Le motivazioni della penalizzazione alla Juventus
Si parla di violazioni «gravi, ripetute e prolungate» emerse da elementi di «natura essenzialmente confessoria»
Lunedì la Corte d’Appello della Federcalcio italiana (FIGC) ha pubblicato le motivazioni della sentenza con cui venerdì 20 gennaio aveva punito la Juventus con 15 punti di penalizzazione in classifica e squalifiche individuali a una decina di dirigenti ed ex dirigenti per il caso delle cosiddette plusvalenze false (gli scambi sistematici di giocatori a prezzi ritenuti non congrui al loro valore fatti essenzialmente per sistemare artificiosamente i bilanci).
Queste motivazioni erano particolarmente attese per chiarire alcuni punti della sentenza, su tutti: perché la Corte aveva disposto 6 punti di penalizzazione in più rispetto ai 9 richiesti dalla procura federale, e perché le altre otto squadre coinvolte nelle operazioni di mercato incriminate (Genoa, Sampdoria, Empoli, Parma, Pisa, Pescara, Pro Vercelli e Novara) erano state prosciolte.
La Corte ha ritenuto «gravi, ripetute e prolungate» le violazioni contenute nei nuovi elementi emersi durante le indagini della giustizia ordinaria, gli stessi che avevano spinto la procura della FIGC a chiedere la riapertura di un processo sportivo che era già passato in giudicato a maggio del 2022 con un proscioglimento generale per insussistenza delle accuse. Nelle motivazioni si legge: «Alla luce delle risultanze complessive prodotte dalla Procura federale si deve confermare che il consiglio di amministrazione [della Juventus] nel suo complesso ha condiviso, o quanto meno sopportato, la violazione dei principi sportivi. Quanto alla sanzione, essa deve tenere conto della particolare gravità e della natura ripetuta e prolungata della violazione che il quadro probatorio emerso è in grado di dimostrare».
Per quanto riguarda i nuovi elementi emersi, si legge: «Il fatto nuovo che prima non era noto è proprio l’avvenuto disvelamento dell’intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento. Il fatto nuovo — come è stato efficacemente sottolineato dalla procura federale — è l’assenza di un qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio e la presenza di un sistema fraudolento che la Corte federale non aveva potuto conoscere in precedenza, alla luce del quale la decisione deve essere diversa da quella revocata. Un quadro fattuale dimostrato peraltro dalle numerose dichiarazioni derivanti dalle intercettazioni, dai documenti e dai manoscritti di provenienza interna alla Juventus che hanno tutti una natura essenzialmente confessoria».
Tra questi documenti rilevanti c’è soprattutto quello che la Corte definisce «l’inquietante Libro Nero di Fabio Paratici», sul quale l’ex direttore sportivo del club e i suoi collaboratori avevano appuntato le operazioni poi ritenute sospette in modo «sin troppo esplicito». Secondo la Corte, questo “Libro Nero” costituisce «un elemento oggettivo non equivocabile, tanto più tenuto conto della circostanza secondo cui lo scopo del processo sportivo è il giudizio delle violazioni delle norme sportive».
Il documento di 36 pagine pubblicato lunedì contiene anche le intercettazioni che la Corte ha ritenuto rilevanti per stabilire l’artificiosità delle operazioni contestate. Una di queste è tra Marco Re, allora dirigente della Juventus, e un impiegato bancario, nel corso della quale il dirigente in questione commenta lo scambio dei giocatori Miralem Pjanic e Arthur Melo organizzato con il Barcellona dicendo: «Ma tu pensa uno come Arthur, che per farti la plusvalenza a Pjanic hai pagato 75 milioni […] cioè era palese no? Che non fosse uno da quella cifra lì».
In un’altra intercettazione Fabio Paratici, allora direttore sportivo della Juventus, commenta un intervento di un altro dirigente che si era detto in difficoltà a seguire le sue indicazioni «quasi sfogandosi dell’essere considerato il responsabile isolato», dicendo: «Non è che Paratici si svegliava la mattina e diceva: oggi voglio fare una bella plusvalenza! È che a un certo punto, facevate due conti, lo chiamavate e gli dicevate: devi fare 100, devi fare 150, devi fare 70! E lui poi ve le faceva! E ringrazia che le faceva,
perché così avete mascherato i problemi per 3 anni, eh!».
Altre descrivono i fatti nel loro complesso: in un colloquio tra i dirigenti juventini Stefano Bertola e Federico Cherubini, per esempio, la situazione societaria viene paragonata a Calciopoli, lo scandalo del 2006 per il quale la Juventus venne retrocessa d’ufficio in Serie B: «La situazione è veramente complicata. Io in 15 anni …, ti faccio solo un paragone. Calciopoli». Un’altra intercettazione risale al 6 settembre 2021 tra Andrea Agnelli e John Elkann, l’azionista di maggioranza, nella quale gli interlocutori operano un diretto riferimento al fatto che «la direzione sportiva (di Fabio Paratici) si era allargata» con lo svolgimento «di tutta una serie di operazioni» che il presidente Agnelli definiva un «eccessivo ricorso allo strumento delle plusvalenze».
La Corte d’Appello ha poi spiegato che per le altre otto società coinvolte, «nella documentazione acquisita dalla Procura federale, diversamente da quanto accaduto per la Juventus, non sussistono evidenze dimostrative specifiche che consentano di sostenere efficacemente l’accusa». In mancanza di nuovi elementi che le coinvolgevano direttamente rispetto a quelli esaminati a maggio, dunque, la Corte aveva respinto le richieste di sanzioni nei loro confronti, e nelle motivazioni aggiunge: «Le intercettazioni, i manoscritti — incluso il “Libro Nero di Fabio Paratici” — e la documentazione acquisita dalla procura di Torino non coinvolgono direttamente tali società». Non viene esclusa quindi la loro responsabilità, ma viene confermata l’insussistenza delle accuse.
Tutte queste considerazioni — conclude la Corte — portano «ad una sanzione che deve essere proporzionata anche all’inevitabile alterazione del risultato sportivo che ne è conseguita, così come deve essere proporzionata al mancato rispetto dei principi di corretta gestione che lo stesso Statuto della FIGC impone quale clausola di carattere generale in capo alle società sportive».
In serata la Juventus ha scritto in un comunicato che «si tratta di un documento prevedibile nei contenuti, ma viziato da evidente illogicità, carenze motivazionali e infondatezza in punto di diritto» e ha annunciato il ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, il terzo e ultimo grado della giustizia sportiva, che potrà confermare o annullare la sentenza, ma non modificarla.