Cos’è questa direttiva europea sulla casa che non piace al governo Meloni

Secondo stime preliminari obbligherebbe a ristrutturare milioni di edifici, ma è un po' presto per preoccuparsi

(ANSA/ FABIO FRUSTACI)
(ANSA/ FABIO FRUSTACI)
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Negli ultimi giorni diversi membri del governo di Giorgia Meloni e più in generale della maggioranza di destra hanno criticato una proposta di direttiva della Commissione Europea che propone di alzare i requisiti minimi di efficienza energetica delle abitazioni private, in modo che siano ristrutturate e consumino molta meno energia di oggi. Secondo le associazioni di categoria dei costruttori, i parametri contenuti nella proposta della Commissione costringerebbero a ristrutturare milioni di case nei prossimi anni, in Italia e in vari paesi europei, con una spesa giudicata insostenibile per i proprietari.

In realtà siamo a uno stadio ancora molto preliminare della discussione. La proposta della Commissione è attualmente in discussione al Parlamento Europeo, che dovrebbe votare una versione emendata del testo a inizio febbraio nella commissione ITRE (Industria, Ricerca ed Energia). Il testo dovrà poi essere approvato in una sessione plenaria del Parlamento Europeo, e quello che ne risulterà verrà usato come base negoziale del Parlamento nei successivi colloqui con la Commissione Europea e il Consiglio dell’Unione Europea, cioè l’organo in cui sono rappresentati i governi dei 27 paesi membri.

Anche il Consiglio avrà un suo testo di riferimento per avviare i colloqui con le altre istituzioni: è già stato approvato ed è molto meno ambizioso della proposta della Commissione, soprattutto sui parametri minimi richiesti per gli edifici residenziali: è ragionevole aspettarsi, quindi, che il testo di cui si sta parlando oggi possa cambiare parecchio e diventare meno stringente, nella sua versione definitiva.

La proposta della Commissione è una direttiva, cioè un testo vincolante ma che i singoli paesi possono applicare con un certo margine. Fu presentata nel dicembre del 2021 e fa parte dell’ambizioso piano della Commissione Europea per contrastare il cambiamento climatico, chiamato Fit for 55 (“Pronti per il 55”), che prevede 12 diverse proposte legislative che nel complesso mirano a ridurre entro il 2030 le emissioni inquinanti del 55 per cento rispetto ai livelli del 1990.

Ridurre il consumo di energia degli edifici è considerato un punto cruciale per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni totali entro il 2030. Nella proposta della Commissione si legge che nell’Unione Europea l’energia utilizzata per riscaldare e raffreddare gli edifici produce circa un terzo delle emissioni totali del settore energetico che causano il cosiddetto effetto serra, il principale responsabile dell’aumento della temperatura media globale.

I punti principali della proposta della Commissione sono due. Il primo è creare un nuovo sistema unificato per stabilire quanto consuma un certo edificio, assegnando a ciascuno un valore da A (per gli edifici che consumano meno, “a emissioni zero secondo la proposta”) a G (indicate come il 15% meno efficiente a livello nazionale), armonizzando i vari sistemi di classificazione nazionali. Il secondo è stabilire dei termini entro cui tutti gli edifici devono raggiungere una certa classificazione: la proposta attuale prevede per esempio che entro il 2033 tutti gli edifici residenziali all’interno dell’Unione Europea raggiungano almeno la classe E.

Non essendo definite tali classi, è difficile fare una previsione per l’Italia. Secondo i dati dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) aggiornati al gennaio del 2022, circa il 57 per cento degli edifici totali fa parte delle classi F e G, che non saranno quelle nuove europee ma potrebbero andarci vicine, e sono quindi sotto alla classe E che diventerebbe obbligatoria nel 2033, se la direttiva fosse approvata così com’è. Secondo i calcoli dell’associazione di categoria dei costruttori edili italiani (Ance), se la nuova classe E europea coincidesse con quella attuale italiana entro il 2033 andrebbero ristrutturati circa 8 milioni di edifici (oggi ne esistono 12,2 milioni).

Il governo Meloni ha accolto le preoccupazioni dei costruttori e spiegato che sta lavorando per ammorbidire le norme nel testo finale della direttiva. Più in generale fin dal suo insediamento il governo si è dimostrato piuttosto prudente sulla transizione verso modelli più sostenibili dal punto di vista ambientale, anche se a parole Meloni ha detto di voler rispettare la riduzione del 55 per cento delle emissioni entro il 2030.

Nicola Procaccini, parlamentare europeo e responsabile nazionale Energia di Fratelli d’Italia, il partito di Meloni, ha detto: «Siamo tutti d’accordo sugli obiettivi finali che il provvedimento persegue, ma contestiamo la mancanza di flessibilità e la tempistica che viene imposta agli Stati. Per questo ci batteremo e proveremo a costruire un fronte trasversale, che possa arrivare anche ai liberali, per riportare la direttiva sulla strada del buonsenso non con paletti, soglie e sanzioni, ma promuovendo, finanziando e sostenendo incentivi e percorsi di maggiore gradualità».

In realtà le stime dei costruttori vanno prese con le pinze, per diverse ragioni. La prima è che la Commissione non ha indicato dei parametri precisi per ogni classe energetica, e oggi ciascun paese europeo ha la sua classificazione. Al momento in Italia gli edifici che appartengono alla classe energetica B sono quelli che consumano dai 31 ai 50 kilowattora per metro quadro all’anno, in Francia fra 50 e 90, in Danimarca fra 52,5 e 70, secondo dati raccolti dal centro studi ING Think. È possibile insomma che nel nuovo sistema di classificazione unificato per tutta l’Unione Europea la classe E avrà parametri più laschi rispetto all’attuale classificazione italiana. 

La posizione del Consiglio dell’Unione Europea in vista del negoziato inoltre fa pensare che il limite contenuto nel testo finale della direttiva potrebbe essere meno vincolante di quello proposto dalla Commissione. Il Consiglio si è detto d’accordo, in linea generale, con gli obiettivi fissati dalla Commissione, ma chiede dei parametri più flessibili: in particolare propone che entro il 2033 gli edifici residenziali di un certo paese raggiungano in media la classe D. Quindi prevede in sostanza di mantenere delle eccezioni, a fronte di un impegno per migliorare l’efficienza energetica di gran parte degli edifici.

Ma la proposta della Commissione potrebbe essere resa meno ambiziosa già durante la discussione nella commissione ITRE del Parlamento Europeo: il Sole 24 Ore fa notare che al momento sono stati presentati più di 1.500 emendamenti al testo proposto, soprattutto dai gruppi politici di centrodestra.