Tutti i problemi della presidenza di Muhammadu Buhari in Nigeria
Negli ultimi otto anni l'economia di uno dei paesi più importanti dall'Africa non è andata bene e i conflitti interni sono aumentati
Il prossimo 25 febbraio in Nigeria si vota per eleggere il nuovo presidente e per rinnovare il parlamento. Le attenzioni sono concentrate soprattutto sulle presidenziali: l’attuale presidente in carica, Muhammadu Buhari, ha raggiunto il limite costituzionale di due mandati e verrà quindi sostituito. La sua presidenza non è stata considerata soddisfacente: nonostante le promesse fatte in campagna elettorale e le aspettative che si erano create su di lui, non è riuscito a risolvere alcuni dei principali problemi strutturali della Nigeria, soprattutto in ambito economico e sociale.
La Nigeria è uno dei paesi più grandi e importanti dall’Africa, e il sesto al mondo per popolazione: ha 218 milioni di abitanti. È grande circa tre volte l’Italia, è una delle nazioni più giovani al mondo ed è una repubblica federale con 36 stati, suddivisi in oltre 700 amministrazioni locali, ed è il più grande produttore di petrolio del continente. Con toni un po’ troppo entusiastici, è stata spesso descritta come una “superpotenza emergente”, ma è anche uno stato piuttosto tribolato e con tantissimi problemi. C’è molta povertà, che coinvolge circa la metà della popolazione totale, e ci sono gravi e radicati problemi di instabilità politica, dovuti soprattutto a conflitti territoriali interni e a frequenti attacchi compiuti da gruppi criminali o terroristi.
Tra questi c’è Boko Haram, l’organizzazione jihadista che è nata proprio in Nigeria all’inizio degli anni Duemila e che oggi è diffusa in diversi stati africani. Ci sono anche grossi problemi ambientali: nel 2022 per esempio le sole alluvioni hanno provocato la morte di oltre 600 persone.
Buhari fu eletto la prima volta nel 2015, e poi di nuovo nel 2019. Aveva già guidato il paese in precedenza: nel 1983, quando era generale, fu a capo di un colpo di stato compiuto dai militari, e tenne il potere fino al 1985. In quei due anni criticò la corruzione del governo destituito e approvò leggi repressive sulla libertà d’espressione e di stampa, imprigionando tra l’altro diversi oppositori politici. Fu a sua volta rimosso con un colpo di stato e poi imprigionato per tre anni.
Si candidò a tutte le elezioni presidenziali dal 2003 in poi, cambiando diversi partiti: passò dal Partito del popolo, conservatore, al Congresso per il cambiamento progressista, di centro, che co-fondò insieme ad altri. Nel 2015 vinse infine le elezioni presentandosi con il Congresso progressista, sempre di centro (nato dalla fusione di tre partiti tra cui il Congresso per il cambiamento progressista), di cui fa parte ancora oggi. Sia nel 2015 che nel 2019 Buhari fece leva sul suo passato da militare ed ex capo di stato per presentarsi come un leader decisionista in grado di cambiare, risollevandole, le sorti del paese. Promise soprattutto di rendere la Nigeria un paese più ricco e più sicuro.
Dalla sua prima elezione sono passati otto anni: secondo diversi analisti, i cui pareri sono confermati da alcuni dati, non si può dire che ci sia riuscito.
Dal 2015 al 2020 il reddito medio annuale pro capite in Nigeria è sceso e l’estesissima povertà non solo è rimasta uno dei problemi principali del paese, ma è aumentata. Tra il 2014 e il 2019 la percentuale di persone che vivono sotto la soglia della povertà è lievemente calata, passando dal 43 al 37 per cento, per poi tornare al 40 per cento e aumentare nuovamente durante la pandemia. Più in generale, secondo dati pubblicati lo scorso marzo dalla Banca mondiale, come altri paesi africani l’economia nigeriana aveva goduto di una certa crescita nei primi quindici anni di questo secolo, per poi tornare a contrarsi. Durante i due mandati di Buhari la crescita economica nigeriana è stata nettamente più lenta rispetto a quella di altri paesi africani.
Per quanto riguarda i conflitti e la violenza diffusa nel paese, le cose non sono andate meglio.
