Che cosa si intende quando si parla di “baby gang”
Secondo una ricerca i gruppi giovanili dediti al crimine sono presenti in tutta Italia e possono essere divisi in quattro tipologie
Nel 2022 i delitti compiuti da minori di 18 anni sono aumentati rispetto agli anni precedenti, secondo i dati della Direzione centrale della polizia criminale (Criminalpol). Rispetto al 2019, cioè prima che la pandemia contribuisse a una diminuzione generale di tutti i reati commessi, i minori denunciati sono aumentati di oltre il 14%. Erano infatti 25.261 nei primi dieci mesi del 2019 e sono stati 28.881 nei primi dieci mesi del 2022.
Gli omicidi commessi da minori sono aumentati del 35,3% (nei primi dieci mesi del 2022 sono stati 32), i tentati omicidi del 65,1% (71), le denunce per percosse del 50% (585), le rapine del 75,3% (2.968). Secondo un dossier realizzato da Transcrime, centro di ricerca universitario sulla criminalità internazionale, «diversi studi hanno evidenziato che la pandemia da Covid-19 ha avuto un forte impatto sulla quotidianità dei ragazzi causando un peggioramento delle condizioni oggettive e soggettive del benessere personale». Secondo Transcrime, a cui collaborano l’università Cattolica di Milano, l’università di Bologna e l’università di Perugia, «questa situazione si innesta in un contesto già critico, con significativi livelli di abbandono scolastico e difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro».
Con l’aumento dei reati commessi da minori sono aumentati anche quelli “di gruppo”, commessi cioè dalle cosiddette “baby gang”, una definizione in realtà piuttosto vaga e nella quale possono essere fatte rientrare varie tipologie di gruppi di giovani che delinquono. Secondo Gemma Tuccillo, ex capo dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, «se c’è stata un’evoluzione nell’ultimo decennio, rispetto ai reati commessi dagli adolescenti, sia in gruppo sia da soli, è piuttosto il carattere di crescente efferatezza, violenza gratuita e apparente insensatezza di alcune condotte».
Transcrime, con la collaborazione della Direzione centrale della Polizia criminale del dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno e con il dipartimento per la Giustizia minorile e di Comunità del ministero della Giustizia, ha realizzato un rapporto sulla presenza delle gang giovanili in Italia. Il tema è stato molto presente sui giornali italiani soprattutto nell’ultimo anno. Da gennaio ad aprile del 2022 sono stati pubblicati 1.909 articoli che contenevano riferimenti alle gang giovanili o baby gang, mentre in tutto il 2021 gli articoli su questo argomento erano stati 1.249 e nel 2020 741.
«La nostra ricerca», spiega Marco Dugato, che ne è autore assieme a Edoardo Villa e Ernesto U. Savona, «parte proprio dalla definizione stessa di gang giovanile. Abbiamo diviso questi gruppi in quattro categorie». Secondo la ricerca di Transcrime, parlando di gang giovanili bisogna distinguere tra gruppi cosiddetti informali, privi di una struttura definita, gruppi che si ispirano o hanno legami con organizzazioni criminali italiane, gruppi che si ispirano a gang estere e infine gruppi ben definiti ma che non hanno riferimenti a gruppi criminali italiani o stranieri.
Le cosiddette baby gang sono composte di solito da meno di dieci ragazzi, con un’età media tra i 15 e i 17 anni. Quelle con membri prevalentemente di origine straniera, di prima o seconda generazione, che sono comunque una minoranza nella statistica generale, sono per lo più nel Nord Italia, mentre al Sud sono più numerose le bande composte da italiani, provenienti da situazioni socioeconomiche di disagio e marginalità.
Secondo le forze di polizia e gli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni (USSM), i fattori principali per riconoscere una gang giovanile sono la ripetitività dei reati commessi, cioè il fatto che il gruppo agisca stabilmente nel tempo, la gravità dei reati, l’attività sui social network e il fatto che la banda tenti di esercitare un controllo sul territorio.
