Cosa sappiamo degli attacchi alle sedi diplomatiche italiane a Berlino e Barcellona
Sono legati alle proteste sempre più dure e intense dei gruppi anarchici a sostegno di Alfredo Cospito
Il ministero degli Interni ha rafforzato le misure di sicurezza per proteggere le sedi diplomatiche di Berlino e Barcellona in seguito a due attacchi riconducibili all’area anarchica avvenuti tra venerdì e sabato.
Il più grave è stato un attentato di limitate conseguenze avvenuto a Berlino: sabato alle 3 di notte due auto sono state incendiate nel quartiere di Schöneberg, nella zona sud occidentale della città. Una delle due auto era una Bmw con targa diplomatica utilizzata da un funzionario dell’ambasciata italiana a Berlino, Luigi Estero.
Nonostante non siano state diffuse comunicazioni in merito all’azione, nella mattinata di sabato il ministero degli Esteri italiano ha pubblicato una nota in cui parla di “atto criminoso”. Secondo le forze dell’ordine, l’attacco all’auto del funzionario italiano è legato alle proteste dei gruppi anarchici a sostegno di Alfredo Cospito, il detenuto anarchico che dal 19 ottobre sta conducendo uno sciopero della fame contro il regime detentivo del 41-bis, il cosiddetto “carcere duro”. Negli ultimi mesi in Germania gli anarchici hanno organizzato alcune manifestazioni di solidarietà nei confronti di Cospito, ci sono state proteste al carcere di Moabit, a Berlino, e anche davanti all’ambasciata italiana.
Le proteste e le azioni degli anarchici si sono intensificate nelle ultime settimane in seguito all’aggravamento delle condizioni di Cospito che sta portando avanti uno sciopero della fame perché da aprile, dopo aver già scontato sei anni di detenzione, è stato sottoposto al regime detentivo del 41-bis, che prevede diverse pesanti restrizioni. Inoltre, Cospito protesta perché la sua condanna a vent’anni di reclusione rischia di trasformarsi in ergastolo ostativo, cioè l’ergastolo che non prevede la possibilità di accedere ai benefici di legge, e che non può essere né abbreviato né convertito in pene alternative.
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Il collegamento tra l’incendio dell’auto e gli anarchici è basato sulla modalità dell’attacco. All’inizio di dicembre, infatti, era stata incendiata l’automobile della prima consigliera dell’ambasciata italiana di Atene, Susanna Schlein (che è la sorella dell’ex vicepresidente dell’Emilia-Romagna Elly Schlein). L’esplosione non aveva causato feriti. Accanto a un’altra auto di proprietà di Schlein era stata trovata una bomba molotov inesplosa.
Sempre nella notte tra venerdì e sabato cinque persone sono entrate nel consolato generale italiano di Barcellona e dopo aver rotto una vetrata hanno imbrattato una parete dell’ingresso dell’edificio. I cinque hanno scritto sul muro dell’edificio “LLibertat Cospito”, “Estat Italià Assassi”, “Amnistia total” (“Liberate Cospito”, “Stato italiano assassino” e “Amnistia totale” in italiano). I cinque sono stati fermati dalla polizia regionale catalana e sono stati rilasciati nella giornata di sabato. Le scritte sono già state rimosse. Prima di iniziare le indagini, e ipotizzare reati, la procura di Roma dovrà ricevere le informative della Digos e dei carabinieri.
A Torino, invece, sono stati incendiati i cavi del traliccio Torre Bert, un ripetitore di telefonia mobile. Anche in questo caso l’attacco è riconducibile all’area anarchica perché vicino al traliccio è stata trovata una la scritta “Fuori Cospito 41 bis” fatta con vernice viola.
Sabato sera a Roma, nel quartiere Trastevere, ci sono stati scontri tra la polizia e alcuni esponenti di area anarchica che manifestavano in piazza Trilussa. Un gruppo formato da una quarantina persone, tra cui alcuni anarchici e studenti presenti alla manifestazione, si è rifugiato all’interno di un garage in via dei Panieri, dove è stato bloccato dalla polizia. Le forze dell’ordine hanno portato diversi manifestanti in questura per l’identificazione: dalle prime informazioni, sembra che molti siano stati denunciati e accusati del reato di devastazione per i danni causati durante la protesta.
«Azioni del genere non intimidiranno le istituzioni», si legge in una nota diffusa dal governo. «Tanto meno se l’obiettivo è quello di far allentare il regime detentivo più duro per i responsabili di atti terroristici. Lo Stato non scende a patti con chi minaccia».
Chi è Alfredo Cospito
Cospito ha 55 anni, è nato a Pescara ma viveva a Torino con la sua compagna, Anna Beniamino, titolare di un negozio di tatuaggi nella zona di San Salvario, anche lei in carcere. Entrambi si riconoscono nella Fai-Fri, Federazione anarchica informale – Fronte rivoluzionario internazionale, da non confondere con la Federazione anarchica italiana: entrambe hanno la stessa sigla, Fai, ma mentre la Federazione anarchica italiana condanna la violenza indiscriminata come metodo di lotta, la Federazione anarchica informale invoca la lotta armata contro lo Stato, contro il capitale e contro il marxismo che viene considerato propugnatore di autoritarismo oppressivo.
Nel 2013 Cospito fu condannato a dieci anni e otto mesi di carcere per aver ferito a Genova, con colpi di pistola alle gambe, il dirigente dell’Ansaldo Roberto Adinolfi. Quando era già in carcere venne accusato di aver posizionato, nella notte tra 2 e 3 giugno 2006, due pacchi bomba davanti alla scuola allievi dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. L’esplosione non causò né morti né feriti. Entrambe le bombe, che esplosero a mezz’ora di distanza l’una dall’altra, erano state realizzate con una pentola a pressione e un tubo di metallo con dentro 800 grammi di polvere pirica.
Al processo che si svolse a Torino i giudici riconobbero la Fai-Fri come associazione terroristica, basandosi su quello che l’avvocato di Cospito definisce «un documento che sarebbe stato una sorta di verbale di una riunione in cui otto persone facevano un consuntivo delle attività svolte dalla Federazione anarchica informale». Cospito e Anna Beniamino vennero condannati a 20 e 16 anni di carcere secondo l’articolo 422 del codice penale: «Chiunque (…) al fine di uccidere compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità è punito, se dal fatto deriva la morte di più persone, con l’ergastolo. Se è cagionata la morte di una sola persona, si applica l’ergastolo. In ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a quindici anni».
Da settimane il caso è diventato oggetto di dibattito e discussioni, che ruotano intorno alle considerazioni sulla proporzionalità della pena a cui è stato condannato Cospito. Il suo sciopero della fame, di fatto l’unica forma di protesta non violenta a disposizione dei detenuti, ha riportato l’attenzione sulla sua storia e su come vengono applicati in Italia i regimi di detenzione estremi e riservati in teoria a persone molto pericolose, categoria in cui secondo molti non rientra Cospito.
Il 19 dicembre il tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo dell’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini, contro l’applicazione del 41-bis, e la misura è stata così confermata per i prossimi quattro anni. La motivazione citata dal tribunale è stata che «lo status detentivo ordinario, anche in regime di alta sicurezza, non consente di contrastare adeguatamente l’elevato rischio di comportamenti orientati all’esercizio da parte di Alfredo Cospito del suo ruolo apicale nell’ambito dell’associazione di appartenenza».
L’avvocato di Cospito ha presentato un ricorso alla Corte di Cassazione. Inizialmente la Corte aveva fissato l’udienza per il 20 aprile, poi ha anticipato l‘udienza al 7 marzo.
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