Il governo canadese ha accettato di risarcire le comunità indigene con quasi 2 miliardi di euro
All'interno di una causa di gruppo per le violenze e gli abusi compiuti nelle "scuole residenziali" tra Ottocento e Novecento
Il governo canadese ha accettato di risarcire con 1,9 miliardi di euro (2,8 miliardi di dollari canadesi) le comunità indigene del paese per gli abusi commessi nelle cosiddette “scuole residenziali” istituite e gestite dal governo e dalla Chiesa cattolica tra la seconda metà dell’Ottocento e il Novecento. La decisione – che deve ancora essere approvata da un tribunale – sarebbe la conclusione di una causa legale collettiva portata avanti da 325 gruppi indigeni canadesi per le violenze e gli abusi compiute sui minori all’interno di quello che una commissione nazionale ha definito anni fa «un genocidio culturale».
In Canada il dibattito sul trattamento subito dagli indigeni da parte dei coloni è in corso da anni e secondo Garry Feschuk, uno dei leader che hanno portato avanti la class action, questo risarcimento è un primo passo «non solo per riconoscere il dolore, ma per cancellarlo in un percorso comune». I soldi del risarcimento verranno gestiti da un fondo indipendente in base alle disposizioni della corte federale canadese per progetti volti a «rivitalizzare l’istruzione, la cultura e la lingua indigene; per sostenere i sopravvissuti nel processo di guarigione e di riconnessione con la loro eredità».
A partire dal 2021 in Canada sono state scoperte più di 1300 tombe anonime in diverse fosse comuni nei pressi di ex collegi per indigeni, quelli che in inglese vengono chiamati Indian Residential School. A partire dalla fine dell’Ottocento queste scuole furono frequentate da circa 150mila bambini, prima con la gestione della Chiesa cattolica e poi dello stato. I ritrovamenti delle fosse hanno riportato l’attenzione internazionale sulla storia di oppressione vissuta dai popoli indigeni in Canada, e hanno riaperto il dibattito sull’assimilazione forzata e violenta della cultura autoctona da parte dei discendenti dei coloni, di cui proprio i collegi cattolici furono uno dei principali strumenti. Alcune rimasero aperte fino a poco più di vent’anni fa.
Nelle Indian Residential School i bambini venivano tenuti in condizioni igieniche spesso al limite della sopravvivenza, costretti a non parlare la loro lingua e a rimanere a migliaia di chilometri dalle proprie famiglie, spesso prelevati con la forza dalle loro case. L’obiettivo era sottrarre i giovani dall’influenza delle loro comunità e della loro cultura, per farli integrare in quella canadese. Tra le altre cose, dovevano convertirsi al cristianesimo e molti di loro venivano picchiati e subivano violenze fisiche e psicologiche.
A oggi non ci sono stime precise, ma si pensa che migliaia di loro morirono per malattie, malnutrizione, negligenze o suicidio. Alcuni morirono nel tentativo di fuggire. Molti vennero seppelliti in fosse comuni vicino alle scuole, quelle che sono state riscoperte di recente.
Negli ultimi anni le iniziative con le quali il governo canadese ha riconosciuto il genocidio culturale subìto dai popoli indigeni sono state molte. Le prime scuse pubbliche rivolte ai sopravvissuti dei collegi arrivarono nel 2008, quando era primo ministro il conservatore Stephen Harper e venne costituita la Truth and Reconciliation Commission (“Commissione per la verità e la riconciliazione”), che pubblicò un rapporto esteso e dettagliato sulla questione dei collegi. Da allora ci sono stati diversi risarcimenti: se verrà approvato dal tribunale, quest’ultimo porterà a circa 10 miliardi di dollari canadesi la somma totale fin qui data dal governo alle comunità indigene.
Lo scorso luglio, durante una visita in Canada, Papa Francesco si era scusato a nome della Chiesa cattolica per l’oppressione, le violenze e gli abusi commessi da membri della Chiesa nelle Indian Residential School.
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