Secondo i dati forniti dalle questure e dai comandi dei carabinieri, le gang giovanili sono presenti in quasi tutta Italia, e in circa metà delle zone considerate, prevalentemente al Nord, il fenomeno è in aumento. Secondo le USSM la regione del Nord in cui l’aumento è stato più marcato è l’Emilia-Romagna, mentre al Sud il numero di segnalazioni di gang giovanili è cresciuto di più in Puglia. «La presenza di gang giovanili», dice ancora Dugato, «non riguarda solo le grandi città ma è generale, in tutta Italia. Inoltre, non è un fenomeno che coinvolge esclusivamente l’Italia ma è stato riscontrato in tutta Europa».
Secondo i dati delle questure e dei comandi provinciali dei carabinieri, la grande maggioranza dei gruppi è coinvolta in risse, percosse o lesioni (73%), atti di bullismo (51%), disturbo della quiete pubblica (50%), atti vandalici (44%), furti e rapine in pubblica via (40%). Minore è il coinvolgimento nello spaccio di stupefacenti (21%), in furti e rapine a esercizi commerciali (16%), in estorsioni (9%).
Quanto alle quattro tipologie in cui vengono divise le gang, quelle del primo tipo, e cioè come li definisce Marco Dugato i «gruppi più informali», sono le più presenti in Italia. Sono gruppi composti prevalentemente da giovani italiani, meno di uno su tre è composto da ragazzi di origine straniera e i membri sono spesso meno di dieci. La quasi totalità di questi gruppi è coinvolta in risse, percosse e lesioni; un terzo dei gruppi è coinvolto in furti e rapine in pubblica via, spesso a danno di coetanei; quasi un gruppo su tre compie atti di bullismo.
Anche se non hanno una struttura ben definita e quindi gerarchica, spesso queste bande si danno dei nomi. A Milano, per esempio, sono segnalate la Z4, una decina di ragazzi tra gli 11 e i 17 anni che agiscono soprattutto con furti a coetanei nella zona tra Calvairate e Corvetto, e la Ripamonti M5. A Torino c’è la “gang di Sant’Ottavio”, a Verona la QBR (Quartiere Borgo Roma) e la USK. A Modena è segnalata la Daisan 216. A Trieste c’è un gruppo che si fa chiamare “gang del kalashnikov”, a Cosenza la STM (Siamo Tutti Mafiosi), a Roma, nella zona di viale Marconi, la “Arundo gang”. A Roma Nord è presente un gruppo chiamato La17, mentre La18 è di Roma Sud. Tra le gang informali segnalate dalla ricerca di Transcrime viene citata la Casanova di Bolzano (è il nome di un quartiere), anomala perché composta da soli minori di 14 anni.
I gruppi che si ispirano a organizzazioni criminali sono molto meno numerosi. La nascita di questo tipo di gang è legata, spiega la ricerca, «al desiderio di accrescere il proprio status criminale con l’auspicio di entrare a far parte dell’organizzazione criminale». Un esempio è la cosiddetta “paranza dei bambini”, legata prevalentemente al clan camorristico Sibillo di Napoli. Il gruppo, raccontato anche in un libro di Roberto Saviano e poi in un film, era composto prevalentemente da minori ed era guidato da Emanuele Sibillo, ucciso nel 2015 quando aveva 20 anni da un clan rivale. Dalla sua morte i membri del clan esibiscono tatuaggi con la sigla ES17 (le sue iniziali e il riferimento alla diciassettesima lettera dell’alfabeto, la S). Per lui era anche stato costruito un altarino in vico Santi Filippo e Giacomo, a Napoli, con le sue ceneri e un busto, poi rimosso dai carabinieri. Ci sono stati casi di commercianti che non avevano pagato il pizzo costretti a inginocchiarsi davanti a quel busto.
