Cos’è Webboh, «la Novella 2000 del tremila»
Un sito si è costruito un pubblico notevole raccontando agli adolescenti notizie e retroscena su influencer e creatori di contenuti dei social
di Viola Stefanello
Ormai da qualche anno moltissime persone diventate famose su piattaforme digitali come Instagram, YouTube, TikTok o Twitch godono di una fama comparabile a quella delle grandi celebrità. E proprio come le grandi celebrità, da qualche anno anche i personaggi del web devono fare i conti con un sito italiano che segue attentamente le loro vite, e che condivide informazioni e pettegolezzi sulle loro relazioni sentimentali, le loro amicizie, la loro quotidianità. Si chiama Webboh, si divide tra un sito Internet, una pagina Instagram e un profilo su TikTok, e tra gli adolescenti è percepita non solo come una fonte di informazione un po’ frivola, ma anche come una comunità a cui affidare i propri pensieri e le proprie preoccupazioni.
Negli ultimi anni in Italia sono state fondate diverse testate che si prefissano di fare informazione su Instagram e TikTok, cercando di intercettare l’attenzione della cosiddetta generazione Z, nella quale rientrano i giovani nati approssimativamente tra la seconda metà degli anni Novanta e i primi anni Duemila, che si informa sui social molto più delle altre generazioni. Webboh, però, si distingue perché tratta quasi esclusivamente di un tema molto specifico: articoli su youtuber, tiktoker, persone che fanno streaming su Twitch e altri creatori di contenuti più o meno famosi, sia italiani che internazionali.
La maggior parte dei contenuti proposti da Webboh rientra nella categoria “gossip”: sul sito, che secondo la testata che si occupa di editoria Primaonline conta in media 2 milioni di utenti unici al mese, ogni giorno si trovano decine di brevi articoli, dal riassunto di una lite pubblica tra due influencer all’articolo che ipotizza che due tiktoker siano tornate a essere amiche a partire dal commento a un video. I personaggi che attirano più attenzione cambiano continuamente a seconda delle mode e del periodo, ma hanno quasi tutti una cosa in comune: devono la propria fama ai social network. Talvolta su Webboh appaiono brevi interviste originali ai creator, ma nella maggior parte dei casi le fonti principali sono i post e i video dei personaggi stessi.
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«L’abbiamo aperto perché ci siamo resi conto che nel mondo della comunicazione tradizionale c’era uno spazio lasciato vuoto» spiega il trentenne Giulio Pasqui, che ha fondato Webboh nel 2o19 insieme ai soci Ivan Buratti e Diego Odello, conosciuti anni prima nella redazione di Blogo, una testata digitale che si occupa principalmente di cultura pop. «Mi ricordo che cercavo informazioni su youtuber e vari personaggi che cominciavano a diventare molto rilevanti e a creare discussioni online, ma cercando su Google non trovavo risposte, e quindi abbiamo riempito quel vuoto».
Webboh si prefigge apertamente di parlare soprattutto alla generazione Z e quindi finisce per trattare spesso anche di temi che stanno particolarmente a cuore agli adolescenti: il bullismo, le questioni di salute mentale, l’accettazione di sé, la scuola. Una sezione, intitolata “Cosa significa?”, afferma di voler «spiegare ai boomer [un termine del gergo di internet con cui di solito si indicano genericamente le persone sopra i 50 anni circa, ndr] i significati delle parole che le nuove generazioni usano quotidianamente e ai giovani le parole che fanno parte del parlare comune, perché diventate virali grazie ad un trend su TikTok o ad un hashtag usato su Instagram o Twitter».
Nella maggior parte dei casi, comunque, chi legge Webboh non lo fa dal sito: i canali principali sono Instagram, dove ha 1,3 milioni di follower, e TikTok, dove ne ha oltre 786 mila. L’estetica del profilo Instagram è appariscente quanto la copertina di un tabloid: i titoli sono scritti a lettere cubitali, in rosso, e spesso attirano l’attenzione per i toni sensazionalistici con cui parlano di vicende futili e di rilevanza microscopica, tipici delle testate che fanno clickbaiting su internet. «Questo The North Face…è viola o è blu? Scoppia il dramma del giubbino», «Perde i capelli per la piastra…e va virale su TikTok» o «Non sai come conquistare crush? Prova con lo smalto rosso!», solo per citare alcuni degli ultimi.
Il linguaggio è semplice, spesso ripetitivo, ma con una certa attenzione all’inclusività: dove è possibile, Webboh ha scelto di usare un asterisco per declinare le parole, una delle soluzioni proposte per non usare il maschile sovraesteso. Le descrizioni dei post sono colme di emoji, di piccole riflessioni personali dell’autore o dell’autrice, di inviti a commentare o a raccontare la propria esperienza. Nella maggior parte dei post appare l’illustrazione del volto di una ragazza con i capelli biondi dalle punta rosa, le lentiggini e l’apparecchio ai denti: è “Miss Webboh”, personaggio di fantasia dietro a cui si nascondono i vari collaboratori.
