L’Iran ha liberato dal carcere un dissidente che era in sciopero della fame per protestare contro il regime
Venerdì l’Iran ha rilasciato Farhad Meysami, un dissidente che era in sciopero della fame per protestare contro il regime del paese. Meysami era in carcere dal 2018 con l’accusa di aver appoggiato le proteste delle donne contro l’obbligo di indossare il velo, ma di lui si era parlato soprattutto nell’ultima settimana, dopo che sui social network erano diventate virali alcune fotografie del suo corpo, deperito dallo sciopero della fame. Varie organizzazioni e attivisti per i diritti umani avevano criticato duramente il governo iraniano invocando la liberazione di Meysami, che prima di essere incarcerato faceva il medico e l’insegnante.
La magistratura iraniana ha comunicato che la liberazione di Meysami è avvenuta per effetto della grazia concessa dalla Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, a «decine di migliaia» di persone detenute la scorsa domenica. Non è chiaro se il regime volesse liberare Meysami fin dall’inizio o se abbia avuto una qualche influenza sulla decisione la pubblicazione delle fotografie delle sue condizioni. Sempre venerdì è stata rilasciata anche la ricercatrice franco-iraniana Fariba Adelkah, che era in carcere dal 2020 con l’accusa di aver cospirato contro il regime e minacciato la sicurezza nazionale. Lei aveva sempre respinto le accuse.
Le proteste in Iran in corso in questi mesi sono le più estese dalla Rivoluzione del 1979, quella che trasformò l’Iran in una Repubblica Islamica e di cui in questo periodo dell’anno ricorre l’anniversario. Erano iniziate lo scorso ottobre dopo la morte in carcere di Mahsa Amini, una giovane donna arrestata a Teheran perché non indossava in maniera corretta il velo: nel giro di poco tempo si sono trasformate in una più generale rivolta contro il regime, allargandosi ad altre città. Secondo HRNA, l’agenzia di stampa delle organizzazioni per i diritti, sono circa 20mila in totale le persone arrestate per le proteste.