I secondogeniti sono un antico problema delle monarchie
Soprattutto nella Francia del Seicento, ma anche prima, essere i figli cadetti non è mai stata una passeggiata
Le divisioni interne alla famiglia reale britannica, esposte con dettagli ricchi e particolareggiati nell’ultimo libro del principe Harry, hanno un’origine lontana nel tempo e legata a molti fattori (il racconto completo, dall’inizio, è qui). Sicuramente l’uscita del libro ha causato un certo scompiglio all’interno della famiglia reale, anche se non ci sono state reazioni ufficiali, e per certi versi il principe Harry, che è il figlio minore di re Carlo III, si può considerare un membro problematico della famiglia, che sta attaccando sia il padre sia soprattutto il fratello, il diretto erede al trono britannico, William.
Harry non è l’unico secondogenito reale che ha causato grattacapi alla sua famiglia. Nella storia, spesso, i figli minori hanno avuto un ruolo rilevante nelle monarchie, a volte perché si ribellavano e contendevano il potere al primogenito, altre per motivi simili a quelli di Harry, cioè per screzi personali tra fratelli.
Come ha raccontato Jonathan Spangler, docente di storia alla Manchester Metropolitan University, la tradizione secondo cui l’eredità di una famiglia reale spetta al primogenito risale al XII secolo: prima semplicemente i figli erano invitati a contendersela, in un processo quasi di selezione naturale. Il più forte avrebbe vinto, e in virtù della sua abilità sarebbe risultato anche il candidato ideale a gestire l’eredità.
Nei secoli successivi, anche se il trono toccava di diritto al primogenito, i figli minori dovevano comunque dimostrare il loro valore. Innanzitutto perché nel Medioevo, ma anche dopo, i primogeniti non sempre sopravvivevano e per gli altri c’era spesso una chance di prenderne il posto. E poi perché in molti casi erano invitati a esplorare nuovi territori e conquistarli, anche per far vedere che tutti i membri della famiglia erano in grado di governare. Questo durò fino al XVI secolo circa, quando mandare i figli in giro per l’Europa cominciò a essere percepito come un rischio evitabile.
Tuttavia, con i figli minori nei paraggi, salire al trono e restarci diventò un problema per i primogeniti. Ma non era facile nemmeno il ruolo di secondogenito, che doveva mantenere un comportamento da principe pur non mostrandosi troppo valoroso, mettendo in ombra l’erede diretto.
Due esempi particolarmente significativi di secondogeniti “ribelli” sono riscontrabili nella Francia di quattro secoli fa, nel momento di transizione tra la dinastia dei Valois e dei Borbone. Il primo fu Francesco, duca d’Angiò, a fine Cinquecento. Quando suo fratello maggiore divenne re come Enrico III, gli venne dato il titolo di Monsieur, che spettava al secondogenito. Era un titolo onorifico prestigioso, ma in pratica non comportava nessun vero potere. La cosa era molto frustrante per Francesco, che avrebbe voluto più spazi, ottenere un ruolo in politica e nell’esercito.
Per dirla con le parole di un recente articolo di Spangler, uscito su History Today, «se faceva troppo bene, era visto come una minaccia; se faceva male, era criticato per la sua debolezza o la sua pigrizia. È un problema che hanno anche i figli minori dei reali di oggi: se sono attivi, si pensa che stiano oltrepassando il limite; se non fanno niente vengono criticati perché indolenti».
All’incirca nel 1570, Francesco formò un gruppo di dissidenti interni alla corte, chiamati i Malcontent. Con loro tentò di complottare contro suo fratello, fallendo, dopodiché, a settembre del 1575, se ne andarono da Parigi stabilendosi nei possedimenti di Francesco, che fece una dichiarazione formale contro re Enrico III. A quell’epoca erano in corso le guerre di religione tra cattolici e protestanti, e Enrico III temette che suo fratello potesse schierarsi con i protestanti, dal momento che era meno fedele al papa di lui. Tuttavia Francesco non riuscì a mettere insieme i mezzi sufficienti per avviare una vera ribellione contro il fratello, e la situazione rientrò a novembre.
Il Monsieur della generazione successiva, Gastone d’Orléans, fu ben più problematico di Francesco, che comunque ci aveva provato. Gastone era il fratello minore di Luigi XIII, contro cui si ribellò apertamente più volte, senza però mai riuscire a ottenere nulla. I suoi alleati venivano imprigionati o condannati a morte, mentre lui in quanto erede al trono non poteva essere estromesso dalla corte o messo in prigione.
Probabilmente il motivo della frustrazione di Gastone fu che per molti anni l’erede al trono era stato lui stesso. Luigi XIII e sua moglie, Anna d’Austria, non riuscivano ad avere figli, perciò alla morte del fratello Gastone sarebbe stato incoronato. Alla fine però, quando Luigi XIII aveva quasi 37 anni, nacque il suo primogenito che sarebbe poi diventato Luigi XIV, il Re Sole.
Nel frattempo Gastone provò a detronizzare il fratello più di una volta. La prima ribellione fu nel 1626 con la cosiddetta Cospirazione di Chalais. In quell’occasione fu imprigionato un favorito di Gastone, il maresciallo di Francia Jean-Baptiste d’Ornano, mentre Gastone venne fatto duca d’Orléans. Scrive Spangler: «Emerse uno schema: dopo una ribellione, i consiglieri e gli amici del principe vengono puniti, mentre lui si riconcilia con il re con un dono importante». La ragione era che comunque il re doveva cercare di tenersi buono suo fratello minore, per quanto intemperante.
Lo schema si ripeté almeno altre due volte, fino alla Cospirazione di Amiens del 1636, quando gli furono pagati i numerosi debiti che aveva e gli furono dati altri soldi per stare tranquillo e badare al Castello di Blois, nella Valle della Loira. Poi ci fu un’ultima cospirazione a cui partecipò Gastone, nel 1642: la Cospirazione del marchese Cinq-Mars, anche questa finita male e con la morte del marchese protagonista. Gastone invece fu rimandato al suo castello.
Luigi XIII si riconciliò con Gastone solo in punto di morte, nel 1643. Ma conoscendo l’indole del fratello non gli affidò la reggenza del regno, preferendo la moglie Anna d’Austria, che la tenne finché il piccolo Luigi XIV non fu in grado di governare da solo.
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