Un’altra giornata di grandi scioperi in Francia
È stata organizzata ancora contro la contestata riforma delle pensioni, il giorno dopo l'inizio della sua discussione in parlamento
In molte città della Francia è in corso un’altra giornata di grandi proteste e scioperi contro la riforma delle pensioni, dopo quelle che erano già state organizzate lo scorso 19 gennaio. In tutto il paese sono state organizzate 250 diverse manifestazioni, dopo che lunedì è iniziata in parlamento la discussione della legge contestata: il principale provvedimento della legge, e quello che ha creato più malcontento, prevede l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni.
L’obiettivo che si sono posti gli organizzatori delle manifestazioni è di superare la partecipazione del 19 gennaio, anche se sarà molto difficile: in quel caso avevano partecipato 1,12 milioni di persone secondo le autorità e oltre 2 milioni per gli organizzatori. Ci sono però città in cui è già stata registrata una maggiore presenza di persone dell’ultima volta: a Marsiglia per esempio ce ne sono 40mila, secondo la prefettura, che il 19 gennaio ne aveva rilevate 26mila (i numeri dati dai sindacati invece sono molto più alti).
Associated Press ha raccontato che si protesta persino nella piccolissima isola di Ouessant, di poche centinaia di abitanti, nel nord-ovest della Francia al largo della Bretagna: circa cento persone si sono riunite in un corteo davanti all’ufficio del sindaco.
È ancora difficile fare un bilancio preciso dei molti disagi causati dagli scioperi, ma alcuni sono già evidenti: la Società nazionale delle ferrovie (SNCF) aveva annunciato dai giorni precedenti cancellazioni su tutta la linea, consigliando ai passeggeri di rinviare i viaggi che avevano in programma e ai pendolari di lavorare da casa, se potevano. La CGT, una delle più grandi confederazioni sindacali del paese, ha annunciato tra il 75 e il 100 per cento di scioperanti nelle raffinerie e nei distributori della compagnia petrolifera TotalEnergies. Électricité de France (EDF), la principale azienda che produce e distribuisce energia nel paese, ha annunciato che sono in sciopero poco più del 40 per cento dei suoi dipendenti (erano stati il 44,5 per cento il 19 gennaio).
Il governo non sembra aver subìto la pressione delle proteste: lunedì il presidente Emmanuel Macron ha ribadito che la riforma è «essenziale», mentre la prima ministra Elisabeth Borne nel fine settimana aveva detto che l’innalzamento della pensione a 64 anni «non è più negoziabile».
Oltre all’innalzamento dell’età pensionabile, il disegno di legge prevede l’anticipazione dal 2035 al 2027 della cosiddetta legge “Touraine”, che aumenta di un anno il periodo per cui è necessario versare contributi per andare in pensione, l’abolizione di alcuni regimi pensionistici speciali e una serie di altre misure.
È l’ennesima riforma delle pensioni proposta da un governo francese, e lo stesso Macron ci aveva già provato nel 2019, provocando anche in quel caso grosse e partecipate proteste. Diversi analisti ritengono che il sistema pensionistico francese sia eccessivamente complicato, inefficiente e ingiusto.
In Francia esistono 42 regimi pensionistici diversi, con notevoli differenze nelle agevolazioni e nei trattamenti delle singole categorie. Il sistema pensionistico è anche molto costoso: nel 2020 è costato l’equivalente del 13,6 per cento del PIL, meno di quello italiano in proporzione (15,6 per cento del PIL), ma comunque più che nella maggior parte dei paesi europei. Secondo stime e previsioni ufficiali il sistema francese potrebbe non essere sostenibile sul lungo periodo e rischiare di tornare in deficit (come successo nel 2020, l’ultima volta).
Il ragionamento che sta dietro ai provvedimenti proposti nel disegno di legge sarebbe principalmente quello di spendere meno in pensioni: alzare l’età pensionabile ritarderebbe per esempio l’erogazione dell’assegno pensionistico. Allo stesso modo, l’estensione del periodo in cui è necessario versare i contributi servirebbe a rendere il sistema delle pensioni più sostenibile per le finanze dello stato.
La proposta di legge di Macron è sostenuta soprattutto dal centrodestra, ed è contestatissima sia dalla sinistra che dall’estrema destra, che la considerano ingiusta soprattutto per i lavoratori della classe media e per le fasce più povere della popolazione.