Una settimana complicata per Giorgia Meloni
Da quando il governo si è incartato sull'aumento dei prezzi del carburante è alle prese con parecchi problemi, tra cui l'insofferenza dei suoi alleati
La settimana che si è appena conclusa era iniziata abbastanza tranquillamente per Giorgia Meloni: lunedì 9 gennaio era venuta in visita a Roma la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, martedì era stato il turno del primo ministro giapponese Fumio Kishida. Gli impegni erano consistiti in foto di rito, strette di mano, picchetti d’onore. Poi mercoledì, dopo che il Consiglio dei ministri aveva approvato un decreto-legge “sulla trasparenza del prezzo dei carburanti”, sono cominciati i problemi: Meloni ora si trova a gestire quello che potrebbe essere il primo incidente politico del suo governo senza che gli alleati della maggioranza la stiano aiutando a uscirne. Anzi.
Lei stessa ne ha parlato in un post su Facebook pubblicato il giorno del suo compleanno, domenica, dai toni assai seri: «46 anni. Non so se ci sia da festeggiare, ma c’è sicuramente un augurio che voglio fare io a me stessa. Mi auguro di non farmi spaventare dalla mole dei problemi, di non farmi ammaliare dalle sirene del potere, di non farmi convincere da un sistema che non condivido», ha scritto Meloni.
Il decreto-legge era stato approvato dopo un consistente ma atteso aumento del prezzo dei carburanti, dovuto al fatto che nella legge di bilancio approvata a fine anno non erano stati prorogati gli sconti sulle accise introdotti dal governo precedente. Quegli sconti erano stati decisi in un momento di emergenza, nel pieno della crisi energetica, ma avevano un costo elevato, intorno ai 9 miliardi di euro in meno di un anno. Il margine di spesa del governo Meloni non era così ampio, e così aveva deciso di non prorogare la misura.
In breve, le accise sono imposte dall’importo fisso in euro, che si applicano sull’unità di prodotto (ad esempio euro al litro), a differenza delle altre imposte che solitamente si applicano in percentuale al valore di un prodotto. Quindi, anche se il prezzo dei carburanti oscilla, le accise rimangono le stesse. In Italia sono tra le più alte in Europa.
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Già a inizio gennaio, dopo i primi aumenti dei prezzi, la decisione del governo di non prorogare gli sconti era stata contestata. La scorsa settimana ci si aspettava un intervento correttivo, invece è stato deciso che i distributori dovranno esporre il prezzo medio dei carburanti diffuso ogni giorno dal ministero delle Imprese e del Made in Italy, di modo che gli automobilisti possano confrontarlo con il prezzo di vendita deciso dal distributore. Secondo il governo questa misura contribuirà a «reprimere sul nascere condotte speculative», anche se la causa principale dell’aumento dei prezzi molto probabilmente non è la speculazione dei singoli distributori, ma proprio la fine degli sconti sulle accise.
Il decreto-legge era stato approvato martedì. Mercoledì, dopo le prime polemiche, Meloni era dovuta intervenire per difendere la sua scelta e spiegarne le ragioni. In un video pubblicato sui suoi profili social, aveva detto che «si fanno i conti con la realtà con la quale ci si misura», dovendo anche giustificare quando nel 2019, all’opposizione, aveva criticato duramente il governo allora in carica, invocando l’abolizione delle accise. Tentando di spiegare questa incongruenza, Meloni aveva detto che è ancora convinta che le accise vadano tagliate, ma che le circostanze attuali non lo consentono.
Le associazioni di categoria hanno reagito male al decreto-legge, accusando il governo di scaricare sui distributori la responsabilità della situazione. Giovedì hanno annunciato uno sciopero per il 25 e il 26 gennaio.
La sera stessa il governo ha risposto all’annuncio aggiungendo alcune misure al decreto-legge per accontentare la categoria: impegnandosi ad abbassare le accise in caso di maggiori introiti derivati da un aumento del prezzo del greggio (e quindi dal relativo aumento dell’IVA, l’Imposta sul Valore Aggiunto) e prorogando a dicembre il periodo in cui i primi 200 euro di buoni benzina per ciascun lavoratore non sono tassati.
Il giorno dopo c’è stato un incontro tra governo e associazioni di categoria che si è concluso con una mezza vittoria per Meloni. L’obiettivo era trovare un punto di incontro, e i sindacati hanno detto che lo sciopero non è stato revocato ma «congelato», ossia sospeso fino alla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, avvenuta nel weekend. Martedì dovrebbe esserci un nuovo incontro per arrivare a una decisione definitiva.
Mentre tutto questo succedeva, gli alleati di Meloni non si sono mostrati proprio compatti. I giornali nei giorni scorsi hanno pubblicato alcuni retroscena secondo cui il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, avrebbe definito la vicenda delle accise «il primo errore» di Meloni, un errore che si sarebbe potuto evitare.
Prima che venisse approvato il decreto-legge sulla trasparenza, poi, anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, aveva mostrato di preferire una linea diversa rispetto a quella adottata. Il 9 gennaio aveva detto: «Ragioneremo se, fra guerra, caro materiali e caro materie prime, sia il caso di intervenire e ci siano denari per intervenire». Mentre adesso che è prevalsa la linea della presidente del Consiglio, Salvini è tornato a esprimersi sulla cosiddetta “autonomia differenziata”, dicendo che «sarà una realtà entro il 2023». L’autonomia delle regioni è un tema storicamente distintivo del suo partito, la Lega, e un annuncio in questo senso è sia funzionale alla campagna elettorale in corso per le regionali in Lombardia, che si terranno a metà febbraio, sia un modo per mettere pressione a Meloni, che non vorrebbe affrettare le decisioni del governo in merito.
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Meloni ha fatto capire di non aver gradito l’atteggiamento degli alleati. Sabato si è collegata in video con un evento di Fratelli d’Italia in vista delle regionali in Lombardia e ha detto: «Spero e sono certa che avremo cinque anni [di governo] nonostante i tentativi di buona parte dell’opposizione, e non solo, di fare qualsiasi cosa per mettere i bastoni fra le ruote». Domenica, in un evidente tentativo di mitigare la tensione, Antonio Tajani, ministro degli Esteri e portavoce di Forza Italia, ha diffuso un comunicato in cui si è sentito in dovere di ribadire l’appartenenza del suo partito al governo: «Nessuno può mettere in dubbio il sostegno, leale e determinato di Forza Italia al governo di centro-destra eletto liberamente dai cittadini italiani».