Una sentenza significativa per lo sport femminile
È quella con cui la FIFA ha imposto al Lione di pagare per intero gli stipendi versati solo in parte a una sua calciatrice in gravidanza (ora alla Juventus)
Martedì il sindacato FIFPro dei calciatori e delle calciatrici professioniste ha annunciato la chiusura del caso che coinvolgeva da una parte la squadra di calcio femminile francese del Lione e dall’altra una sua ex calciatrice, l’islandese Sara Björk Gunnarsdóttir, dalla scorsa estate alla Juventus.
In mancanza di un ricorso da parte del Lione, il caso si è chiuso con la sentenza che lo scorso maggio la FIFA, l’organo che governa il calcio mondiale, aveva emesso a favore della giocatrice, la quale dopo non essere stata pagata regolarmente durante la sua recente gravidanza si era rivolta proprio alla FIFA per ottenere gli stipendi non ricevuti.
Gunnarsdottír fu ingaggiata dal Lione, la squadra femminile più vincente d’Europa, il primo luglio del 2020 con un contratto valido fino al 30 giugno 2022. A inizio marzo del 2021 scoprì di essere alla quinta settimana di gravidanza e dopo circa un mese lo disse al Lione.
Come ha spiegato in questi giorni, Gunnarsdottír aveva tenuto la notizia per sé fin quando era riuscita a giocare regolarmente, anche per il timore di affrontare una cosa che non era mai successa non solo a lei, ma neanche alla squadra per cui giocava.
Disse al Lione di essere incinta solo quando diventò troppo difficile allenarsi. A quel punto, di comune accordo con la società, fu esentata dalle attività della squadra e autorizzata a passare il resto della gravidanza in Islanda, per stare in famiglia e ricevere le assistenze necessarie nel suo paese. Continuò anche ad allenarsi, nei modi in cui le erano possibili.
Mentre era in Islanda si accorse però che il Lione aveva smesso di pagarla regolarmente. Per tre mesi (da aprile a giugno) le erano state versate soltanto piccole percentuali di mensilità, mentre il regolamento della FIFA sui contratti della categoria prevedeva il versamento dell’intero stipendio per la durata della gravidanza fino al congedo di maternità (il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro che copre un arco di tempo a cavallo del parto, e che nel caso di Gunnarsdóttir cominciava dal 24 settembre 2021).
Pensando a un errore lo fece presente ai dirigenti del Lione, che risposero solo dopo diverse sollecitazioni, facendole capire che per loro non c’era nulla di sbagliato. Contrariamente agli accordi presi in precedenza, visto il suo ritorno in Islanda per la gravidanza avevano ritenuto che non stesse «fornendo servizi sportivi né alcun altro impiego alternativo» prima del congedo di maternità, ossia uno dei criteri richiesti per continuare a ricevere regolarmente gli stipendi.
Viste le posizioni sorprendenti e poco concilianti del Lione, Gunnarsdóttir decise quindi di rivolgersi alla FIFA sostenuta dal sindacato FIFPro. Dopo averlo comunicato al Lione, le fu risposto che se fosse andata alla FIFA «non avrebbe avuto un futuro in squadra». Ricordando quel periodo, Gunnarsdóttir ha scritto: «Non riuscivo a capire. Ero solo scioccata e ferita. Ero in Islanda, incinta, e pensavo: aspetta, ho appena perso il lavoro? Ero veramente arrabbiata, doveva essere il momento più felice della mia vita». Dopo il parto e il congedo di maternità, Gunnarsdóttir fece ritorno in squadra ma fu di fatto messa ai margini fino alla scadenza del suo contratto.
Da una parte la giocatrice sosteneva di essersi comportata correttamente e sempre in accordo con la società, ma di aver ricevuto soltanto 27.427 euro dei 111mila previsti dal contratto per il periodo compreso tra aprile e settembre 2021, peraltro senza essere avvisata. Chiedeva quindi il versamento degli 83mila euro mancanti.
Dall’altra parte invece il Lione sosteneva che Gunnarsdóttir non fosse stata in possesso dei requisiti per ottenere per intero gli stipendi di quel periodo, nonostante gli accordi e le autorizzazioni concesse in precedenza.
Nella sentenza di maggio la FIFA aveva giudicato ammissibili e quindi accettato le richieste di Gunnarsdóttir, ordinando al Lione di pagare gli oltre 80mila euro in questione per evitare di incorrere in sanzioni sportive. Successivamente il Lione aveva chiesto le motivazioni della sentenza per presentare un eventuale ricorso.
Nelle motivazioni la FIFA sosteneva che il Lione non si fosse comportato «in modo diligente», avendo di fatto ignorato non solo la gravidanza di una sua giocatrice, ma anche il suo stato fisico e mentale, salvo poi avanzare pretese economiche nei suoi confronti in violazione del regolamento. Viste le motivazioni, il club francese non ha presentato ricorso.
In un articolo pubblicato martedì sul sito The Players’ Tribune, Gunnarsdottír ha commentato la vicenda dal suo punto di vista. Nella conclusione si legge: «Mio figlio ha quasi un anno. Adesso sono alla Juventus e sono molto felice. Ma voglio assicurarmi che nessuno debba mai più passare quello che ho passato io. E voglio che il Lione sappia che quello che è successo non è accettabile. Questi non sono solo “affari”, sono i miei diritti come lavoratrice, come donna e come essere umano».
La sentenza è la prima nel suo genere dopo l’introduzione nel 2020 dei nuovi regolamenti in materia di gravidanza delle calciatrici. Questi nuovi regolamenti erano stati introdotti proprio per permettere alle atlete di affrontare la maternità più serenamente e con maggiore sostegno: fino al 2017 soltanto il due per cento delle giocatrici di alto livello allora in attività aveva figli, mentre il 47 per cento riteneva inconciliabile la maternità con l’attività sportiva viste le scarse tutele esistenti.
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