I campioni del Barcellona in trasferta a Ceuta, exclave spagnola in Marocco
Giovedì si gioca una delle partite più particolari del calcio europeo, nella profonda periferia dell'Europa
di Valerio Clari
Giovedì sera a Ceuta, exclave spagnola in Marocco a un’ora e mezza di macchina da Tangeri, si gioca una partita di calcio molto particolare. Una delle squadre più titolate e importanti del calcio mondiale, il Barcellona, affronterà la squadra locale, di un livello molto più basso, per l’ottavo di finale della Coppa del Re, l’equivalente della nostra Coppa Italia. È una di quelle partite che non si vedono spesso nel calcio europeo, e non solo per la differenza qualitativa tra le due squadre: anche per la particolarità di Ceuta, un posto ai confini della Spagna e dell’Europa, dove la cultura spagnola si mischia con quella marocchina e dove non si vedono spesso arrivare squadre di campioni del calibro del Barcellona.
I giocatori del Barcellona arriveranno a Ceuta poche ore prima della partita, in elicottero, e partiranno subito dopo la fine della gara. È una scelta inusuale quella dell’elicottero, ma la dirigenza del Barcellona ha ritenuto che fosse il metodo migliore per diminuire la scomodità del viaggio verso un posto assai periferico, che pur essendo territorio spagnolo non ha nemmeno un proprio aeroporto.
La squadra del Ceuta ha raggiunto a sorpresa l’ottavo di finale della Coppa del Re, unico club della terza divisione spagnola (la nostra Serie C) a superare i tre precedenti turni. È un risultato sorprendente, tanto più perché il Ceuta è ultimo in classifica nel suo campionato.
Una partita tra Ceuta e Barcellona non è una prima volta assoluta e le due squadre in coppa si sono già incontrate tre volte: prima della Seconda guerra mondiale, poi nel 2000 e l’ultima nel 2010. Nemmeno a dirlo, è sempre passato il Barcellona e anche stavolta i pronostici sono tutti a favore della squadra catalana. Ma per il Ceuta avere il Barcellona nel suo territorio è un evento quasi unico e certamente redditizio da un punto di vista economico. Per la città è un modo di far parlare di sé in Spagna per questioni diverse dall’immigrazione clandestina, il tema per cui la Città Autonoma (una denominazione che la colloca a metà fra un comune e una nostra regione) finisce solitamente sui quotidiani spagnoli.
Ceuta è sulla sponda africana dello stretto di Gibilterra, ha poco più di 80 mila abitanti e una superficie di 18,5 chilometri quadrati. È circondata dal Marocco: la frontiera è recintata, per bloccare o limitare gli ingressi dei migranti nel territorio dell’Unione Europea. È spagnola dal 1668, quando il Portogallo, che l’aveva conquistata un paio di secoli prima, la cedette alla Spagna. Fu poi coinvolta in una guerra ispano-marocchina nel Diciannovesimo secolo e divenne parte del Protettorato Spagnolo sul Marocco nella prima metà del Novecento. È diventata infine un’exclave spagnola, così come Melilla (circa 400 km più a est), quando il Marocco ha riguadagnato l’indipendenza.
In tutti i documenti e discorsi ufficiali oggi il governo locale sottolinea la convivenza pacifica di quattro religioni (cristiana e musulmana le maggiori, ma anche ebrea e indù), anche se le diverse comunità vivono per lo più in quartieri diversi.
La squadra di calcio del Ceuta è invece nata nel 1956, alla fine del Protettorato, fondendosi con l’Atletico Tetuán (dell’omonima città, oggi marocchina) ed ereditandone il posto nella seconda divisione spagnola, la nostra Serie B. Quelli immediatamente successivi sono stati gli anni di maggior successo per la squadra. Nel 1961 si è giocata anche uno spareggio per salire in prima Divisione, perdendolo. Nei decenni successivi è sempre stata fra la quarta e la quinta serie, scomparendo anche per quattro stagioni per fallimento.
Negli ultimi anni è risalita fino all’attuale terza divisione. In questa Coppa del Re, che favorisce le squadre “piccole” facendo loro disputare in casa gli incontri a eliminazione diretta, ha eliminato Utrera, Ibiza ed Elche (le ultime due di categoria superiore).
La partita contro il Barcellona è ovviamente impari, sulla carta. Il budget del Ceuta per questa stagione si aggira intorno ai 3-4 milioni di euro, di cui 1,2 arrivano sotto forma di sovvenzioni da parte del governo locale: non basterebbero per pagare l’ingaggio annuale di quasi nessuno tra i titolari del Barcellona. Il presidente del club è Luhay Hamido, che tutti in Spagna ricordano come concorrente della quinta edizione del Grande Fratello nei primi anni Duemila: allora il programma era ancora un fenomeno di costume, e persino la sua partecipazione durata appena un paio di settimane è rimasta nella memoria collettiva, perché fu uno dei primi musulmani osservanti a entrare nella casa e per una frase diventata una specie di tormentone. Il suo «Pa’ chulo, chulo mi pirulo» fu ripetuto alla sfinimento, finì in canzoni, su magliette e ovviamente ovunque online: è traducile con «se vuoi fare il figo, il vero figo è il mio pene» (detto in modo più sintetico e volgare).
