Le Olimpiadi invernali del 2026 costeranno molto più del previsto
I prezzi elevati di energia e materiali hanno già costretto l'organizzazione a rinunciare alla pista di pattinaggio in Trentino
Venerdì 20 gennaio Giovanni Malagò, il presidente del Comitato olimpico italiano (CONI), ha annunciato che le gare di pattinaggio di velocità delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina del 2026 non si terranno a Baselga di Piné, un comune dell’Alta Valsugana, in provincia di Trento. La rinuncia è stata motivata con l’aumento significativo dei costi per ammodernare e coprire l’attuale pista di pattinaggio: l’organizzazione aveva previsto di spendere 50 milioni di euro, mentre secondo l’ultima ricognizione ne servirebbero almeno 75.
I rincari dovuti all’aumento dei prezzi dell’energia e dei materiali da costruzione sono un grosso problema per le Olimpiadi. Riguardano cantieri di impianti sportivi, strade, strutture logistiche, alloggi e in generale dei servizi indispensabili per far funzionare un evento enorme.
Sono un problema anche perché la sostenibilità economica è una questione piuttosto centrale nell’organizzazione delle prossime Olimpiadi invernali: nel 2019 la candidatura italiana era risultata vincente perché tra le altre cose aveva assicurato il riutilizzo di circa il 90 per cento delle infrastrutture esistenti. L’obiettivo era di evitare cantieri invasivi e costosi in un ambiente delicato come le Alpi. Più volte negli ultimi anni il CIO, il comitato olimpico internazionale, ha sollecitato gli organizzatori a portare avanti progetti sostenibili dal punto di vista economico, sociale e ambientale. La pista di pattinaggio di velocità era tra questi, almeno nelle intenzioni iniziali.
Il progetto preliminare della nuova pista di Baselga di Piné, chiamata “Ice rink oval”, era già stato approvato lo scorso novembre. L’obiettivo principale era coprire l’attuale pista, finora utilizzata da diverse squadre internazionali e dalla stessa Nazionale italiana per gli allenamenti in preparazione delle gare.
L’Ice rink oval era stato presentato come una struttura “leggera” con elementi in acciaio, pannelli in cemento, ampie vetrate e con tribune per ospitare fino a 5.900 spettatori. Tra le altre cose, sarebbe stato completamente rifatto l’attuale impianto di refrigerazione per renderlo più sostenibile. A novembre il comune aveva avuto rassicurazioni dai tecnici del CONI e dalla fondazione Milano-Cortina, l’ente che si occupa di organizzare le Olimpiadi.
Venerdì Malagò ha detto che il CONI ha fatto tutto il possibile per permettere la costruzione della pista come indicato dal Comitato olimpico internazionale, il CIO. «Il tempo, tecnicamente, c’è. Ma la copertura dell’Ice Rink è imprescindibile e i costi sono cresciuti dai 50 milioni di euro previsti a novembre scorso fino ai 70-75 milioni attuali», ha detto il presidente del CONI. «Di fronte a queste cifre, serve senso di responsabilità». Malagò ha spiegato che già da tempo il CIO aveva espresso molti dubbi sulla sostenibilità economica del rifacimento della pista di Baselga di Piné: durante l’incontro di venerdì, a cui hanno partecipato anche diversi sindaci della provincia di Trento decisamente arrabbiati per l’opportunità mancata, ha anche rivelato l’esistenza di un documento “confidenziale”, cioè segreto, con cui il CIO aveva già espresso un parere negativo e definitivo all’inizio di ottobre.
Nelle ultime settimane la città di Torino si è fatta avanti con insistenza per prendere il posto di Baselga di Piné. Si potrebbe utilizzare l’Oval, un palazzetto costruito per le Olimpiadi del 2006. Si trova nella zona del Lingotto ed essendo recente avrebbe bisogno di pochi accorgimenti per essere pronto in vista del 2026. Il comune di Torino e la Regione hanno detto che il coinvolgimento del Piemonte nelle Olimpiadi di Milano-Cortina è una soluzione logica e di buon senso. Tuttavia, Malagò ha detto che l’esclusione di Baselga di Piné non comporta lo spostamento automatico a Torino.
