I film premiati agli Oscar non hanno più il successo di una volta
I vincitori delle categorie più importanti erano spesso quelli che incassavano di più, ora hanno un pubblico piuttosto piccolo
La notizia che ci sono tre grandi successi commerciali tra i film che hanno ricevuto una nomination all’Oscar come miglior film è stata accolta come un evento tra gli addetti ai lavori. Al contrario, il fatto che nessuno di questi tre sia considerato un probabile vincitore del premio è più in linea con quello che gli Oscar sono diventati negli ultimi quindici anni.
Negli ultimi anni i cambiamenti nell’industria del cinema, nella maniera in cui i film vengono visti e in cosa il pubblico sceglie di andare a guardare in sala invece che in casa hanno infatti trasformato gli Oscar. Da cerimonia che premiava i film di maggiore successo sono diventati per certi versi una cerimonia che premia film che hanno visto in pochi. E questo peraltro è corrisposto a un progressivo calo di ascolti della messa in onda televisiva da parte della ABC della serata di premiazione.
Quest’anno la premiazione è prevista per la notte tra il 12 e il 13 marzo. Quella dell’anno scorso, dal punto di vista degli ascolti, era stata la seconda peggiore nella storia degli Oscar (la peggiore in assoluto era stata quella dell’anno ancora precedente, il 2021). Nel 2022 ad aver guardato la trasmissione erano stati 16,6 milioni di spettatori, mentre solo nove anni prima lo avevano fatto in 40 milioni.
È una tendenza che in molti ritengono direttamente proporzionale alla popolarità dei film in gara e quindi al coinvolgimento che il pubblico sente nei confronti della cerimonia. L’ultima volta in cui il premio al miglior film era andato a quello con i maggiori incassi dell’anno fu nel 2004, quando vinse Il ritorno del re, terzo capitolo della trilogia di Il Signore degli Anelli.
Il canale televisivo ABC paga 100 milioni di dollari per avere l’esclusiva della trasmissione dell’evento e, dopo il pessimo risultato del 2021, quello leggermente in ripresa del 2022 ha evitato che la rete decidesse di interrompere l’accordo.
– Leggi anche: Le nomination agli Oscar 2023
Nella storia del premio la consuetudine era che molto spesso i film più popolari fossero anche i più premiati. Via col vento, Tutti insieme appassionatamente, Accadde una notte, Qualcuno volò sul nido del cuculo, Il padrino, fino al record di incassi e premi di Titanic, sono stati tutti film ugualmente di successo e premiati: non erano considerate eccezioni, ma la regola. Negli ultimi quindici anni invece, a partire da Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen nel 2008 e passando per il caso eclatante di The Hurt Locker nel 2009 (un film dall’incasso minuscolo di 17 milioni di dollari che batté Avatar), l’Oscar per il miglior film è andato spesso a film piccoli e indipendenti dal successo molto moderato. Se non in alcuni casi inesistente, come accaduto con CODA – I segni del cuore (2022), Nomadland (2021), Moonlight (2017), Birdman (2015) e 12 anni schiavo (2014).
Anche quando sono stati premiati film dai risultati più rilevanti si è trattato comunque di incassi moderati, come con La forma dell’acqua (2018), Il caso Spotlight (2016), Parasite (2020) o Green Book (2019). Alcuni di questi ultimi sono stati molto visti nel mondo, ma nessuno ha incassato negli Stati Uniti più di 100 milioni di dollari, cifra oltre la quale si può cominciare a parlare di reale successo commerciale.
A essere cambiata è sia la composizione del pubblico che va al cinema, molto più giovane e quindi maggiormente in cerca di film spettacolari, fantasiosi e strutturati su capitoli e sequel diversi, sia la distribuzione e il finanziamento dei film più adulti, cioè per l’appunto pensati per un pubblico più adulto e un po’ più istruito ed esperto. A un certo punto degli anni Duemila però il classico modello di film americano popolare e adulto – come potevano essere i film di Scorsese o quelli di Tarantino, per citare i più famosi – ha iniziato ad entrare in crisi per il cambio di composizione del pubblico e per il successo dei blockbuster moderni, come quelli di supereroi.
– Leggi anche: Nessuno vuole più condurre gli Oscar
A quel punto gli sceneggiatori, gli attori e i registi più identificati con quei film sono stati assorbiti prima dalla tv via cavo, diventando autori delle serie di grande successo degli anni Duemila e Dieci, e poi dalle piattaforme di streaming. Così da una parte i blockbuster hanno iniziato ad essere pensati sempre più per un pubblico mondiale, con investimenti così onerosi da non permettere alcun tipo di rischio o azzardo nella trama, nella regia, nel casting, eccetera. Dall’altra i registi più interessati a fare film personali e adulti sulle piattaforme non hanno più avuto l’esigenza di incassare nello stesso modo in cui era necessario quando i loro film uscivano in sala. Questo li ha portati a film più radicali, più personali, più autoriali, ma anche meno popolari.