Il numero di scontri etnici, territoriali, politici e sociali e di attacchi di gruppi criminali e di terroristi che hanno provocato morti è sensibilmente aumentato proprio negli anni del mandato di Buhari. Dati citati dall’Economist dicono che nel 2022 attacchi armati di vario tipo hanno colpito almeno 550 delle 774 suddivisioni amministrative in cui è suddiviso il paese (“local government areas”), che sono state rapite almeno 3mila persone, quasi 30 volte quelle rapite nel 2016, e che ne sono state uccise circa 10mila.
Buhari ha ottenuto qualche successo, per esempio completando un’attesa riforma per rendere il sistema elettorale più trasparente e realizzando alcuni grossi progetti di infrastrutture di strade, ferrovie e reti elettriche che erano in lavorazione da decenni. Né certamente si può dire che la persistenza dei molti problemi strutturali della Nigeria sia da attribuire al suo solo operato: dal punto di vista economico, per esempio, la mancata crescita dell’economia nigeriana è dovuta anche alla sua poca diversificazione, che la rende particolarmente esposta alle fluttuazioni del mercato.
La Nigeria dipende molto dalle esportazioni di petrolio, il cui prezzo è crollato proprio nei primi anni del mandato di Buhari. A questo si è aggiunta la pandemia, con le sue conseguenze sulle economie di tutto il mondo, e l’aumento dell’inflazione provocato a sua volta dalla guerra in Ucraina.
Allo stesso tempo però l’impressione condivisa da diversi analisti è che Buhari abbia avuto alcune forti responsabilità, e che la persistenza di povertà e conflitti sia stata anche il risultato di sue precise scelte politiche, o in alcuni casi dell’inefficacia delle sue azioni di governo.
Il giornale nigeriano Premium Times scrive che nel 2021 Buhari ha passato circa 200 giorni nel Regno Unito per ragioni mediche: come altri leader africani che avevano fatto lo stesso, Buhari è stato accusato di non fare nulla per migliorare le cattive condizioni degli ospedali nigeriani e di suggerire col proprio comportamento che a chi può permetterselo convenga curarsi all’estero. Sempre durante il mandato di Buhari, il personale sanitario ha organizzato scioperi per protestare contro l’immobilità del governo federale a fronte delle pessime condizioni di molti ospedali.
Sono state criticate soprattutto alcune scelte economiche di Buhari, considerate particolarmente miopi e dannose. Quando per esempio il crollo del prezzo del petrolio ha colpito l’economia nigeriana, alcuni economisti hanno ritenuto che la scelta migliore fosse lasciar indebolire la valuta, rendendo così le proprie esportazioni più convenienti per gli acquirenti esteri e colmando così almeno parzialmente le perdite dovute al calo delle quotazioni del petrolio. Buhari ha invece risposto al crollo dei prezzi con politiche protezioniste e un po’ antiquate, vietando alcune importazioni per stimolare l’economia locale, senza tener conto del fatto che in molti settori l’industria non era sufficientemente sviluppata. Il risultato è stato un aumento dei prezzi e quindi dell’inflazione generale e la chiusura di alcune fabbriche.
Cheta Nwanze, un analista nigeriano della società di consulenza SBM Intelligence, ha detto all’Economist che sul piano politico Buhari ha spesso privilegiato la promozione di persone a lui vicine e leali, indipendentemente dalle loro capacità.
Alle elezioni di febbraio si presenteranno i candidati dei due principali partiti nigeriani, cioè Atiku Abubakar del Partito democratico del popolo, di centrodestra, e Bola Tinubu del Congresso progressista, quello di Buhari, di centro. Tra i due il favorito sembra essere Tinubu, anche se c’è un terzo candidato di cui si discute molto sia in Nigeria che all’estero e che sta attirando parecchie attenzioni: Peter Obi, del Partito del lavoro, di centrosinistra.
Obi ha 61 anni, è il più giovane dei tre (Abubakar ha 76 anni e Tinubu ne ha 70), è stato governatore dello stato orientale di Anambra ed è un ricco uomo d’affari che si è costruito una reputazione di uomo pragmatico e affidabile. È in cima a diversi sondaggi, e c’è chi pensa che nonostante la sua lontananza dalle fasce più povere della popolazione, la sua leadership energica e propositiva possa raccogliere molti consensi tra gli elettori più giovani e progressisti, molto numerosi in Nigeria e desiderosi di cambiamento.