La grossa inchiesta giornalistica su una società che vende disinformazione
Diverse testate internazionali raccontano le presunte operazioni di manipolazione elettorale di una società israeliana
Mercoledì alcuni giornali internazionali, tra cui il Guardian, Le Monde e Der Spiegel, hanno dedicato ampio spazio a un’indagine giornalistica condotta da un consorzio di testate a proposito del cosiddetto “Team Jorge”, una società che avrebbe offerto servizi di hackeraggio informatico e diffusione di disinformazione a pagamento, e che avrebbe cercato di influenzare decine di elezioni in tutto il mondo.
Il capo di questa società è un uomo israeliano, Tal Hanan, che operava con lo pseudonimo di Jorge (da cui il nome del suo gruppo, dato dai giornali). L’inchiesta si basa soprattutto su un’operazione in incognito fatta da tre giornalisti (uno di Radio France, uno del giornale israeliano Haaretz e uno del sito TheMarker) che si sarebbero presentati negli uffici di Tal Hanan fingendo di essere potenziali clienti. Tal Hanan avrebbe quindi presentato ai finti clienti i servizi della sua azienda, vantandosi di aver interferito in «33 campagne elettorali di livello presidenziale» in tutto il mondo, e di essere riuscito ad «avere successo» in 27 di queste, anche se non è chiaro come si misurerebbe questo successo.
La società di Tal Hanan opererebbe in maniera mercenaria: offrendo i suoi servizi di manipolazione e disinformazione dietro il pagamento di denaro. Parlando con i giornalisti in incognito, Tal Hanan ha detto di aver operato in questo modo per clienti in tutto il mondo.
Le attività della società di Tal Hanan si sarebbero mosse principalmente in due modi: anzitutto con operazioni di disinformazione online e di manipolazione automatizzata dell’opinione pubblica sui social network. Tal Hanan sostiene di aver messo a punto un software chiamato Aims (Advanced Impact Media Solutions) che consente di generare migliaia di account falsi sulle principali piattaforme online, come Twitter, LinkedIn, Facebook, Telegram, Gmail, Instagram e YouTube. Questi account falsi sono poi manovrabili per veicolare messaggi, diffondere contenuti di disinformazione e cercare di influenzare l’opinione pubblica.
Di per sé, le attività di questi account fasulli (che in gergo vengono chiamati bot) sono relativamente comuni in vari ambiti, e vengono molto usate non soltanto per operazioni di disinformazione, ma soprattutto per comuni truffe o per campagne pubblicitarie. Avvertito dai giornalisti che si sono occupati dell’inchiesta, Facebook ha annunciato di aver cancellato diversi account falsi sul suo social network che sarebbero stati generati tramite Aims.
Secondo l’inchiesta, la seconda attività della società sarebbe quella di hackeraggio. Tal Hanan sostiene di riuscire a entrare negli account di posta elettronica Gmail e negli account di messaggistica Telegram delle persone vittime delle sue operazioni, come per esempio politici e funzionari, e di usarli per diffondere diffidenza e confusione. Ai giornalisti che si sono finti potenziali clienti, Tal Hanan ha mostrato di poter entrare nell’account Telegram di un funzionario politico keniota e di poter inviare messaggi a suo nome. In questo modo, ha detto, è in grado di creare discordia tra alleati politici, aumentare le divisioni, generare confusione all’interno di una campagna elettorale. In un solo caso, i giornalisti che si sono occupati dell’inchiesta hanno potuto verificare indipendentemente che la società di Tal Hanan era riuscita a entrare effettivamente nell’account Telegram di una persona (non si sa di chi).
Poiché la gran parte dell’inchiesta si basa sull’operazione in incognito dei tre giornalisti, è piuttosto difficile capire quanto del racconto di Tal Hanan sia reale e quanto sia invece un modo per vendere il proprio prodotto a quelli che lui pensava fossero potenziali clienti. Non è chiaro, per esempio, se la società abbia davvero avuto la capacità di influenzare dei processi elettorali.
Ci sarebbero invece maggiori conferme del fatto che la società di Tal Hanan sarebbe riuscita a diffondere disinformazione anche sui media tradizionali. A gennaio, per esempio, la rete televisiva francese BFMTV ha sospeso uno dei suoi presentatori più importanti, Rachid M’Barki, perché avrebbe messo in onda contenuti che sarebbero stati in qualche modo influenzati da interessi stranieri. Secondo Le Monde, questi contenuti corrisponderebbero alle campagne di disinformazione messe in circolazione dal Team Jorge.
I giornalisti hanno inoltre avuto modo di accedere ad alcune email private della società, che mostrano come ci siano stati contatti con funzionari e operatori di alto livello in tutto il mondo: ci furono per esempio contrattazioni con Cambridge Analytica, la società accusata di aver influenzato le elezioni presidenziali americane del 2016 e il referendum su Brexit dello stesso anno. Tal Hanan cercò di vendere i suoi servizi a Cambridge Analytica, ma i giornalisti non sono riusciti a scoprire se accettò, e se ne fece davvero qualcosa.
All’inchiesta sul cosiddetto Team Jorge hanno partecipato oltre 30 testate in tutto il mondo coordinate da Forbidden Stories, una società non profit francese che si occupa di proseguire il lavoro di giornalisti uccisi o minacciati. A questa inchiesta ne dovrebbero seguire altre, che si occuperanno sempre di disinformazione.