C’è un presunto mandante per gli omicidi di Dom Phillips e Bruno Pereira in Amazzonia
Il giornalista e l'attivista sarebbero stati uccisi su ordine del capo di un gruppo criminale di pescatori di frodo, dice la polizia brasiliana
La Polizia federale del Brasile ha annunciato lunedì di avere individuato il mandante degli omicidi del giornalista britannico Dom Phillips e dell’attivista brasiliano Bruno Araújo Pereira, uccisi a giugno nello stato brasiliano di Amazonas, ai confini col Perù. Gli omicidi sarebbero stati pianificati e ordinati da Ruben Dario da Silva Villar, conosciuto come “Colombia”, capo di un gruppo criminale dedito alla pesca illegale nella foresta amazzonica.
Secondo la polizia, Villar avrebbe pianificato l’omicidio di Pereira, che in passato era stato a capo di un’agenzia federale che si occupava delle popolazioni indigene residenti nella zona. Villar avrebbe agito per bloccare l’attività svolta da Pereira di sorveglianza e di denuncia della pesca illegale, che aveva già creato grosse perdite economiche alla banda criminale, armata e pericolosa. Il giornalista Dom Phillips, un freelance che ha collaborato con Guardian, Washington Post e New York Times, sarebbe invece stato ucciso solo perché in quel momento si trovava in compagnia di Pereira, con cui stava facendo delle ricerche per un libro a cui stava lavorando.
I due erano in viaggio per una ricerca sulle popolazioni indigene nella zona della Valle del Javari, nella parte occidentale dello stato brasiliano di Amazonas, al confine col Perù, e nessuno aveva più avuto loro notizie da domenica 5 giugno. Dieci giorni dopo un pescatore di frodo, Amarildo da Costa de Oliveira, era stato fermato e aveva confessato gli omicidi. L’uomo aveva poi guidato la polizia nel luogo dove aveva sepolto i due corpi: per arrivarci erano serviti circa un’ora e mezza di tragitto in motoscafo e tre chilometri di cammino nella giungla.
In seguito erano stati accusati altri due uomini: uno, Jefferson da Silva Lima, di aver collaborato all’omicidio; l’altro, Oseney da Costa de Oliveira, di aver aiutato ad occultare i cadaveri. I tre avrebbero agito su commissione per Villar, che avrebbe fornito anche le armi necessarie: Phillips e Pereira sono stati uccisi con un colpo di pistola alla testa.
Villar è un cittadino colombiano, ma nell’area usava falsi documenti brasiliani e peruviani. Si trova attualmente in una prigione brasiliana: era stato arrestato una prima volta a luglio per altre questioni legate alla sua attività illegale, era poi stato rilasciato in ottobre, ma nuovamente arrestato un mese dopo per aver violato i termini di rilascio su cauzione.
Phillips, 57 anni, stava lavorando al libro Come salvare l’Amazzonia, mentre Pereira, 41 anni, era uno specialista di popolazioni indigene e aiutava attivamente le comunità della valle del Javari a difendere quella zona della foresta amazzonica dai gruppi di bracconieri, pescatori e minatori illegali legati alla criminalità organizzata.
La valle ospita la concentrazione più alta al mondo di tribù indigene isolate, ma negli ultimi anni è diventata anche una via molto utilizzata dai cartelli della droga messicani e colombiani. Grosse quantità di cocaina e marijuana transitano lungo il Rio delle Amazzoni dal Perù fino in Brasile, dirette poi al mercato europeo.
Negli ultimi anni le attività illegali nell’area amazzonica si sono intensificate, anche per una diminuzione dei controlli. Domenica il presidente brasiliano Lula ha accusato il suo predecessore Jair Bolsonaro di «genocidio contro il popolo Yanomami dell’Amazzonia» per aver smantellato la rete di protezione delle popolazioni indigene e per aver incoraggiato l’attività dei cercatori d’oro illegali.
Il duplice omicidio di Pereira e Phillips ha reso evidente anche all’estero i forti interessi criminali che minacciano l’area: attivisti e stampa specializzata denunciano questa situazione da tempo.