I russi stanno facendo la più grande razzia di opere d’arte dai tempi dei nazisti
Hanno rubato migliaia di opere nei musei ucraini, ed è un'altra possibile violazione del diritto internazionale
Tra i vari crimini compiuti dalla Russia in Ucraina, oltre alla distruzione di infrastrutture civili con missili e razzi, ai bombardamenti, e ovviamente alle violenze e alle torture sui civili, c’è anche l’esteso e sistematico saccheggio di alcune delle più importanti, prestigiose e antiche istituzioni culturali del paese, e il furto di migliaia di opere d’arte. Secondo diversi esperti, la Russia sta rubando opere d’arte in quantità paragonabile a quelle trafugate dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale.
Nel corso di questi mesi di guerra la Russia ha compiuto razzie nei musei di diverse città orientali, tra cui Kherson, Mariupol, Melitopol e Kakhovka. Uno dei furti più grossi è stato quello compiuto lo scorso ottobre al Museo d’arte regionale di Kherson. I russi hanno circondato il museo, sono entrati in massa, hanno staccato dai muri dipinti e sottratto oggetti dalle teche da esposizione, per poi impacchettarli in fretta in grossi fogli di cartone e portarli via. Alina Dotsenko, la direttrice del museo che in quel momento aveva lasciato il paese, ha riferito al New York Times alcuni racconti di testimoni oculari, secondo cui i soldati russi caricavano e ammucchiavano quadri e opere sui propri mezzi «come se fosse spazzatura».
Oggi al museo di Kherson molte teche sono completamente svuotate. Secondo i procuratori ucraini che se ne stanno occupando le opere rubate sono circa 15mila. Sempre a Kherson i russi hanno poi portato via statue di bronzo dai parchi, rubato libri da un’antica biblioteca scientifica e sono arrivati a rubare anche i resti delle ossa di Grigory Potemkin, il condottiero russo considerato il fondatore sia di Kherson che di Odessa.
Un’altra razzia di opere d’arte piuttosto estesa è stata compiuta a Melitopol, città dell’Ucraina meridionale e una delle prime conquistate dai russi (Kherson è stata liberata, Melitopol è ancora sotto il loro controllo). Testimoni oculari hanno raccontato che in quel caso i russi si erano presentati in un museo locale insieme a un uomo vestito con un camice bianco e dei guanti, che con la protezione dei soldati aveva delicatamente sottratto tutti gli oggetti più preziosi della collezione, tra cui gioielli d’oro realizzati oltre 2mila anni fa.
Complessivamente, funzionari del governo ucraino sostengono che la Russia abbia saccheggiato e derubato oltre 30 musei ucraini. La catalogazione delle opere rubate è ancora in corso e include dipinti a olio, stele antiche, vasi, monete, gioielli, statue e busti: si ritiene inoltre che le stime fatte finora delle opere rubate siano destinate a crescere.
I furti di opere d’arte compiuti dai russi in Ucraina non hanno il solo obiettivo di impossessarsi di opere di valore. C’è un livello più profondo, più grave secondo alcuni storici dell’arte, e soprattutto più coerente con le motivazioni e le ossessioni sulla base delle quali il presidente russo Vladimir Putin ha iniziato questa guerra: cioè la volontà di privare il popolo ucraino della propria cultura e identità nazionali, per assimilarle a quelle russe e dimostrare che l’Ucraina non deve essere considerata una nazione autonoma, come da tempo sostiene Putin basandosi sulle letture falsate e distorte della storia che nutrono la sua propaganda e il suo nazionalismo.
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In questi mesi gli ucraini hanno fatto di tutto per cercare di difendere il loro patrimonio artistico e culturale. Alcune delle immagini che più circolavano soprattutto all’inizio della guerra erano le statue coperte di sacchi di sabbia nelle piazze di molte città ucraine: un tentativo di proteggerle dai bombardamenti dei russi e di salvare dalle conseguenze della guerra proprio i simboli di quell’identità nazionale che il governo russo punta ad annichilire.
Soprattutto, gli ucraini si stanno attrezzando per poter incriminare e idealmente processare, un domani, il governo russo per le razzie e i furti compiuti nei musei e nei luoghi pubblici ucraini.
Le procure ucraine stanno compilando minuziose liste e inventari di tutti gli oggetti rubati, basandosi sui registri dei musei e cercando di rintracciare potenziali testimoni oculari o collaboratori dei russi. Spesso fanno tutto questo al freddo, con giacche e sciarpe in uffici senza luce e riscaldamento e a causa del cosiddetto «terrorismo energetico” della Russia, cioè il sistematico e mirato bombardamento delle infrastrutture elettriche ed energetiche che l’esercito russo sta portando avanti da mesi.
Le indagini ucraine si basano anche sul fatto che in determinati casi il furto di opere d’arte in guerra può essere considerata una violazione del diritto internazionale. In particolare della Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, chiamata anche semplicemente Convenzione dell’Aia del 1954, di cui sia Russia che Ucraina sono firmatarie.
La Convenzione fu stilata dopo la Seconda guerra mondiale e prevede la protezione di una vastità di beni culturali, come i monumenti architettonici, artistici o storici, i siti archeologici, le opere d’arte, i manoscritti, i libri e una serie di altri oggetti di interesse artistico, storico o archeologico, ma anche le collezioni scientifiche di qualsiasi tipo, indipendentemente dalla loro origine o proprietà.
Per identificare e rintracciare tutte le opere rubate dai russi il governo ucraino ha anche avviato collaborazioni con organizzazioni internazionali che si occupano di beni culturali, come ad esempio l’Art Loss Register, il più ampio database di opere rubate al mondo. Uno degli obiettivi del governo ucraino sarebbe ritrovare almeno alcune delle opere per esempio in alcune aste. James Ratcliffe, uno dei dirigenti dell’Art Loss Register, ha detto al New York Times che nel database sono già state registrate più di 2mila opere ucraine, che includono molte di quelle rubate nei saccheggi dei musei di Kherson e Melitopol.
Il governo russo, da parte sua, sta difendendo le proprie azioni presentandole non come un furto ma come una «liberazione» di opere che sostiene di voler restituire una volta terminata la cosiddetta «operazione militare speciale», il nome con cui Putin chiama la guerra d’invasione che ha iniziato in Ucraina ormai quasi un anno fa.
Lo scorso ottobre, quando Kherson era ancora sotto il controllo dei russi (gli ucraini sono riusciti a liberarla a novembre), Kirill Stremousov, nominato proprio dai russi come amministratore locale, disse che una volta finiti i combattimenti le statue sarebbero state riportate al loro posto e l’esercito russo le aveva portate via per proteggere il patrimonio storico e culturale della zona. Come era prevedibile, ad oggi nessuna delle statue sottratte alla città è stata restituita. Almeno due dipinti sono invece apparsi, scrive sempre il New York Times, in un museo della Crimea, la penisola ucraina che la Russia ha invaso e annesso nel 2014, in quel caso per mezzo di un referendum illegale e considerato illegittimo dalla comunità internazionale.