Il centro della Terra è più bizzarro del previsto

Una nuova ricerca basata sull’analisi dei terremoti ipotizza che abbia cambiato velocità, ma non tutti sono convinti

(Elaborazione grafica da un'immagine della Terra della NASA)
(Elaborazione grafica da un'immagine della Terra della NASA)
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Al centro della Terra, a circa cinquemila chilometri sotto i nostri piedi, c’è una sfera grande più o meno quanto Plutone, il pianeta nano in orbita in una remota area del sistema solare. È il nucleo interno terrestre, una grande palla di circa 2.400 chilometri di diametro che si pensa sia costituita principalmente di ferro, a una temperatura di oltre 5.400 °C e ad altissima pressione. È lo strato più sfuggente e misterioso della struttura interna del nostro pianeta e secondo una nuova ricerca, da poco pubblicata e molto discussa, si starebbe comportando in modo ancora più bizzarro del previsto.

Secondo le ipotesi più condivise, il nucleo interno gira più velocemente del resto della Terra e ciò è uno dei fattori che contribuiscono alla formazione del campo magnetico che avvolge il nostro pianeta, e che lo protegge dalle radiazioni dannose del Sole. Il nuovo studio, pubblicato da poco sulla rivista scientifica Nature Geoscience, mette in dubbio parte di questo assunto segnalando come qualche anno fa il nucleo interno abbia smesso di girare a una velocità maggiore rispetto al resto del pianeta. Non è molto chiaro perché né quali potrebbero essere le conseguenze, e anche per questo motivo diversi altri esperti hanno messo in dubbio i risultati della nuova ricerca, a dimostrazione di quanto siano ancora dibattute e misteriose le caratteristiche degli strati terrestri più profondi.

Conduciamo l’intera nostra esistenza sulla crosta, lo strato più esterno della Terra, con uno spessore variabile tra i 4 e gli 80 chilometri, pochissimo se consideriamo che l’intero pianeta ha un diametro medio di oltre 12.740 chilometri (non è una sfera perfetta). Superato questo involucro roccioso, incontriamo il mantello, lo strato più spesso di tutti che raggiunge una profondità di quasi 3mila chilometri. È costituito da rocce magmatiche (ultrafemiche), è per lo più solido e nella sua parte più profonda è a contatto con il nucleo terrestre. La parte esterna del nucleo è formata per lo più da ferro fuso, mentre quella interna da materiale ferroso solido e malleabile.

(Zanichelli)

Nonostante le immaginifiche pagine scritte da Jules Verne, non potendo viaggiare direttamente al centro della Terra ci dobbiamo accontentare di segnali indiretti per provare a ricostruire le caratteristiche interne del pianeta. L’analisi delle onde sismiche e di come queste si propagano da una parte all’altra della Terra si sono rivelate tra gli indicatori ideali per farlo, già dall’inizio del Novecento.

Fu proprio studiando il comportamento di alcuni tipi di onde sismiche che nel 1936 fu scoperto il nucleo interno. Invece di propagarsi come atteso in una sfera con densità omogenea, le onde seguono percorsi vari a indicazione della presenza di strati a grande profondità fatti molto diversamente tra loro. Il cambiamento della velocità di propagazione delle onde fornì elementi importanti per ipotizzare e valutare la presenza del nucleo terrestre. Negli anni, analisi e modelli matematici portarono a ipotizzare che al centro della Terra ci sia una sfera fatta per lo più di ferro, il nucleo interno appunto, racchiusa da un involucro di ferro liquido e altri metalli, cioè il nucleo esterno.

A differenza di altri tipi di onde sismiche, le onde P riescono ad attraversare il nucleo interno, se analizzate possono offrire dettagli sulle sue caratteristiche (Zanichelli)

L’ipotesi è che il materiale fuso abbia densità diverse a seconda delle profondità in cui si trova, dove variano temperatura e pressione, facendo sì che si sviluppino correnti che lo fanno muovere (moti convettivi). Il modello della “geodinamo” ipotizza che sia questo movimento alla base del campo geomagnetico.

Intorno alla metà degli anni Novanta, questa possibilità interessò molto il geofisico Xiaodong Song, all’epoca alla Columbia University (New York). Song studiò oltre trent’anni di dati sui terremoti che si erano verificati in specifiche aree del pianeta, analizzando il modo in cui le loro onde sismiche si erano propagate attraverso i vari strati terrestri. Insieme a un collega, pubblicò uno studio nel 1996 nel quale offriva nuovi elementi a conferma delle ipotesi sulla velocità di rotazione del nucleo interno. Trovandosi immerso in uno strato liquido, si ritiene infatti che il nucleo interno sia in un certo senso scollegato dal resto del pianeta e possa quindi girare a una velocità di poco maggiore.

Con l’affinarsi delle tecniche di rilevazione delle onde sismiche e la produzione di modelli più accurati, vari gruppi di ricerca misero in dubbio almeno parzialmente il lavoro di Song. Alcuni negarono completamente l’eventualità, altri stimarono una velocità di rotazione del nucleo inferiore a quanto prospettato a metà anni Novanta, mentre altri ancora ipotizzarono che la differenza di velocità fosse presente solo in particolari periodi e non continuativamente.

Nel 2022 un gruppo di ricerca pubblicò uno studio basato sulle rilevazioni sismiche effettuate dopo alcuni test nucleari condotti dagli Stati Uniti tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta. Sulla base di quei dati, gli autori conclusero che all’epoca il nucleo interno stesse girando su se stesso a una velocità inferiore rispetto a quella del mantello, e che sarebbe tornato a girare a velocità maggiori solo qualche anno dopo. Lo studio sembrava confermare le ipotesi sull’instabilità dei movimenti del nucleo interno sollevate da altre ricerche.

Nel nuovo studio, da poco pubblicato, Song e il suo collega Yi Yang dicono che il nucleo interno ha smesso di girare a una velocità diversa da quella del mantello. Le conclusioni sono basate sui dati raccolti tra la seconda metà degli anni Novanta e il 2021, con vari indicatori che suggeriscono che la rotazione a una velocità maggiore si sia interrotta intorno al 2009. Non è chiaro che cosa abbia determinato questo rallentamento, anche se Song e Yang ipotizzano che sia dovuto all’inizio di una nuova fase che porterà il nucleo interno a ruotare più lentamente del mantello, come era già avvenuto tra gli anni Sessanta e Settanta, secondo le ipotesi dello stesso Song nella ricerca precedente.

Non tutti sono però convinti dalle conclusioni della nuova ricerca, che riconosce comunque la necessità di raccogliere ulteriori dati osservando la propagazione delle onde sismiche con i prossimi terremoti. Una conferma di un andamento discontinuo nella velocità del nucleo interno potrebbe aiutare i gruppi di ricerca a comprendere meglio alcuni fenomeni legati al nostro pianeta, a partire dalle oscillazioni nel campo magnetico terrestre e nella diversa durata di una rotazione completa, che fa sì che i giorni non siano esattamente della lunghezza di 24 ore.