Se ne saprà di più entro il 27 febbraio, quando è in programma la prossima conferenza dei servizi a cui gli organizzatori dovranno presentarsi con più certezze. «C’è già un’infrastruttura pronta a Torino, non vedo perché non usare quella, invece di sprecare 100 milioni a Baselga», ha detto il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, in un’intervista al Sole 24 Ore.
I costi sono al centro delle discussioni relative a un altro impianto sportivo: la pista da bob di Cortina d’Ampezzo, dove si terranno le gare di bob, di slittino e di skeleton. L’obiettivo è demolire e ricostruire la vecchia pista Eugenio Monti, costruita nel 1923 e chiusa nel 2008 perché i costi di gestione erano molto più alti degli incassi. È riconosciuta da molti atleti e addetti ai lavori come una delle piste più belle del mondo.
Per rispettare i requisiti di sicurezza richiesti dalla federazione internazionale servono molte modifiche: molte delle curve che l’hanno resa famosa dovranno essere allargate e per certi versi ammorbidite. È l’unico modo per rallentare la corsa dei bob e soprattutto degli slittini e degli skeleton, specialità in cui il corpo degli atleti è sollecitato da una notevole accelerazione. Di fatto, la pista attuale dovrà essere demolita e ricostruita.
Il progetto iniziale proposto dalla Regione Veneto prevedeva una spesa da 85 milioni di euro per la demolizione e la costruzione di una nuova pista, oltre alla costruzione di un parco “ludico sportivo” che sarebbe servito a sostenere economicamente la gestione una volta concluse le Olimpiadi. Era stato ritenuto troppo costoso e per questo era stato scelto di rifare soltanto la pista con una spesa di 61 milioni di euro.
Nell’ultima conferenza dei servizi di inizio gennaio è stato decisa la versione definitiva: oltre alla pista, sarà costruito un memoriale per unire simbolicamente le Olimpiadi di Cortina del 1956 a quelle del 2026 e in più è stata prevista la riqualificazione ambientale di sette ettari di boschi attorno alla pista. I costi sono saliti: serviranno 93 milioni di euro. Al momento ne mancano molti, almeno una ventina secondo le ultime stime.
Diverse associazioni civiche e ambientaliste della valle e della provincia di Belluno, dove si trova Cortina, hanno chiesto di spendere i soldi in altro modo, di preservare il bosco e la montagna. L’associazione Comitato Civico Cortina, contraria alla pista, ha inviato lettere al presidente del CIO Thomas Bach e al presidente del Veneto Luca Zaia per chiedere di sostituire le gare di bob con quelle di sci alpinismo, uno sport che non ha bisogno di impianti.
Zaia è tra i grandi sostenitori del rifacimento della pista: finora la Regione ha garantito la copertura di una parte consistente dei fondi necessari per i lavori. «Le Olimpiadi genereranno un PIL (prodotto interno lordo) di un miliardo in Veneto e un miliardo di investimenti», ha detto Zaia. «È un dare-avere, e credo che il bilancio sia assolutamente a favore dell’avere. Non siamo feticisti delle infrastrutture, il dossier presentato per la candidatura prevedeva come punto di forza il bob, un’eccellenza dello sport, in un luogo storico».
Lo scorso settembre il CIO ha risposto ai comitati con una lettera che rimanda la responsabilità alle autorità locali, alla Regione e al comune. Christophe Dubi, direttore esecutivo delle Olimpiadi per il CIO, ha scritto che la nuova pista di Cortina non è un requisito per le competizioni. La Regione e il comune hanno spiegato al CIO che il rifacimento sarebbe andato comunque avanti, anche senza le Olimpiadi, per questo l’organizzazione ha ritenuto di dover sfruttare l’occasione. «Abbiamo concordato che questo progetto non sarebbe stato parte del budget previsto per i giochi olimpici invernali», ha scritto Dubi. Insomma, il progetto sarà pagato dalle autorità italiane e quindi si farà: entro l’inizio di febbraio dovrebbe iniziare il cantiere per la demolizione dell’attuale pista.