Oggi la squadra di Webboh – che più che un giornale si definisce «un progetto nativo digitale che ha la priorità di dare voce alla community, tramutando le segnalazioni in contenuti verificati e fruibili facilmente» – è composta da una quindicina di persone tra i 17 e i 24 anni. Molti collaborano mentre completano gli studi universitari, tutti lavorano da remoto e si confrontano sui temi da trattare principalmente su WhatsApp. Nella maggior parte dei casi sono i follower a segnalare loro le storie che trovano più interessanti, inviando link e screenshot nei messaggi privati di Instagram. Le notizie verificabili – ovvero quelle a cui è possibile allegare un video, una foto, uno screenshot – possono trasformarsi in articoli, mentre le “soffiate” di cui non si è ancora certi finiscono nella rubrica “segnalati da voi”, su Instagram.
«Cerchiamo di rispondere sempre dal primo all’ultimo messaggio privato, perché per noi è fondamentale sia capire l’andamento dei gusti della community, sia capire quali sono i temi che effettivamente più li interessano», dice Pasqui. «Con loro abbiamo creato un rapporto quasi d’amicizia: si confidano, ci raccontano i loro segreti, ci chiedono di aiutarli su alcuni aspetti. In alcuni casi abbiamo messo in contatto dei ragazzi con il Telefono Azzurro o con delle onlus che si occupano di bullismo».
Sotto ai post pubblicati da Webboh su Instagram, questo senso di comunità è evidente. A gennaio, per esempio, il sito ha condiviso la storia di una delle proprie follower che raccontava anonimamente di aver subito bullismo per anni: nella sezione commenti c’è un invito del Centro nazionale contro il bullismo che invita chiunque abbia ne bisogno a contattarli, ma anche decine di testimonianze di altri giovani che hanno avuto esperienze simili e che invitano la ragazza a non sentirsi sola.
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La formula funziona molto bene anche da un punto di vista commerciale: da mesi Webboh è al quinto posto nella classifica dei media italiani che ottengono più interazioni e visualizzazioni sui social network formulata dalla società di consulenza Sensemakers e da Primaonline, davanti a Repubblica, Corriere della Sera e Netflix. La maggior parte dei fondi provengono da attività di influencer marketing, ovvero collaborando con aziende che vogliono indirizzare la propria pubblicità alle generazioni più giovani. Nel 2021, la società Giochi Preziosi ha prodotto un’agenda scolastica curata da Webboh. Le copie stampate sono state esaurite nell’arco di tre settimane, e alcune sono state rivendute a prezzi molto più alti online.
A novembre Webboh è stato acquistato dal gruppo editoriale Mondadori, uno dei principali conglomerati mediatici italiani. E per la settimana del Festival di Sanremo collabora con la rivista TV Sorrisi e Canzoni, che ha allestito una “Webboh Room” per intervistare i cantanti più giovani in gara e gli influencer che assistono al festival. Non è il primo grosso evento a cui partecipa la squadra: negli ultimi due anni Webboh ha organizzato vari eventi a cui hanno partecipato giovani cantanti e creatori di contenuti. I biglietti per il primo, organizzato a Mirandola in provincia di Modena, sono andati esauriti in 48 ore: da lì hanno deciso di organizzarne altri a Milano, Roma, Bologna e Firenze.
«Si tratta di un interessante esperimento editoriale perché unisce canoni antichi a linguaggi nuovi. Potremmo definirla, scherzosamente, la Novella 2000 del tremila», dice Valerio Bassan, che scrive del futuro dei media nella newsletter Ellissi. «Sono riusciti a colmare un buco raccontando la creator economy [cioè il sistema e l’economia che gira attorno ai creatori di contenuti sui social, ndr] senza pregiudizi né condiscendenza. E funziona, soprattutto a livello di coinvolgimento della community nel processo editoriale: non di rado capita di vedere i creator citati che commentano in prima persona sotto ai post di Instagram, e questo è un ottimo segnale. Significa che il progetto gode di una buona credibilità presso il proprio pubblico».
Questa credibilità porta con sé anche un certo grado di responsabilità di cui i fondatori sono consapevoli. Webboh non segue pedissequamente l’attualità, ma in passato ha comunque parlato di temi apparentemente estranei al proprio brand: i talebani in Afghanistan, le novità sulla didattica a distanza, l’invasione russa dell’Ucraina.
«L’abbiamo sempre fatto perché ci veniva chiesto dagli utenti, (…) perché stava diventando un trend su TikTok, e quindi tanti ragazzi – vedendo questi video – non capivano cosa stesse succedendo. Molti ci scrivevano preoccupati dicendoci “Ti prego Webboh, puoi spiegarmi cosa succede? Non ci dormo la notte”», ha raccontato Pasqui in un’intervista a zio, una newsletter che racconta le abitudini digitali della generazione Z. «Sono giovanissimi: non guardano il tg, non leggono il Corriere. E specie con la questione ucraina, vedevano magari questi video coi carri armati e le bombe e venivano a chiedere a noi cosa stesse succedendo. Alla fine, con il dovuto rispetto, abbiamo affrontato un argomento distante da noi rendendolo uno dei post più apprezzati».