Il governo ha bloccato i crediti del superbonus
L'improvviso cambio delle regole serve a limitare il debito pubblico e le frodi, ma è stato molto criticato dalle imprese edili
Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge per bloccare la cessione dei crediti e lo sconto in fattura dei bonus fiscali e in particolare del superbonus, la misura con cui negli ultimi anni lo Stato ha finanziato i lavori di ristrutturazione per migliorare l’efficienza energetica di migliaia di edifici. Da tempo il governo, e soprattutto il ministero dell’Economia guidato da Giancarlo Giorgetti, aveva messo in discussione le regole che negli ultimi anni avevano favorito frodi per miliardi di euro e un notevole aumento del debito pubblico.
Sulla carta l’agevolazione fiscale aveva diversi obiettivi, tra cui: dare la possibilità ai cittadini di effettuare lavori gratuitamente; ridurre i costi energetici e aumentare il valore delle case; incentivare il settore delle costruzioni, ma anche sostenere l’occupazione e rendere le case più calde in inverno e più fresche d’estate, garantendo un risparmio per le famiglie e meno emissioni nell’atmosfera.
Per fare tutto questo, però, lo Stato ha speso tantissimi soldi pubblici. Troppi, secondo molti esperti e anche secondo gli ultimi due governi, che prima con Mario Draghi e poi con Giorgia Meloni hanno cercato di limitare le spese in diversi modi, senza riuscirci, almeno finora. «I bonus hanno prodotto anche benefici per alcuni cittadini, ma hanno posto in carico a ciascun italiano duemila euro a testa. Questo il bilancio di questa esperienza», ha detto il ministro Giorgetti.
Semplificando molto, il superbonus può essere riscosso in tre modi. Il primo non coinvolge le imprese, ma soltanto i proprietari degli immobili: chi ristruttura casa comunica i pagamenti dei lavori nella dichiarazione dei redditi e paga meno tasse nei cinque anni successivi. Lo Stato restituiva quindi il 110 per cento dell’importo pagato attraverso quella che viene chiamata detrazione fiscale.
Una seconda possibilità è lo sconto in fattura applicato dai fornitori e dalle imprese: chi fa i lavori si accolla il credito fiscale dei proprietari per recuperarlo successivamente dallo Stato sotto forma di detrazione fiscale.
La terza opzione è la cessione del credito di imposta: si può trasferire la detrazione fiscale ad altre imprese, banche, enti o professionisti. In cambio della cessione del credito, chi ristruttura casa ha la possibilità di avere subito i soldi che servono per iniziare i lavori oppure per accedere a un mutuo o a un finanziamento. Chi vuole fare dei lavori di efficientamento energetico può pagare l’impresa, invece che una somma ipotetica di 10mila euro, con il credito d’imposta di 11mila euro. Chi compra un credito di imposta fa un investimento, se sa che può poi cederlo a sua volta per esempio a una banca.
Il governo ha mantenuto soltanto il primo modo e ha bloccato sia lo sconto in fattura che la cessione del credito. E non soltanto per il superbonus, ma anche per gli altri bonus fiscali come l’ecobonus, il bonus ristrutturazioni, il bonus facciate, il sismabonus, il bonus per la rimozione delle barriere architettoniche. I bonus, quindi, rimangono, ma soltanto per le persone che possono permettersi di pagare direttamente i lavori e che hanno una sufficiente capienza fiscale, cioè ogni anno pagano abbastanza tasse da compensare il credito di imposta.
Per evitare di lasciare lavori a metà, comunque, il blocco dei crediti non sarà applicato a chi ha presentato la comunicazione di inizio lavori (la CILA) prima dell’entrata in vigore del provvedimento. Per gli altri bonus, invece, sarà necessario avere già iniziato i lavori.
Nell’ultimo anno il governo, soprattutto il governo Draghi, era intervenuto più volte per correggere le regole della cessione dei crediti con l’obiettivo di limitarla. Nella sua versione originale, infatti, il superbonus 110 consentiva di cedere il credito ad altre società o enti per un numero illimitato di volte. Gli innumerevoli passaggi di società in società e tra più intermediari erano stati ampiamente sfruttati per frodare il fisco. Negli ultimi mesi, nonostante i tanti correttivi, i crediti si sono comunque accumulati senza controllo.
Molti di questi crediti sono rimasti bloccati, a carico delle aziende edili. Le banche, infatti, hanno di fatto fermato gli acquisti in seguito all’esaurimento del cosiddetto “spazio fiscale”, cioè hanno ricevuto moltissime richieste per un credito totale che supera le tasse dovute allo Stato. Non avrebbero più potuto incassare gli ulteriori crediti comprati. Insomma, la situazione generale si è molto complicata.
Alcune Regioni, come il Piemonte, erano intervenute acquistando una parte dei crediti fiscali cercando in questo modo di dare un sollievo alle imprese, ma il governo con il decreto-legge di giovedì ha bloccato anche questa possibilità.
Secondo l’ANCE, l’associazione dei costruttori, ci sono 15 miliardi di crediti fermi che mettono a rischio i conti di 25mila aziende. «È da ottobre che aspettiamo di capire come si pensa di risolvere una situazione che è diventata drammatica: non ci rendiamo conto delle conseguenze devastanti sul piano economico sociale di una decisione del genere», ha detto la presidente dell’ANCE Federica Brancaccio.
Dario Costantini, presidente di CNA, la confederazione che raggruppa 623mila artigiani, ha detto che il blocco finirà per danneggiare le imprese e anche migliaia di persone pronte a ristrutturare casa. «I clienti ci chiameranno e ci chiederanno conto di quello che sta succedendo. E tutte le imprese che hanno già in mano i preventivi per i nuovi lavori rimarranno bloccate», ha detto a Repubblica.