«Non saper decidere quale fico cogliere»
Era il problema della protagonista di "La campana di vetro", il romanzo di Sylvia Plath, che morì 60 anni fa
Vidi la mia vita diramarsi davanti a me come il verde albero di fico del racconto. Dalla punta di ciascun ramo occhieggiava e ammiccava, come un bel fico maturo, un futuro meraviglioso. Un fico rappresentava un marito e dei figli e una vita domestica felice, un altro fico rappresentava la famosa poetessa, un altro la brillante accademica, un altro ancora era Esther Greenwood, direttrice di una prestigiosa rivista, un altro era l’Europa e l’Africa e il Sudamerica, un altro fico era Costantin, Socrate, Attila e tutta una schiera di amanti dai nomi bizzarri e dai mestieri anticonvenzionali, un altro fico era la campionessa olimpionica di vela, e dietro e al di sopra di questi fichi ce n’erano molti altri che non riuscivo a distinguere. E vidi me stessa seduta alla biforcazione dell’albero, che morivo di fame per non saper decidere quale fico cogliere. Li desideravo tutti allo stesso modo, ma sceglierne uno significava rinunciare per sempre a tutti gli altri, e mentre me ne stavo lì, incapace di decidere, i fichi incominciarono ad avvizzire e annerire, finché uno dopo l’altro si spiaccicarono a terra ai miei piedi.
da La campana di vetro di Sylvia Plath, nella traduzione di Adriana Bottini e Anna Ravano per Mondadori
L’11 febbraio 1963, sessant’anni fa, morì la scrittrice e poeta americana Sylvia Plath. Aveva 30 anni e divenne famosa solo dopo la morte, in principio per la sua storia personale: era sposata con il poeta inglese Ted Hughes e si suicidò poco tempo dopo aver scoperto un suo tradimento. Anche per via delle caratteristiche autobiografiche delle sue opere, che descrivono bene sentimenti comuni a molte giovani donne, attorno a lei si creò un piccolo mito, dovuto soprattutto al modo in cui morì. In anni più recenti, tenendo conto dei danni causati da certi modi di raccontare i suicidi, si è cercato di raccontare la sua storia e parlare delle sue opere evitando di romanticizzare la sua morte.
L’unico romanzo di Plath, La campana di vetro, era uscito solo il mese prima e racconta di esperienze molto simili alle sue: quelle di una giovane donna, Esther Greenwood, che nell’estate del 1953 si trova a New York per una specie di stage in un’importante rivista femminile, ottenuto grazie ai propri successi universitari. Nonostante l’opportunità di vedere una grande città e lavorare in un ambiente stimolante, Esther non è felice, si sente incerta sul suo futuro, non sa bene cosa desidera e probabilmente non vuole seguire nessuno dei progetti di vita che la società dell’epoca concepiva per le giovani donne istruite. Lo spiega la metafora dell’albero di fichi, che tuttora può descrivere bene come ci si sente intorno ai vent’anni.
'In a forest of frost, in a dawn of cornflowers.'
Sylvia Plath died sixty years ago, #OnThisDay in 1963 pic.twitter.com/8jRrXeuPlX
— Faber Books (@FaberBooks) February 11, 2023