Come scrive il Los Angeles Times, già nel 2018 la situazione era considerata grave. La presenza tra i candidati a miglior film di una maggioranza schiacciante di film di nicchia aveva portato il produttore Bill Mechanic a dare le proprie dimissioni dal consiglio di amministrazione dell’Academy of Motion Picture Arts And Sciences, l’associazione che riunisce tutti i professionisti del cinema di Hollywood e i cui più di diecimila membri votano per gli Oscar.
In una lettera poi uscita sui giornali accusava l’associazione stessa di elitarismo e scriveva: «Negli ultimi anni abbiamo candidato così tanti piccoli film indipendenti che gli Oscar forse dovremmo consegnarli in una tenda», aggiungendo che «grande non è sinonimo di brutto e piccolo non è per forza buono». Quell’anno i candidati erano La forma dell’acqua, Chiamami con il tuo nome, Dunkirk, Il filo nascosto, Lady Bird, L’ora più buia, The Post, Scappa – Get Out e Tre manifesti a Ebbing, Missouri. Solo due di questi (Dunkirk e Scappa – Get Out) avevano incassato più di 100 milioni di dollari.
Per questa ragione la presenza quest’anno di Avatar: La via dell’acqua, il cui incasso negli Stati Uniti è stato di 600 milioni di dollari, di Top Gun: Maverick con i suoi 700 milioni di incasso americano e di Elvis, con 151 milioni di dollari, è considerata una buona notizia per quanto riguarda la rilevanza e popolarità degli Oscar. È anche la prima volta nella storia del premio (ma c’entra anche l’inflazione) che due candidati hanno incassato nel mondo più di un miliardo di dollari: sono Avatar: La via dell’acqua e Top Gun: Maverick.
Negli ultimi venti anni il cinema considerato adulto, quello più votato dai membri dell’Academy, è diventato quello che incassa meno in sala, mentre quello che incassa di più non viene considerato di solito degno delle nomination o dei premi. Grandi saghe, franchise cinematografici (cioè saghe che hanno anche spin-off e prequel) o film tratti da fumetti sono al momento le produzioni più popolari tra il pubblico, ma di solito non sono considerate adatte agli Oscar. L’Academy vorrebbe cambiare la tendenza ma non ha potere di indirizzo su quello che votano i suoi diecimila membri, tra i quali ci sono le personalità più importanti dell’industria oltre a tutti i candidati agli Oscar nella storia.
– Leggi anche: 40 film di cui forse parleremo nel 2023
I tentativi di introdurre novità per includere anche i grandi film comunque ci sono stati. Già nel 2009 la decisione di allargare a dieci i film che possono ricevere una nomination nella categoria di miglior film (mentre per tutte le altre il numero di candidati rimane fisso a cinque) servì a includere tra i candidati anche molti titoli puramente commerciali. Fu il caso dei film tratti dai fumetti di supereroi Joker, molto particolare, o Black Panther, più tradizionale. Non servì però a farli vincere, né ad inserirli nelle altre categorie.
Allo stesso modo la decisione presa nel 2018 di creare un premio per meriti popolari, che sarebbe andato a film di grande incasso, fu revocata solo un mese dopo l’annuncio in seguito ad accuse di ruffianeria ricevute da molte parti, inclusi appassionati e possibili spettatori. L’anno scorso infine l’Academy aveva deciso di creare un nuovo Oscar, assegnato dagli spettatori tramite votazione su Twitter: anche questa idea però fallì dopo che a vincere fu il film di zombie Army of the Dead, non un favorito del grande pubblico ma semmai uno molto amato dall’agguerrita e coordinata comunità di fan del regista Zack Snyder.
La presenza di alcuni film popolari tra i candidati fa ben sperare chi è preoccupato per questa tendenza e di conseguenza per la rilevanza e la sopravvivenza degli Oscar, ma non è ancora vista come un vero segnale positivo perché i film in questione non sembrano avere concrete possibilità di vittoria. Al contrario i film che quest’anno sono considerati tra i probabili vincitori nelle categorie maggiori sono stati degli insuccessi clamorosi, anche quando potevano vantare registi importanti o attori e attrici di richiamo, che evidentemente non lo sono più così tanto.
