Una sentenza europea sui libri per l’infanzia con genitori dello stesso sesso
Riguarda un caso in Lituania e dice che definirli «dannosi» per bambine e bambini è una violazione della libertà d'espressione
La Corte europea dei diritti umani, il tribunale internazionale che si occupa di far rispettare la Convenzione europea dei diritti umani, ha stabilito in una sentenza che definire “dannosi” i libri per l’infanzia che ritraggono famiglie con genitori dello stesso sesso è una violazione della libertà d’espressione.
La sentenza riguarda un caso iniziato in Lituania dieci anni fa, con la pubblicazione di un’antologia di racconti per l’infanzia che ritraeva anche coppie di persone dello stesso sesso: il libro era stato prima ritirato dal mercato e poi rimesso in circolazione con un contrassegno che lo definiva non adatto ai minori di 14 anni. L’autrice aveva fatto ricorso e il caso era finito alla Corte europea: quella appena pubblicata è la prima sentenza di questo tribunale su restrizioni applicate a libri per bambine e bambini che ritraggono famiglie omosessuali. Ma il tema è molto discusso e contestato anche in altri paesi europei (e non solo).
L’anno scorso per esempio il governo ungherese aveva ordinato a una casa editrice di accompagnare una serie di libri per l’infanzia che trattavano tematiche del mondo LGBT+, tra cui uno in cui due prìncipi si sposavano tra loro, con un’etichetta che dicesse che mostravano «comportamenti non conformi ai tradizionali ruoli di genere». Mesi dopo, sempre in Ungheria, una catena di librerie era stata multata per non aver apposto questo contrassegno a due libri dell’autore statunitense Lawrence Schimel e dell’illustratrice lettone Elina Braslina, ritraenti rispettivamente una famiglia con due mamme e una con due papà: i due libri si intitolano Al mattino presto e È tardi per giocare. La multa era stata giustificata col fatto che «non c’è modo di sapere che il libro riguarda una famiglia diversa da quella normale».
Il mese dopo gli stessi due libri erano stati pubblicati in Russia con un disclaimer che li indicava come consigliati per «i maggiori di 18 anni». In Galles, nel Regno Unito, gli stessi due libri sono stati invece distribuiti gratuitamente in alcune scuole primarie.
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I libri per l’infanzia che ritraggono famiglie omosessuali sono stati al centro di molte discussioni anche in Italia, soprattutto a causa di accuse da parte di alcune amministrazioni locali conservatrici, che li hanno considerati parte integrante della presunta e cosiddetta “ideologia gender” (espressione con cui viene indicata dai critici l’educazione alle questioni di genere).
Qualche anno fa per esempio a Verona l’associazione Famiglia Domani, che sostiene di voler difendere «i valori familiari naturali e cristiani minacciati dalla degradazione culturale e morale del nostro tempo», aveva compilato una lista di libri della Biblioteca civica locale ritenuti pericolosi per i minori. La lista includeva una serie di libri pensati per raccontare alle bambine e ai bambini le famiglie non tradizionali: tra questi E con Tango siamo in tre, la storia di due pinguini che adottano un uovo, e Piccolo Uovo, scritto da Francesca Pardi e illustrato da Altan.
A suo tempo, l’allora sindaco di centrodestra Federico Sboarina, appena eletto, si era detto favorevole a ritirare tutti questi libri dalle biblioteche locali (la cosa non aveva poi avuto seguito).
Nel 2015 anche il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, aveva detto di voler attuare un provvedimento simile. Al termine di una polemica durata due anni, e nata attorno a un progetto per le scuole, il sindaco aveva inviato una circolare al personale docente di asili nido e scuole dell’infanzia in cui diceva di voler «raccogliere i libri “gender”, [libri su] genitore 1 e genitore 2 consegnati durante l’anno scolastico e prepararli al fine del ritiro che avverrà al più presto da parte di un incaricato».
Il ritiro dei libri, 49 titoli in tutto, sarebbe servito a valutarli e a decidere se fossero adeguati per un pubblico di minori, aveva detto Brugnaro. Il caso aveva provocato discussioni e petizioni online per evitare il provvedimento, ed era stato ripreso anche all’estero. Brugnaro aveva poi ammorbidito i toni e detto che erano in realtà solo due i libri che continuavano a provocare “riserve”, senza specificare se intendesse ritirarli o meno: Piccolo Uovo e Jean a deux mamans, la storia di un lupetto con due mamme. Sembra che la questione non abbia avuto seguito.
Il caso della Lituania, quello che ha portato alla sentenza della Corte europea dei diritti umani annunciata martedì, era iniziato nel 2013, quando fu pubblicato un libro per l’infanzia intitolato Gintarinė širdis (che in italiano significa “cuore d’ambra”) di Neringa Macate (a questo link si può scaricare il PDF della sua traduzione in inglese). Il libro, pubblicato da una casa editrice universitaria lituana, è una raccolta di racconti per bambine e bambini tra i 9 e i 10 anni: riprende una serie di modelli narrativi e personaggi delle fiabe e li adatta a temi ispirati alla realtà attuale, come il bullismo o le discriminazioni subite da una serie di minoranze, tra cui le persone omosessuali.
Poco dopo la pubblicazione il ministero della Cultura lituano aveva ricevuto un reclamo secondo cui il libro «incoraggiava le perversioni». Otto parlamentari avevano poi inviato una lettera alla casa editrice protestando contro la pubblicazione: nella lettera scrivevano che il libro «inculca nei bambini l’idea che il matrimonio tra persone dello stesso sesso sia un’opzione auspicabile».
Ad attirare le critiche era stato soprattutto un passaggio in cui una principessa e la figlia di un calzolaio si addormentano l’una nelle braccia dell’altra dopo essersi sposate, considerato sessualmente esplicito.
Il ministero della Cultura aveva allora chiesto a una commissione di esaminare il libro in questione. La commissione aveva concluso che i due racconti che nel libro ritraggono coppie omosessuali violano un articolo della legge lituana sulla protezione dei minori: l’articolo (il 4 comma 16 di questa legge) considera dannosi per i minori i contenuti che esprimono «disprezzo per i valori della famiglia» e promuovono un’idea di «matrimonio e di creazione della famiglia diversi da quelli stabiliti dalla Costituzione lituana e dal Codice civile lituani».
A seguito dei reclami, la pubblicazione era stata quindi ritirata dal mercato. L’anno dopo il libro era stato rimesso in circolazione, ma accompagnato da un contrassegno che lo indicava come «non adatto ai minori di 14 anni». Macate, l’autrice dell’antologia, aveva allora fatto causa alla casa editrice universitaria sostenendo che il riferimento alle relazioni omosessuali non potesse essere considerato dannoso. Il tribunale le aveva dato torto, e la sentenza era stata confermata dagli altri gradi di giudizio dopo il suo ricorso.
L’autrice aveva allora fatto ricorso alla Corte europea dei diritti umani. Macate è morta nel 2020 a 45 anni, a causa di un tumore, ma martedì la Corte le ha dato ragione. Secondo i giudici, la descrizione del suo libro come «dannoso» per i minori di 14 anni viola l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti umani, quello relativo alla libertà d’espressione. In particolare, il libro non ha contenuti sessualmente espliciti e anzi incoraggia «il rispetto a l’accettazione di tutti i membri della società in un aspetto fondamentale della loro vita, quello della famiglia».