Le grandi proteste in Perù non si fermano
Proseguono da dicembre, prima per la destituzione del presidente Castillo e ora contro il nuovo governo: finora sono morte almeno 55 persone
Venerdì decine di persone sono state ferite nell’ultima grande ondata delle proteste antigovernative che si stanno tenendo ormai da un mese e mezzo in varie città del Perù. Le proteste erano iniziate con la destituzione dell’ex presidente di sinistra Pedro Castillo, rimosso dal proprio ruolo lo scorso dicembre per aver cercato di sciogliere il parlamento, ma sono legate a una crisi politica e sociale più profonda. In questi giorni ci sono stati nuovi scontri tra la polizia e i manifestanti che sostenevano Castillo, che chiedono le dimissioni della presidente Dina Boluarte e la convocazione di nuove elezioni.
Nelle ultime settimane le proteste si erano concentrate soprattutto nelle aree rurali e più povere del paese, dove il sostegno al governo di Castillo è sempre stato molto forte, ma in seguito si sono estese anche alla capitale Lima. Giovedì per tutta la giornata ci sono stati scontri tra i manifestanti e la polizia nella capitale, dove migliaia di persone erano arrivate dalle parti più remote del Perù proprio per protestare. Le immagini condivise dalla tv nazionale TV Perù mostrano centinaia di manifestanti marciare lungo una strada vicino alla sede del Congresso, con lanci di sassi e raffiche di gas lacrimogeni per disperdere le proteste.
Giovedì sera uno degli edifici storici più importanti del centro della città, una residenza in piazza San Martín, è stato incendiato.
In un comunicato, il ministro dell’Interno Vicente Romero ha detto che a Llave, nella regione di Puno sulle Ande nel sud del paese, circa 1.500 persone hanno attaccato una stazione di polizia. Romero ha aggiunto che è stata incendiata anche un’altra stazione di polizia nella stessa regione, mentre i manifestanti hanno attaccato e provocato danni agli aeroporti di Cusco, Juliaca e Arequipa, la seconda città più popolosa e importante del Perù. Sempre venerdì una grande miniera di rame nella regione di Cusco ha sospeso le sue attività a causa degli attacchi da parte delle persone che protestavano. I manifestanti avevano dato fuoco a un’area destinata ai lavoratori e commesso vari furti: era la terza volta nel giro di un mese.
Secondo i dati diffusi dal governo, venerdì pomeriggio almeno 58 persone sono state ferite in tutto il paese. Dall’inizio delle proteste negli scontri sono state uccise almeno 55 persone e ne sono state ferite più di 770, tra manifestanti e forze di sicurezza.
A manifestare nelle varie città del Perù sono soprattutto i sostenitori di Castillo, rimosso dal proprio incarico per aver cercato di sciogliere il parlamento peruviano prima che questo votasse un impeachment contro di lui e ora in custodia cautelare. I manifestanti chiedono il rilascio di Castillo, ma soprattutto la rimozione di Boluarte, l’ex vicepresidente del Perù, e le elezioni immediate.
Boluarte non ha mostrato alcuna intenzione di dimettersi e a causa delle proteste il governo ha esteso lo stato di emergenza a sei regioni del paese. Dopo le grosse proteste di Lima tuttavia Boluarte ha invitato i manifestanti al dialogo e ha promesso di punire quelli che fanno danni, accusandoli di voler creare il caos nel paese. Nel frattempo alcune organizzazioni per i diritti umani hanno segnalato l’uso di eccessiva violenza da parte della polizia, che oltre a usare gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti avrebbe anche usato armi da fuoco.
Le proteste delle ultime settimane comunque non sono un caso isolato. Negli ultimi anni in Perù era già diffuso un grande malcontento nei confronti dei vari governi, sia a causa di una crisi politica prolungata e della corruzione molto presente tra politici e funzionari pubblici, sia per via della crescente disoccupazione e delle disuguaglianze tra la popolazione. Boluarte è la sesta persona a ricoprire il ruolo di presidente del Perù dal 2016: quasi tutti i suoi predecessori degli ultimi trent’anni sono stati incriminati per corruzione.
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