Jacinda Ardern ha annunciato le dimissioni
A sorpresa, la prima ministra neozelandese ha detto che lascerà il suo incarico con nove mesi d'anticipo e che non si ricandiderà
Giovedì la prima ministra neozelandese Jacinda Ardern ha annunciato in una conferenza stampa che si dimetterà a inizio febbraio, diversi mesi in anticipo rispetto alle elezioni generali che si terranno il prossimo 14 ottobre in Nuova Zelanda. L’annuncio è stato sorprendente, perché le dimissioni di Ardern non sono state provocate da una crisi politica, ma da una sua decisione: «Mi dimetto perché questo ruolo di grande privilegio comporta responsabilità. La responsabilità di sapere quando sei la persona giusta per fare da guida, e quando non lo sei», ha detto, per poi aggiungere: «So cosa richiede questo lavoro e so che non ho più abbastanza energie per rendergli giustizia. È semplice».
Ardern ha anche detto che fino ad allora resterà parlamentare, ma che non si ricandiderà. Il suo ultimo giorno da prima ministra sarà il 7 febbraio. Non è ancora chiaro chi prenderà il suo posto fino alle elezioni: il vice primo ministro Grant Robertson ha detto che non si candiderà per la leadership del Partito laburista, di cui lui e Ardern fanno parte, aprendo di fatto una competizione interna per chi succederà ad Ardern.
Ardern ha 42 anni e aveva appena cominciato il suo sesto anno di mandato: era entrata in carica a 37, diventando una delle leader più giovani al mondo. L’anno successivo era diventata la seconda leader mondiale di sempre ad affrontare una gravidanza durante il suo incarico. Nonostante godesse di un’ottima fama a livello internazionale, ultimamente il suo governo aveva dovuto affrontare diverse critiche ed erano già circolate voci sul fatto che la prima ministra potesse dimettersi prima delle elezioni di ottobre.
Da prima ministra nel 2019 aveva dovuto affrontare la strage di Christchurch, considerata il più grande omicidio di massa della storia neozelandese, quando il 15 marzo un uomo chiamato Brenton Tarrant uccise 51 persone in un attacco armato a una moschea e a un centro islamico: Ardern era stata molto apprezzata per come aveva gestito quella crisi e per come aveva poi sostenuto la comunità musulmana neozelandese.
Pochi giorni dopo la strage aveva annunciato una riforma della legge neozelandese sulle armi, e nei mesi successivi aveva messo in atto diverse misure concrete per limitarne il possesso: meno di un mese dopo era stata approvata una legge che vietava la vendita e l’utilizzo di molti tipi di armi semiautomatiche, poi il governo aveva finanziato il riacquisto da parte dello stato di vecchie armi possedute dai neozelandesi.
Nel 2020 il suo governo era stato lodato a livello internazionale per come aveva gestito la pandemia, applicando tempestivamente rigide restrizioni sia all’interno del paese che per le persone che arrivavano da fuori: in questo modo Ardern era riuscita a limitare per mesi i contagi e i morti, e il suo approccio, per quanto non del tutto replicabile altrove, era stato visto come un modello virtuoso.
La pandemia è però stata anche alla base di recenti grosse contestazioni subite da Ardern: a febbraio del 2022 c’era stata una protesta di tre settimane davanti alla sede del parlamento a Wellington, la capitale del paese, contro le rigide restrizioni che erano ancora in vigore. In quei giorni c’erano stati diversi scontri tra i manifestanti e la polizia, che avevano portato a decine di arresti.
Il mese scorso Ardern aveva annunciato che una commissione d’inchiesta si sarebbe occupata di giudicare la gestione della pandemia da parte del suo governo e di capire come si possano affrontare eventuali eventi simili in futuro: la relazione finale è prevista per l’anno prossimo.
È soprattutto negli ultimi due anni che Ardern ha perso consensi: alle ultime elezioni politiche che si erano tenute a ottobre del 2020 il suo partito aveva ottenuto una vittoria di dimensioni storiche, con quasi il 50 per cento dei voti, e lei era stata confermata prima ministra, soprattutto sulla scia dell’ottima gestione della pandemia che le era stata riconosciuta in quei primi mesi di emergenza.
Ultimamente Ardern era stata criticata anche per non aver concretizzato sufficientemente alcune proposte che erano state suoi cavalli di battaglia, come la riduzione della povertà infantile e il potenziamento dell’offerta delle abitazioni. Nei suoi anni al governo Ardern ha realizzato diverse leggi sui diritti civili, come quelle per depenalizzare l’aborto e rendere legale l’eutanasia, ma è stata accusata di non curarsi abbastanza di temi come economia e sicurezza.
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Negli ultimi mesi Ardern era stata contestata anche dagli allevatori neozelandesi a causa del piano del governo per tassare le emissioni delle mucche: una proposta ambiziosa in risposta al cambiamento climatico, che se sarà approvata renderà la Nuova Zelanda il primo paese al mondo a introdurre misure di questo genere.
I sondaggi degli ultimi tempi erano perciò molto cambiati rispetto al 2020: il Partito laburista (di centrosinistra) era dato dietro ai conservatori del Partito nazionale in vista delle prossime elezioni, e Ardern sembrava avere poche possibilità di rielezione. Le dimissioni con nove mesi di anticipo però sono arrivate in modo del tutto inaspettato.
Il fatto che Ardern fosse apprezzata a livello internazionale è dimostrato anche da diverse dichiarazioni di leader esteri arrivate subito dopo l’annuncio delle dimissioni: tra gli altri, il primo ministro australiano Anthony Albanese ha detto che «ha mostrato al mondo come essere leader con forza e intelligenza». Ma è stata lodata in questo senso anche dal suo principale avversario politico, il leader del Partito nazionale e dell’opposizione Christopher Luxon, che ha riconosciuto il suo contributo al paese e l’ha definita «una forte ambasciatrice della Nuova Zelanda sulla scena internazionale».
Ardern ha chiesto al suo partito di rimpiazzarla entro il 7 febbraio, giorno che ha indicato come il suo ultimo da prima ministra. Domenica i parlamentari laburisti voteranno per eleggere il loro nuovo leader: se nessuno dovesse ottenere due terzi dei voti, la votazione si aprirà a un gruppo più ampio, composto per il 40 per cento dai parlamentari laburisti, per un altro 40 per cento da iscritti al partito e per il restante 20 per cento dai sindacati affiliati al partito.
Rispondendo alle domande dei giornalisti, Ardern ha spiegato di non avere piani particolari dopo le sue dimissioni, almeno per il momento. Ha detto di voler passare più tempo con la sua famiglia e di volersi sposare, dal momento che aveva rimandato il suo matrimonio a causa della pandemia.