaming dopo aver fatto alla squadra un discorso pre-partita attraverso un grande schermo visibile a tutti, si giocano su un campo sintetico al coperto della Cupra Arena, nel porto di Barcellona. Le dirette permettono di sentire cosa i giocatori si dicono in campo e vedere quel che succede da quattordici telecamere, una delle quali indossata dall’arbitro. Dopo le partite la diretta prosegue su Twitch con una sorta di talk show sportivo post-gara. Prima delle partite c’è invece un programma in cui in genere si annunciano novità varie.
I twitchcronisti e commentatori delle partite sono a loro volta streamer, e in diversi video di azioni della Kings League oltre a sentirli li si vede, in una finestrella in un angolo dello schermo, come succede nei video di reazione o di commento ai videogiochi. Subito dopo i gol vengono inquadrati gli streamer-presidenti per mostrarne le reazioni.
La Kings League è stata creata dalla Kosmos Global Holding, la società di investimenti sportivi creata nel 2017 e di cui Piqué è fondatore, amministratore e presidente. Della Kosmos si è parlato per i suoi investimenti nel tennis (in particolare per la Coppa Davis, che ha gestito per alcuni anni), ma si occupa anche di documentari e di management sportivo, oltre che della gestione, insieme ad Ibai Llanos, di una squadra di eSports e dell’organizzazione dei “mondiali di palloncino”, di cui su internet si accorsero in molti.
A differenza del calcio tradizionale, che dipende tantissimo dai diritti televisivi, la Kings League punta a guadagnare soldi soprattutto dagli sponsor: al momento il principale è InfoJobs, ma tra gli altri ci sono anche Spotify e McDonald’s, mentre le divise sono tutte Adidas. Dato che le partite sono mostrate dal vivo ma anche spezzettate in highlights e contenuti per i social, è difficile avere numeri chiari su quanto ogni giornata o partita venga seguita. A fine gennaio Kosmos aveva parlato, per la terza giornata di Kings League, di un picco di oltre un milione di spettatori e di una media, solo su Twitch, di 650mila utenti collegati alla diretta: numeri che, come ha scritto El Pais, sono superiori a quelli della maggior parte delle partite di Liga (e quindi anche di Serie A). Il quotidiano sportivo Marca, che è media partner del torneo, ha scritto che a gennaio i video della Kings League hanno avuto 238 milioni di visualizzazioni tra social e piattaforme varie.
Ciononostante, Oriol Querol, dirigente di Kosmos e amministratore delegato della Kings League, ha parlato di «significativi investimenti iniziali» che ancora devono essere recuperati perché il torneo ancora deve iniziare a «generare profitti».
La sensazione è che la Kings League sia seguita senz’altro da un pubblico molto giovane, che non necessariamente segue assiduamente il calcio tradizionale, ma che al contempo sia riuscita a usare il calcio come esca per portare su Twitch anche utenti meno giovani. Resta ovviamente da vedere se, come e quanto riuscirà ancora a crescere o quantomeno mantenere il livello di curiosità e interesse avuto fin qui.
Di certo sembra avere tanti piani per il futuro: come spiegato di recente da Piqué in After Kings (il talk che sta alla Kings League come la Domenica Sportiva sta alla Serie A), dopo le finali di marzo ci sarà un mese in cui le squadre potranno scambiarsi giocatori: come in NBA, con scambi e accordi, ma senza pagare altre squadre per i trasferimenti, e con trattative mostrate online, come quasi tutto nella Kings League. A maggio inizierà poi un nuovo torneo, che il sabato sarà preceduto dal corrispettivo femminile, la Queens League. Più avanti, sempre nel 2023, ci sarà la Prince Cup (un torneo giovanile) e a ottobre una Coppa autonoma.
Per il 2024, quando secondo i piani attuali le squadre dovranno cambiare metà dei loro giocatori, sono previsti altri tornei e forse anche una finale internazionale, in cui si affronteranno le squadre vincitrici di varie Kings League nazionali: ancora se ne sa poco, ma è nei piani di Piqué la creazione, nei prossimi mesi, di vari tornei locali.
Tutti questi piani potrebbero però cambiare piuttosto facilmente: a differenza del calcio tradizionale la Kings League è infatti ovviamente autonoma e libera di decidere rapidamente come eventualmente cambiare, modificare, aggiornare o perfino stravolgere le sue regole in corsa, per mantenere vivo l’interesse.
In questa malleabilità e volontà di seguire il gusto degli spettatori stanno gran parte delle opinioni sulla Kings League. Da una parte chi crede che, col tempo e magari con l’arrivo di personaggi ed ex calciatori sempre più famosi, possa imporsi come una valida alternativa all’esistente, oltre che come possibile laboratorio, seppur con tutti i suoi estremi, per il calcio del futuro. Dall’altra c’è chi lo vede come una trovata che ha funzionato per un po’ e potrà farlo per un po’ ancora, ma che finirà per terminare la sua carica di innovazione, finendo per annoiare o magari per diventare troppo estrema, complicata e artefatta per essere seguita con costanza.
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