Il “decreto carburanti”, infine

È stato approvato in via definitiva dopo molte modifiche e polemiche, ed è stato il primo vero incidente politico per Giorgia Meloni

(ANSA/ETTORE FERRARI)
(ANSA/ETTORE FERRARI)
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Sabato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il cosiddetto “decreto carburanti”, un decreto-legge voluto dal governo con una serie di misure per contrastare l’aumento dei prezzi dei carburanti degli ultimi giorni. Il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed entrerà in vigore a partire da domenica.

Il decreto ha avuto uno sviluppo molto turbolento: approvato in tutta fretta martedì dal governo come risposta all’aumento dei prezzi del carburante, è stato poi modificato in maniera molto consistente nei giorni successivi, portando il governo e i suoi principali esponenti a rimangiarsi la parola più volte. La questione del decreto carburanti è anche stata, di fatto, la prima vera crisi politica per il governo di Giorgia Meloni, che è stata costretta a intervenire più volte sui media per giustificare le sue scelte e per correggersi, è stata attaccata da vari esponenti della sua stessa maggioranza e ha rischiato di inimicarsi una parte del suo elettorato.

Le polemiche sul prezzo del carburante sono cominciate all’inizio dell’anno, quando il governo ha deciso di lasciar scadere un consistente sconto di circa 18 centesimi al litro sulle accise (ossia le imposte sul carburante) che era stato introdotto dal governo di Mario Draghi per calmierare i prezzi. Lo sconto, peraltro, era giudicato dalla maggior parte degli esperti come una misura molto costosa e iniqua. Costava circa un miliardo di euro al mese e andava a vantaggio di tutti i possessori di un mezzo: non solo di quelli con redditi più bassi o in difficoltà economica, ma anche di quelli che potevano permettersi i rincari.

– Leggi anche: Cosa sono le accise sulla benzina

Anche per questo, nella legge di bilancio il governo di Meloni aveva deciso di non rinnovare lo sconto, accettando ovviamente che i prezzi del carburante aumentassero. Ma quando i prezzi sono effettivamente aumentati all’inizio dell’anno il governo si è trovato in difficoltà: benché lo sconto fosse una misura giudicata iniqua dagli economisti, era ovviamente molto popolare tra i possessori di automobili, che da un giorno all’altro hanno visto il prezzo della benzina aumentare in maniera consistente. Alcuni membri del governo, soprattutto tra i ministri e gli esponenti della Lega, si sono lamentati pubblicamente dell’aumento dei prezzi.

A quel punto il governo ha risposto sostenendo che gli aumenti dei prezzi della benzina erano opera di «speculatori» che stavano lucrando sui consumatori. In particolare alcuni membri del governo, come il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, hanno accusato i benzinai di speculare sui prezzi. Era falso: l’aumento dei prezzi del carburante degli ultimi giorni corrisponde più o meno precisamente all’aumento delle accise deciso dal governo.

In risposta alle accuse del governo, le associazioni dei benzinai avevano annunciato uno sciopero dei distributori di due giorni, a fine gennaio (è poi stato sospeso).

Sono seguiti alcuni giorni di notevole confusione, in cui Meloni ha dapprima cercato di appoggiare la tesi della speculazione e poi, quando si è accorta che non reggeva, ha cercato di difendere la decisione di non rinnovare lo sconto sulle accise.

Nel frattempo era cominciato a circolare un video del 2019 in cui Meloni prometteva che quando fosse andata al governo avrebbe tagliato le accise. Meloni ha risposto al video dicendo che «in questa campagna elettorale io non ho promesso che avrei tagliato le accise», ma rapidamente i giornali hanno ricordato come la «sterilizzazione» delle accise fosse una delle promesse contenute nel programma di Fratelli d’Italia proprio in questa campagna elettorale.

In questo contesto il decreto, che era nato a inizio settimana come un provvedimento d’urgenza per contrastare una «speculazione» di fatto inesistente, nella sua versione definitiva è diventato un insieme di misure piuttosto blande per cercare di limitare nuovi aumenti dei prezzi del carburante e aiutare le persone più in difficoltà a sostenerne i costi. Peraltro, dopo che Meloni aveva difeso la decisione di non rinnovare lo sconto sulle accise, nell’ultima versione del decreto il governo ha inserito un meccanismo per limitare gli aumenti delle accise, smentendosi nuovamente in maniera parziale.

Nella sua versione definitiva, il decreto prevede che i distributori debbano esporre accanto al proprio prezzo di vendita del carburante quello della media regionale, che sarà pubblicato dal ministero delle Imprese e del Made in Italy. Le contravvenzioni per chi non espone i prezzi medi potranno andare dai 500 ai 6.000 euro. Sono stati rafforzati i poteri del Garante per la sorveglianza dei prezzi, che verrà affiancato da una commissione apposita che dovrà tenere sotto controllo gli aumenti anomali del prezzo dei carburanti.

Il governo ha rinnovato una misura del governo Draghi che concede un bonus una tantum di 60 euro per l’acquisto di abbonamenti ai mezzi pubblici, ma ha abbassato molto la platea degli aventi diritto: potrà chiederlo chi ha un reddito inferiore ai 20 mila euro, e non più inferiore ai 35 mila com’era prima.

Il governo ha inoltre approvato un meccanismo che dovrebbe limitare eccessivi aumenti dei prezzi del carburante attraverso la cosiddetta “accisa mobile”, introdotta per la prima volta nel 2008. L’accisa mobile prevede che i maggiori introiti raccolti dallo stato attraverso l’IVA sulla benzina – che è una percentuale sul valore del prodotto, quindi il gettito fiscale aumenta se aumenta il prezzo del greggio – siano investiti per abbassare le accise sul carburante.

Questo però avviene soltanto se, nella media dei due mesi precedenti, il prezzo del carburante supera una determinata soglia decisa dal governo nel più recente Documento di economia e finanza. Questa soglia si basa sul prezzo del greggio e grossomodo corrisponde a un prezzo al distributore superiore ai 2 euro al litro per la benzina in modalità self service.