All’ex direttrice del New York Times non piace il modo in cui il suo ex giornale parla del Forum di Davos
«Era, ed è ancora, un circolo di segaioli», ha detto, descrivendo i rapporti di convenienza tra i giornalisti e i manager che vi partecipano
Questa settimana è in corso a Davos, una località montana della Svizzera, l’incontro annuale del World Economic Forum, una fondazione senza fini di lucro con sede a Ginevra. L’incontro è molto celebre perché vi partecipano centinaia di politici e imprenditori importanti, ed è un momento in cui alcune delle persone più potenti e ricche della Terra si incontrano e discutono di economia e società (anche se negli ultimi anni si parla di come il prestigio del Forum di Davos sia sempre minore).
A Davos ci sono poi moltissimi giornalisti – alcuni inviati dalle loro testate per seguire l’evento, altri invitati dagli organizzatori per partecipare agli incontri e alle conferenze – e anche per questo c’è spesso una grossa copertura dell’evento: ogni anno, a gennaio, i giornali di tutto il mondo dedicano molti articoli al Forum, con racconti di quello che succede e interviste ai partecipanti.
Negli anni, il rapporto piuttosto stretto che si crea a Davos tra i ricchi del mondo e la stampa ha suscitato alcune polemiche, che quest’anno sono state riprese da Jill Abramson, che è stata la prima e unica donna a dirigere il New York Times, tra il 2011 e il 2014, e che dopo aver lasciato il giornale è diventata un’analista dei media, tra le altre cose.
Abramson, parlando con Ben Smith del giornale online Semafor (che a sua volta è stato un importante editorialista del New York Times fino all’anno scorso), ha detto che quando lei era direttrice sul giornale si parlava molto meno di Davos di quanto si faccia ora.
Se adesso sul New York Times si parla più di frequente di Davos, ha detto Abramson, è perché la dirigenza del giornale spera di ingraziarsi i ricchi manager che vi partecipano: «Mi sono accorta che [dopo le mie dimissioni] sul Times c’è molta più copertura delle “news” di Davos, con interviste ai partecipanti e ai relatori di quelle conferenze infinite. Ovviamente, è un modo per ingraziarsi gli amministratori delegati, che vedendo il loro nome sul New York Times parteciperanno in seguito alle conferenze del NYT [l’acronimo del giornale, ndr], i cui biglietti si vendono a caro prezzo. E da quelle conferenze, ovviamente, nasceranno altre storie farlocche».
Ha poi aggiunto Abramson: «Era, ed è ancora, un circolo di segaioli».