Medici Senza Frontiere ha fatto due soccorsi di migranti non autorizzati dal governo
Invece di andare subito al porto della Spezia, la sua nave si è fermata a soccorrere altri 168 migranti: è la prima volta che succede
Mercoledì mattina la nave Geo Barents di Medici Senza Frontiere ha soccorso due imbarcazioni nel Mediterraneo centrale senza l’autorizzazione del governo italiano, necessaria dall’entrata in vigore del controverso e contestato codice di condotta per le ong approvato a fine dicembre dal governo di Giorgia Meloni.
Geo Barents aveva infatti già soccorso 69 persone martedì, e in serata aveva ricevuto l’indicazione di dirigersi verso il porto della Spezia. Mercoledì mattina però, durante il tragitto verso La Spezia, aveva ricevuto notizia di una imbarcazione in difficoltà nelle vicinanze della propria posizione. Mentre si stava dirigendo verso quella imbarcazione ne aveva incontrata un’altra: si era quindi fermata a soccorrere le 61 persone a bordo, in violazione del codice di condotta del governo italiano che impone di fatto di effettuare una sola operazione di soccorso e poi navigare verso il porto assegnato. Nel primo pomeriggio ha poi fatto una terza operazione: al momento a bordo della Geo Barents ci sono quindi 237 persone soccorse.
È la prima volta che una ong non rispetta il nuovo codice di condotta, molto contestato da diversi esperti di immigrazione e dalle ong, perché a loro dire viola le convenzioni internazionali sul soccorso in mare. Medici Senza Frontiere ha fatto sapere di avere effettuato la seconda e la terza operazione di soccorso perché obbligata dalle norme internazionali, che in effetti impongono il soccorso in mare di una imbarcazione in difficoltà a qualsiasi nave che si trovi nei paraggi. Il governo italiano non ha ancora commentato la notizia.
Cosa dice il controverso codice del governo Meloni, e perché è stato violato
Il codice di condotta approvato a fine dicembre prevede che le navi delle ong si dirigano «senza ritardo» verso il porto assegnato loro dopo una operazione di soccorso. Nelle ultime settimane il governo sta assegnando loro un porto dove sbarcare dopo una sola operazione, di fatto costringendole a non fare altre operazioni di soccorso. Nel codice di condotta non c’è un divieto esplicito di compiere più operazioni di soccorso: si dice però che le attività di una nave non devono «impedire di raggiungere tempestivamente il porto di sbarco».
Il codice di condotta prevede in effetti delle eccezioni per operazioni di soccorso «effettuate nel rispetto delle indicazioni delle predette autorità», quindi sul tragitto e con l’assenso del governo italiano. In un’intervista di qualche giorno fa a Piazzapulita il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha esplicitamente ammesso che le ong possono soccorrere persone «lungo la traiettoria del percorso che gli viene assegnato». Il decreto però parla anche di «indicazioni» da parte del «centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo».
I soccorsi effettuati mercoledì da Medici Senza Frontiere sono stati compiuti nella zona di competenza della Libia, che però per diverse ragioni non riesce a garantirne la copertura. In entrambi i casi Medici Senza Frontiere ha quindi avvertito l’Italia: dall’Italia però non è arrivata alcuna indicazione, né dalle sue autorità marittime né dal governo.
Martedì sera il governo italiano guidato da Giorgia Meloni aveva dato indicazione alla Geo Barents di sbarcare i 69 migranti soccorsi in mare nel porto della Spezia, a cinque giorni di navigazione da dove si trovava la nave in quel momento. Ricevuta l’indicazione, Geo Barents si era subito mossa verso La Spezia.
Mercoledì però in due casi si è trovata a poca distanza da un’imbarcazione in difficoltà, e ha ritenuto di dover rispettare l’articolo 2.1.10 della convenzione sulla ricerca e il salvataggio marittimo dell’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO), firmata nel 1979, che impone di dare assistenza «a ogni persona in difficoltà in acqua».
La strategia del governo
Con l’applicazione del codice di condotta il governo Meloni sta continuando, insomma, a ostacolare le operazioni delle ong nel Mediterraneo, imponendo loro una sola operazione di soccorso e indicando loro di sbarcare nei porti del Nord Italia, anziché del Sud come successo sempre negli ultimi anni. Di fatto sta cercando di rendere le operazioni più complesse e costose, scoraggiandole.
Nelle scorse settimane il governo aveva indicato alle navi delle ong come porti di sbarco diverse città del Centro e Nord Italia, fra cui Livorno, Ravenna, e Ancona. Il porto più a nord in cui erano state mandate era quello di Ravenna, in Emilia-Romagna, poco più a nord di quello di La Spezia. La pratica di mandare nei porti del Nord le navi delle ong prolunga le sofferenze delle persone soccorse, già provate da giorni di navigazione e da traumi subiti durante il naufragio o durante la permanenza nei centri di detenzione in Libia.