I magistrati Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro saranno processati per rifiuto d’atti d’ufficio in relazione al processo sul caso ENI-Nigeria
Il giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Brescia ha rinviato a giudizio il procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale e il pubblico ministero Sergio Spadaro con l’accusa di rifiuto d’atti d’ufficio, in relazione al processo sul caso della presunta tangente pagata da ENI alla Nigeria. La procura di Brescia, competente per i magistrati di Milano, aveva iscritto i due magistrati nel registro degli indagati nel marzo del 2021, sostenendo che De Pasquale e Spadaro avessero deliberatamente deciso di non depositare alcune prove ritenute favorevoli agli imputati nel processo Eni-Nigeria.
Il processo, nel quale erano imputati Paolo Scaroni e Claudio Descalzi, ex e attuale amministratore delegato di ENI, si era concluso a marzo del 2021 con l’assoluzione di tutti gli imputati, e nel luglio del 2022 la procura di Milano aveva rinunciato a ricorrere in appello.
Nelle motivazioni dell’assoluzione i giudici del tribunale di Milano avevano sottolineato come risultasse «incomprensibile la scelta del pubblico ministero di non depositare fra gli atti del procedimento un documento che reca straordinari elementi a favore degli imputati».
I giudici facevano riferimento a un video registrato di nascosto in cui l’ex manager di ENI Vincenzo Armanna, imputato nel processo e testimone sulle cui dichiarazioni si era basata buona parte dell’accusa della procura, parlava con l’avvocato Piero Amara, ex legale di ENI. Nel video, secondo i giudici, sarebbe emersa l’intenzione di Armanna di «ricattare i vertici della società petrolifera» preannunciando l’intenzione di rivolgersi ai magistrati milanesi per far arrivare «una valanga di merda» e «un avviso di garanzia» ad alcuni dirigenti della società.