Un altro caso di banda giovanile ispirata alla criminalità organizzata è stato segnalato a Vibo Valentia, in Calabria, dove un gruppo di ragazzi minorenni accusati di furti in appartamenti, ricettazione e spaccio di cocaina si faceva chiamare la Nuova Banda della Magliana. È l’unico caso noto di gang giovanile ispirata a un gruppo criminale non più esistente. Un’altra gang giovanile collegata a una ’ndrina (un nucleo della ’ndrangheta) è stata segnalata a Cirò, in provincia di Crotone, mentre a Milano una baby gang sarebbe collegata alla ’ndrina Di Giovine-Serraino di Reggio Calabria. Le gang giovanili che si rifanno a gruppi della criminalità organizzata hanno una forte gerarchia interna, hanno cioè dei capi riconosciuti, e sono attive soprattutto nello spaccio di stupefacenti e nelle estorsioni. Sono caratterizzate dalla forte ripetitività dei reati commessi e dal tentativo di controllo del territorio.
Il terzo gruppo è quello delle gang che si ispirano a gruppi criminali stranieri come le maras e le pandillas, presenti in Sudamerica e negli Stati Uniti, le confraternite nigeriane o i gruppi delle banlieue parigine. Erano molto presenti e attive nei primi anni Duemila, poi le attività di polizia ne hanno ridotto la pericolosità. Sono comunque ancora presenti soprattutto nel Nord e Centro Italia, prevalentemente nelle province di Milano, Modena, Reggio Emilia e Sassari e, in misura minore, anche in quelle di Cremona, Genova, La Spezia, Arezzo, Ancona e Roma. Sono caratterizzate da una forte gerarchia e dalla presenza di simboli distintivi.
A Milano un gruppo di minorenni, di origine sudamericana, si presentava come appartenente alla MS13, o Mara Salvatrucha, un’organizzazione criminale nata a Los Angeles e che poi si è espansa in Centro e Sudamerica ma anche in alcune zone d’Europa. I componenti della gang giovanile sono numerosi, sia maschi che femmine tra i 14 e i 17 anni. Sempre a Milano, nella zona della Barona, c’è la Barrio Banlieue: i suoi membri sono accusati soprattutto di reati come aggressioni o risse. Le loro azioni vengono spesso rivendicate sui social network, quasi sempre in lingua francese. Il gruppo sarebbe collegato a gruppi analoghi presenti nelle banlieue francesi.
A Genova un gruppo di ragazzi di origine albanese si fa chiamare HB, Hellbanianz, e cioè “albanesi infernali”, come un gruppo criminale di adulti attivo in tutta Europa nel traffico di cocaina. In Sardegna, a Sassari, gruppi di minorenni nigeriani hanno preso i nomi delle confraternite nate nel loro paese e poi esportate anche in Europa, Italia compresa: Black Axe, Maphite, Vikings.
I gruppi di questo tipo sono prevalentemente composti da molti membri e sono segnalati per risse, lesioni, percosse e disturbo della quiete pubblica. Solo un gruppo su tre è coinvolto nello spaccio di stupefacenti e in furti e rapine nella pubblica via.
Infine, il quarto gruppo è quello di gang giovanili più strutturate e organizzate, specializzate in reati specifici ma non legate a organizzazioni criminali di adulti anche se sono presenti in zone del paese dove è più forte la presenza della criminalità organizzata. La maggioranza di questi gruppi compie furti e rapine in esercizi commerciali; la metà effettua anche rapine nella pubblica via ed è attiva nello spaccio di stupefacenti.
Tra le bande di questo tipo segnalate nella ricerca di Transcrime ci sono la 20061 e la 20147 di Milano (codici di avviamento postale), la CCSQD di Terni, un’abbreviazione di “cicciare” (cioè rubare) e “squadra”, e la banda di Paternò (Catania). Sono bande prevalentemente composte da italiani, tra i 14 e i 17 anni, prive di simboli e non interessate a pubblicizzare le loro azioni.