Hamido non ha fatto carriera nello spettacolo, ha preso due lauree ed è tornato al calcio (era giocatore a livello locale) a Ceuta, diventando presidente della squadra nel 2016.
Gestire una squadra di calcio di alto livello a Ceuta è un po’ più complicato che altrove. «I problemi che il Barcellona ha per venire in trasferta qui, noi li abbiamo ogni quindici giorni», dice il direttore sportivo Edu Villegas. Il Barcellona alla fine arriverà in aereo a Malaga e da lì la squadra salirà su due elicotteri, per un viaggio di circa 35 minuti organizzato appositamente e decisamente costoso. Il Ceuta, quando deve andare a giocare sulla penisola, usa invece le soluzioni scartate dal Barcellona: il traghetto fino a Algeciras, con spostamento in pullman fino a destinazione o fino all’aeroporto di Malaga, oppure un volo da Tetuán, in Marocco, che dista circa un’ora ma che comporta formalità doganali.
A volte è un po’ complesso anche convincere i giocatori a venire a giocare nel Ceuta, racconta sempre Villegas: «Molta gente non conosce la realtà della città, ha dei pregiudizi culturali, non sa che qui si vive benissimo». Racconta che serve spiegare bene la situazione e che aiuta che la società sia solida e che paghi puntualmente, cosa che non sempre succede nelle categorie minori.
Nel mercato invernale ha aggiunto quattro giocatori per provare a raggiungere l’obiettivo della “salvezza”, e fra questi c’è anche il difensore italiano Fabrizio Danese. Danese dice che giocare qui gli è sembrata «un’occasione da non perdere». È arrivato da un paio di settimane, ha già segnato al debutto contro la seconda squadra del Real Madrid (che gioca in terza serie), e sostiene che le prime impressioni siano buone.
Con la promozione in estate la società ha dovuto rifare il prato del campo, che era di erba artificiale: la federazione spagnola lo vuole in erba naturale, fino alla terza serie. Per l’arrivo del Barcellona ha aggiunto invece, con molta fretta, una tribuna temporanea al suo stadio, per aumentare la capienza di circa 2.000 posti e raggiungere i 6.500 posti complessivi. Si dovrebbe arrivare al tutto esaurito, anche se in città molti si lamentano per i prezzi un po’ troppo da “grande club europeo”: si va dai 50 ai 180 euro, con sconti per gli abbonati. Del resto l’occasione per fare incassi è unica.
Le due partite col Barcellona degli ultimi vent’anni avevano attirato molti tifosi dalle città vicine del Marocco, paese ad alta passione calcistica, come confermato dai successi della sua Nazionale e il forte seguito popolare nel recente Mondiale in Qatar. Stavolta ce ne saranno di meno, per questioni politiche: da un paio d’anni anche i residenti delle province vicine, che erano esentati dalla necessità di un visto per entrare a Ceuta, ora ne hanno bisogno. È il risultato della crisi del maggio 2021: al centro c’è una disputa, aperta dal 1975, sul Sahara Occidentale, conteso fra Marocco e Fronte Polisario, che ne ha dichiarato l’indipendenza. Lo status giuridico dell’area, principalmente desertica, rimane irrisolto. Nel 2021 il governo marocchino per ritorsione per le posizioni spagnole riguardo alla questione, considerate troppo vicine a quelle del Fronte, di fatto aprì le frontiere, provocando l’arrivo di quasi 12.000 migranti in città. Oggi la crisi fra i due paesi sta rientrando, ma la richiesta di visto per ora permane.
Mercoledì, a un giorno dalla partita, allo stadio si lavorava ancora, anche per posizionare le telecamere per il VAR, che a Ceuta non avevano mai utilizzato (è previsto in coppa dagli ottavi). Il governo locale di Juan Vivas, del Partito Popolare (centrodestra), ha annunciato un ricevimento ufficiale per la dirigenza del Barcellona. La cosa ha provocato molte critiche da parte delle sezioni locali del partito di estrema destra di Vox per i «forti legami del club calcistico con il separatismo catalano». Il Barcellona ha infatti sostenuto in maniera più o meno diretta le istanze indipendentiste catalane, cosa che non è mai piaciuta ai partiti politici espressamente “unionisti”, tra cui proprio Vox.
Sui giornali locali si è anche parlato molto delle richieste gastronomiche del Barcellona all’hotel che ospiterà la squadra in città: succede in realtà piuttosto abitualmente che i nutrizionisti delle squadre di alto livello mandino menù e indicazioni alle strutture. Qui però sono trapelati e così le trenta uova fritte o i consigli per la cottura del salmone destinato a Ousmane Dembélé hanno fatto notizia, anche perché l’attaccante francese in Spagna si è costruito una reputazione di giocatore tanto talentuoso quanto viziato. Tutto viene citato e utilizzato per animare la retorica da “Davide contro Golia” dalla città e dai suoi abitanti, che spesso si sentono trascurati e distanti dal resto della Spagna.
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