Cosa rende l’area tra Turchia e Siria così esposta ai terremoti

C'entrano i movimenti della placca araba verso quella anatolica e una lunga faglia nella zona

Harem, Idlib, Siria (AP Photo/Ghaith Alsayed)
Harem, Idlib, Siria (AP Photo/Ghaith Alsayed)
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Il forte terremoto di magnitudo 7.8 di lunedì 6 febbraio tra Turchia e Siria, che ha causato oltre duemila morti, si è verificato in una zona con una forte pericolosità sismica, dovuta ai movimenti che interessano la placca anatolica, che comprende il territorio turco, la placca araba, dove si trova buona parte della Siria, e la placca africana. Al forte terremoto delle 2:17 (ora italiana) sono seguiti numerosi altri eventi sismici (“repliche”), compresa una nuova forte scossa alle 11:24 di magnitudo 7.5; altre repliche hanno avuto magnitudo superiore a 6, complicando ulteriormente il già difficile lavoro dei soccorritori in un’area molto ampia.

I terremoti sono la manifestazione più evidente delle caratteristiche interne del nostro pianeta, che lo rendono molto più turbolento di quanto immaginiamo. La crosta terrestre – l’involucro su cui viviamo – unita alla parte più esterna del mantello superiore (che si trova subito sotto) costituisce la litosfera. Questa, secondo la teoria più affermata e condivisa, è divisa in placche che si muovono allontanandosi e avvicinandosi l’una all’altra, con punti di scorrimento lungo i loro margini. E proprio in prossimità di queste aree si formano le faglie, fratture che vanno in profondità nel terreno dovute allo spostamento relativo fra i due blocchi contrapposti.

Possiamo immaginare le faglie come piani che indicano dove la crosta è più debole, e di conseguenza più esposta alla possibilità che rilasci l’energia che si è accumulata con il movimento di due o più placche. Chi studia i terremoti, cioè i sismologi, può fare affidamento sulle grandi quantità di dati e informazioni raccolte negli anni sulle faglie in giro per il mondo, che possono essere studiate per comprendere quali aree siano più o meno esposte ai terremoti (prevedere esattamente quando avverrà un terremoto, a oggi, è impossibile). Si dice che una faglia si è attivata quando si verificano eventi sismici lungo una faglia già nota, altrimenti si parla di nuova faglia.

(Zanichelli)

Il terremoto in Turchia è avvenuto in corrispondenza di quella che viene definita una “tripla giunzione”, cioè un punto dove si incontrano i margini di tre placche tettoniche. Da milioni di anni, la placca araba si sta spostando verso nord, spingendo contro la placca euroasiatica, che come suggerisce il nome comprende l’Europa e buona parte dell’Asia. Questo e altri movimenti fanno sì che la placca anatolica, dove si trova la Turchia, tenda a spostarsi verso sud-ovest (sostanzialmente in senso antiorario guardando la mappa qui sotto).

Questi e altri processi hanno determinato nel tempo la formazione della faglia anatolica orientale, che possiamo immaginare come una lunga linea che periodicamente rilascia l’energia accumulata dalle forti tensioni derivanti soprattutto dallo spostamento della placca araba verso nord. Un’altra faglia coinvolta nel processo è la faglia del Mar Morto, più a sud.

(Wikimedia)

Sulla base dei dati raccolti finora, a partire dalla magnitudo del terremoto, secondo l’Istituto di geofisica e vulcanologia italiano la rottura che ha portato al rilascio di energia (e quindi alla scossa) ha interessato un segmento della faglia lungo quasi 200 chilometri, una stima in linea con l’attivazione in aree di svariate centinaia di chilometri quadrati tipica di eventi sismici di questo tipo. La presenza di città di dimensioni medio-grandi e con edifici non sempre costruiti con criteri antisismici ha determinato la grande quantità di danni e di morti segnalati dalle autorità locali e dai soccorritori.

L’area del terremoto è sismicamente attiva e negli ultimi 50 anni aveva fatto registrare tre terremoti con magnitudo uguale o superiore a 6, entro un raggio di 250 chilometri dalla zona in cui si è verificata la scossa più forte di oggi. Tre anni fa, il 24 gennaio, si era verificato un terremoto di magnitudo 6.7 sempre riconducibile alla faglia anatolica orientale.

Proprio per le caratteristiche geologiche, Siria settentrionale e Turchia meridionale sono state interessate in passato da terremoti piuttosto forti, come ricostruito sulla base delle cronache d’epoca. Nel 1513 ce ne fu uno particolarmente distruttivo con una magnitudo, secondo le ricostruzioni, valutabile intorno a 7.4, e nel 1114 uno di magnitudo 6.9. Nel 1822, il terremoto di Aleppo in Siria fu di magnitudo 7.4 e con una successiva epidemia di colera e di peste fu tra le cause del forte declino della città nel diciannovesimo secolo.