L’aggressione degli ultras serbi a quelli romanisti
È stato un agguato “per procura”, legato al gemellaggio tra la tifoseria organizzata della Stella Rossa e quella del Napoli
Sabato sera, dopo la partita di Serie A tra Roma ed Empoli giocata allo Stadio Olimpico, un gruppo di tifosi della curva sud, quella degli ultras romanisti, è stato aggredito da una cinquantina di persone vestite di nero e armate di bastoni. Secondo le ricostruzioni della stampa e le testimonianze, gli aggressori erano serbi, appartenenti alla tifoseria ultras della Crvena Zvezda, la Stella Rossa di Belgrado. Il gruppo si chiama “Delije”, Eroi, ed è una delle tifoserie ultras più violente d’Europa, alleata alla tifoseria organizzata del Napoli. Il motivo dell’attacco, con ogni evidenza, è legato proprio al gemellaggio tra i due gruppi ultras.
In sostanza, sembra assodato che gli ultras serbi abbiano aggredito i romanisti “per procura”, come prosecuzione degli scontri avvenuti l’8 gennaio scorso nell’area di servizio di Badia al Pino, sull’autostrada A1, quando si affrontarono violentemente ultras napoletani e romanisti. Gemellaggi come quello tra ultras del Napoli e della Stella Rossa sono molto comuni tra le tifoserie organizzate europee, e non è raro che gli scontri coinvolgano gruppi di paesi diversi proprio in virtù di queste alleanze: di solito però accadono in concomitanza di trasferte o scontri diretti tra le squadre, e non in modo così pianificato.
Quello avvenuto sabato è l’ennesimo episodio della lunga serie di scontri tra ultras del Napoli e della Roma. Il più noto e violento risale al 3 maggio 2014, prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, quando il tifoso napoletano Ciro Esposito fu colpito da un proiettile sparato da un tifoso romanista, Daniele De Santis, nel corso di scontri tra i gruppi delle due tifoserie. Morì 53 giorni dopo. De Santis è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere.
Gli ultras serbi erano in Italia per assistere alla partita di basket di Eurolega tra l’Olimpia Milano e la Stella Rossa, che si è tenuta a Milano giovedì. Il giorno dopo si sarebbero spostati a Roma proprio per preparare l’aggressione. L’attacco è avvenuto vicino a piazza Mancini, non lontano dallo Stadio Olimpico. I tifosi romanisti, appartenenti al gruppo Fedayn, erano meno numerosi.
Negli scontri i tifosi serbi hanno rubato borsoni con alcuni striscioni, considerati, nel mondo ultras, una sorta di “bottino di guerra”. Si tratterebbe di due striscioni dal grande valore simbolico: uno è quello storico dei Fedayn, l’altro quello della Brigata Roberto Rulli. Roberto Rulli nel 1972 fondò i Fedayn, gruppo allora composto da giovani di sinistra in gran parte provenienti dal quartiere Quadraro-Cinecittà, posizionato sul muretto 17 della curva Sud. Rulli morì nel 1990. Il furto dello striscione che porta il suo nome, nella logica ultras, è considerato un fatto gravissimo e, per chi lo ha subito, il segno di una sconfitta umiliante.
Un account di ultras cechi ha poi raccontato l’aggressione su Twitter:
30-40 Delije (Stella Rossa) hanno attaccato 50-60 romanisti. Per due o tre volte i romanisti hanno corso e sono stati ripresi e accerchiati, abbiamo raggiunto i Fedayn e preso tanti striscioni. Fine della storia, Roma
Il gemellaggio tra gli ultras serbi e quelli napoletani della Curva B è storico: il 19 novembre del 2018, quando allo stadio Diego Armando Maradona (allora San Paolo) si giocò la partita di Champions League tra Napoli e Stella Rossa, i capi della tifoseria ospite guardarono la partita proprio nella curva degli ultras napoletani. È il segno, tra gli ultras, di un’amicizia forte e riconosciuta. Entrambe le tifoserie sono inoltre alleate della tifoseria organizzata dell’Olympiakos Pireo, la Gate 7, tanto che in curva al Marakana, lo stadio di Belgrado dove gioca la Stella Rossa, sono sempre esposte bandiere della squadra greca.
I tifosi romanisti sono invece gemellati con quelli del Panathinaikos, altra squadra greca, rivali per eccellenza dell’Olympiakos. Ma soprattutto gli ultras della Roma sono gemellati con i croati della Dinamo Zagabria, nemici storici, per motivi ovviamente non solo calcistici ma legati anche alle tensioni etniche tra i popoli dell’ex Jugoslavia, di quelli serbi della Stella Rossa.
I tifosi della Stella Rossa sono conosciuti come tra i più violenti d’Europa. Erano prevalentemente della tifoseria organizzata della Stella Rossa gli ultras serbi che il 12 ottobre 2010 bloccarono la partita tra Italia e Serbia allo stadio Ferraris di Genova. A guidarli era Ivan Bogdanov, detto Coi, allora ventinovenne, che fu poi arrestato.
Molti tra gli appartenenti alla tifoseria della Stella Rossa, nonostante il nome e i colori della squadra ricordino la tradizione comunista jugoslava, sono esponenti di formazioni politiche di estrema destra. Ma d’altra parte sono dichiaratamente fasciste e ultranazionaliste quasi tutte le tifoserie serbe: nei primi anni Novanta molti ultras della Stella Rossa fecero parte delle milizie nazionaliste serbe impegnate nelle guerre jugoslave.
Prima dello scoppio della guerra serbo-croata, che cominciò il 31 marzo 1991, ci fu un preludio calcistico avvenuto il 13 maggio 1990 in occasione della partita tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa allo stadio Maksimir: in quel caso gli scontri tra le due tifoserie coinvolsero anche i giocatori in campo e durarono ore.
Il più celebre dei tifosi della Stella Rossa fu Zeljko Raznatovic, detto Arkan (sembra che il soprannome derivi dal nome di una tigre protagonista di un fumetto di cui era appassionato da bambino), comandante di una formazione paramilitare nota come “le Tigri”. Come comandante militare fu responsabile di numerosi eccidi in Croazia e in Bosnia, e il suo gruppo partecipò anche al massacro di Srebrenica. Dopo la guerra Raznatovic fu incriminato dal tribunale internazionale dell’Aja. Venne ucciso il 15 gennaio 2000 in un agguato nella hall di un albergo di Belgrado.
Gli attuali ultras della Stella Rossa sono di una nuova generazione, cresciuti comunque nel mito di Arkan e del nazionalismo serbo. Quello che è avvenuto sabato a Roma è un precedente che ha provocato discussioni e prese di posizione tra le tifoserie ultras. I primi a prendere posizione sono stati i gruppi della curva nord dell’Inter, nemici sia dei romanisti che dei napoletani.
Gli interisti hanno scritto un comunicato secondo cui, in sostanza, l’agguato rappresenta una violazione di un presunto “codice d’onore” tra ultras: «Se è vero che non esistono regole scritte nel nostro mondo, a nostro avviso le dinamiche di rivalità devono consumarsi faccia a faccia e non con atti indegni seppure coordinati tra più persone». «Ci sembra doveroso condannare questa deriva dei comportamenti ultras senza senso e che può pericolosamente spostare gli equilibri delle dinamiche legate alle rivalità» dice il comunicato degli ultras interisti, che si augurano «che questo precedente non stimoli emulazioni che, lo ripetiamo, col mondo ultras nel quale siamo cresciuti non ha niente a che fare».
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