• Mondo
  • Giovedì 16 febbraio 2023

Al Qaida ha un nuovo capo

Si chiama Saif al Adel, è un ex militare egiziano e tra i terroristi più ricercati al mondo: vivrebbe da più di vent'anni in Iran, dicono gli Stati Uniti

(FBI)
(FBI)

Secondo il dipartimento di Stato americano l’organizzazione terroristica islamista al Qaida ha un nuovo capo: Saif al Adel, un ex militare egiziano che vivrebbe da molti anni in Iran, e che è già da tempo nella lista dei principali terroristi ricercati dall’FBI, l’agenzia investigativa della polizia federale degli Stati Uniti. Il dipartimento di Stato lo ha fatto sapere nel corso di una conferenza stampa tenuta mercoledì, in cui ha confermato alcune informazioni contenute in un rapporto pubblicato nei giorni scorsi dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Saif al Adel avrebbe quindi preso il posto che fino allo scorso agosto era di Ayman al Zawahiri, diventato capo dell’organizzazione dopo l’uccisione di Osama bin Laden, nel 2011. Zawahiri era stato ucciso il 31 luglio in un attacco compiuto dagli Stati Uniti con un drone mentre si trovava a Kabul, in Afghanistan.

Secondo l’FBI, Saif al Adel sarebbe nato l’11 aprile del 1960 in Egitto con il nome di Mohammed Salah al Din Zaidan (Saif al Adel sarebbe uno pseudonimo, che in arabo significa “spada della giustizia”). Avrebbe fatto una lunga carriera nell’esercito egiziano, specializzandosi nell’uso di esplosivi, e nel 1988 avrebbe lasciato il suo paese per andare a combattere in Afghanistan contro l’invasione sovietica, dove conobbe quelli che sarebbero poi diventati i membri principali della futura al Qaida.

Rimase in Afghanistan anche dopo la fine della guerra civile e la presa del potere dei talebani per addestrare i membri dell’organizzazione terroristica nella fabbricazione di esplosivi. Secondo l’FBI, sarebbe stato tra le altre cose uno degli organizzatori degli attentati alle ambasciate statunitensi in Kenya e Tanzania del 7 agosto 1998, in cui furono uccise più di 200 persone.

Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, compiuti da al Qaida a New York e Washington, Saif al Adel si sarebbe spostato in Iran, dove inizialmente sarebbe stato messo agli arresti domiciliari dalle autorità locali. Sarebbe stato liberato però nel 2015, in seguito a uno scambio di prigionieri con al Qaida. Da allora si sarebbe spostato piuttosto liberamente tra Pakistan e Afghanistan, ma ancora oggi vivrebbe in Iran.

Che Saif al Adel viva in Iran potrebbe sembrare un fatto piuttosto strano, dato che l’Iran è governato da una teocrazia sciita mentre al Qaida è un’organizzazione legata all’Islam sunnita (sciiti e sunniti sono i due principali orientamenti dell’Islam, spesso in competizione tra loro). In realtà dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e l’invasione americana dell’Afghanistan, l’Iran ha spesso dato ospitalità a importanti leader di al Qaida. L’ipotesi principale che circola ormai da parecchi anni tra analisti ed esperti è che dando protezione ai membri dell’organizzazione terroristica l’Iran si voglia assicurare protezione contro eventuali attacchi di al Qaida.

– Leggi anche: Chi era Ayman al Zawahiri

Secondo il rapporto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la sua nomina a successore di Zawahiri sarebbe da considerarsi come un dato di fatto, anche se non è stata ufficializzata da al Qaida. Il motivo, secondo il rapporto, è legato alla complicata situazione politica in Afghanistan e alla necessità dei talebani che governano il paese di mantenere buoni rapporti diplomatici con i paesi occidentali. I talebani infatti hanno sempre appoggiato al Qaida: dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 gli Stati Uniti decisero di invadere l’Afghanistan e rovesciare il regime dei talebani proprio per questo motivo.

L’uccisione di Zawahiri, egiziano come Saif al Adel, era stata considerata un grande successo dell’antiterrorismo americano. Era stato infatti il più stretto collaboratore di bin Laden e uno dei leader di al Qaida che avevano progettato i più gravi attentati terroristici contro obiettivi americani nel mondo.

Ma né al Qaida né il governo dei talebani in Afghanistan hanno mai confermato la sua morte. L’ammissione della sua presenza a Kabul, e quindi anche l’indicazione del suo successore, significherebbero infatti il mancato rispetto da parte dei talebani degli accordi di Doha, che avevano portato al ritiro delle truppe statunitensi nell’agosto 2021.

L’accordo, firmato nel febbraio 2020 dall’amministrazione del presidente Trump dopo aver raggiunto un compromesso di massima un anno prima, prevedeva il ritiro completo delle truppe statunitensi dall’Afghanistan, in cambio tra le altre cose dell’impegno dei talebani a non ospitare e proteggere sul territorio afghano gruppi terroristici che potessero pianificare e compiere attentati contro gli Stati Uniti.

– Leggi anche: L’invasione sovietica dell’Afghanistan