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Negli ultimi due anni sono state proposte due alternative: spostare le gare sulla pista da bob di Innsbruck, in Austria, oppure a Cesana Torinese, in Val di Susa, sulla pista che fu costruita per le Olimpiadi del 2006. La prima ipotesi è meno costosa, ma toglierebbe a Cortina d’Ampezzo e anche all’Italia alcune delle gare più attese. Anche la seconda soluzione, pur meno onerosa, comporta dei costi perché la pista di Cesana Torinese è chiusa da tempo.
Tra le infrastrutture previste a cui forse si dovrà rinunciare per via di ritardi e costi troppo alti ci sono anche due strade: la variante di Cortina e la variante di Longarone, in provincia di Belluno. Per entrambe erano stati stanziati circa 500 milioni di euro. La variante di Cortina è in sostanza un tunnel per alleggerire il traffico dal centro del paese durante i periodi di alta stagione, quando dai seimila abitanti si passa a circa 60mila. Era previsto un costo iniziale di 205 milioni di euro, salito a 299 milioni. Il vero problema, però, sembrano essere i tempi: c’è stata la conferenza dei servizi, uno dei passaggi autorizzativi più importanti, ma quasi tutti gli addetti ai lavori dicono che è impossibile finire la strada entro il 2026.
C’è più ottimismo per la variante di Longarone, lunga 11 chilometri, dall’uscita dell’autostrada A27 in località Pian di Vedoia fino all’allacciamento con la galleria di Termine di Cadore. Inizialmente la variante doveva costare 270 milioni di euro: secondo le stime più recenti, rese note dalla Regione Veneto, serviranno 396 milioni. Secondo Zaia è un investimento necessario a prescindere dalle Olimpiadi perché migliorerà l’accesso dei turisti alle Dolomiti. Al momento è difficile prevedere se il cantiere della variante di Longarone finirà entro l’inizio del 2026. Non dovrebbero esserci problemi per altri tre progetti più piccoli, cioè le varianti di Tai, San Vito e Valle, tre paesi sulla strada che porta a Cortina: per tutti è tre è stato pubblicato il bando di gara.
Ci sono molti progetti di riqualificazione di strade anche in Lombardia: la messa in sicurezza della tratta Giussano-Civate sulla strada statale 36, in provincia di Monza e Brianza, la tangenziale sud di Sondrio, la sistemazione della strada statale 42 tra Trescore Balneario ed Entratico, in provincia di Bergamo, la variante di Vercurago, in provincia di Lecco, il superamento dei passaggi a livello della strada statale 38 sulla linea ferroviaria tra Milano-Lecco-Sondrio. Anche queste opere devono fare i conti con un aumento significativo dei prezzi, ma non ci sono molti dubbi sul fatto che si faranno. Non essendo direttamente collegate a impianti sportivi delle Olimpiadi, i problemi legati ai tempi sono meno preoccupanti rispetto alle strade in Veneto.
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Secondo il bilancio delle Olimpiadi riportato dal Sole 24 Ore, il CIO investirà 540 milioni di euro per l’organizzazione e altri 370 per il rifacimento degli impianti. Ci si aspetta che gli sponsor garantiscano 550 milioni di euro anche se al momento sono stati firmati contratti solo per circa 60 milioni di euro. Le previsioni dicono che 200 milioni di euro arriveranno dalla vendita dei biglietti, 50 milioni di euro dalla vendita dei prodotti ufficiali e 50 milioni dagli eventi collaterali. Sui costi, invece, in questa fase è complicato fare stime: inizialmente erano previste spese per 2,1 miliardi di euro, ma le complicazioni relative alle singole opere dimostrano che il bilancio finale sarà diverso, sicuramente più alto.
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