La favorita per il premio alla miglior attrice protagonista, Cate Blanchett, lo potrebbe vincere per Tár che ha incassato 5 milioni di dollari negli Stati Uniti; il favorito alla vittoria del premio per la miglior regia è Steven Spielberg, il cui film The Fabelmans è stato un grande insuccesso con 15 milioni incassati; L’isola degli spiriti, che può vincere in diverse categorie, è stato diretto dal regista di Tre manifesti a Ebbing, Missouri Martin McDonagh e ha tra i protagonisti Colin Farrell, ha incassato solo 9 milioni di dollari sul mercato americano.
L’ultimo dei film con possibilità di vittoria è Niente di nuovo sul fronte occidentale, che è ben posizionato nelle categorie tecniche. È una coproduzione tedesca e americana di Netflix, e per la piattaforma è stato un successo. Tuttavia i numeri degli abbonati a Netflix sono più piccoli rispetto a quelli del cinema in sala, quindi nemmeno quello può dirsi un grande successo nazionale. La piattaforma misura il successo dei propri film e serie calcolando quante ore sono state viste (nel caso di Niente di nuovo sul fronte occidentale sono state 101 milioni), cosa che rende complicato il paragone con il più tradizionale dato dei biglietti venduti. Tuttavia per avere un’idea occorre considerare che gli abbonati a Netflix negli Stati Uniti sono 74,3 milioni (un terzo del totale mondiale) e, secondo i dati della società, quando un film è un grande successo è guardato da circa 40 milioni dei loro abbonati in tutto il mondo. Benché non ci siano dati relativi ai soli Stati Uniti si può considerare quindi che un grande successo americano per Netflix si aggiri intorno a un terzo di quella cifra, cioè 10/15 milioni di spettatori. Se si parla di film in sala, invece, 10 milioni di biglietti staccati è la soglia minima per parlare di successo e un film come Avatar: La via dell’acqua può portare al cinema più di 60 milioni di persone.
Quello della scarsa popolarità dei film in gara è il problema più grande che deve affrontare l’Academy, ma non l’unico che si è presentato negli ultimi anni. E molte delle decisioni e dei rimedi a cui è dovuta ricorrere l’associazione hanno enfatizzato la distanza tra i premi e il grande pubblico. Sia l’egemonia di registi, tecnici, produttori e attori bianchi tra i candidati che poi quella maschile, sono state molto criticate a partire dal 2015 quando le proteste note come #OscarsSoWhite (per via dell’hashtag usato per discuterne online) innescarono un processo di rinnovamento. In risposta a quelle richieste e poi, a partire dal 2017, al movimento #metoo, l’Academy ha ampliato la propria base di votanti, quasi raddoppiandola, per includere persone di etnie diverse, più giovani e più donne.
Questo ha portato, nelle ultime edizioni, a più nomination e quindi più premi importanti sia per la comunità afroamericana che per quella asiatica che per maestranze, produttrici e registe donne. Tuttavia in molti casi i film che rappresentano in maniera più accurata la composizione della società americana non sono anche quelli di maggior successo e le vittorie per le minoranze o per le professioniste del cinema non hanno contribuito alla popolarità del premio tra il grande pubblico.
– Leggi anche: Ci sono sempre più film italiani costosi e ambiziosi
Il parziale ritorno di alcuni film di successo tra i candidati di quest’anno è coincisa con una diminuzione delle nomination importanti per le donne e per le persone afroamericane. Ad esempio è la prima volta negli ultimi tre anni che nella categoria miglior regista non ci sono donne, dopo che le ultime due edizioni erano state vinte da Chloé Zhao per Nomadland e Jane Campion per Il potere del cane. Inoltre tra i film che non sono stati considerati dall’Academy e non hanno avuto nomination ci sono importanti film di registi afroamericani e con attori afroamericani come Nope di Jordan Peele o Devotion di J.D. Dillard. Anche il film epico (molto adulto e molto hollywoodiano nella concezione) con protagonista un gruppo di amazzoni africane, The Woman King, diretto da una donna afroamericana e pieno di star afroamericane, non è stato considerato.
Ad essere molto rappresentata quest’anno è invece la comunità asiatica. Il film che ha ricevuto il maggior numero di nomination, Everything Everywhere All at Once, è diretto da due registi uno dei quali, Daniel Kwan, di origine cinese. Dei diversi protagonisti asiatici, due sono stati candidati rispettivamente come miglior attrice protagonista e miglior attore non protagonista: Michelle Yeoh, di origini malesi e cinesi, e Ke Huy Quan, nato in Vietnam e noto perché da bambino fu la spalla di Harrison Ford in Indiana Jones e il tempio maledetto. Il film racconta una storia fantasiosa i cui protagonisti sono una tipica famiglia americana di origini asiatiche che gestisce una lavanderia a gettoni. Anche nella categoria miglior film d’animazione c’è un film Disney, Red, con protagonista una ragazza cino-canadese.