Cosa sono questi documenti “classificati”
Una piccola guida su come gli Stati Uniti gestiscono i documenti riservati, che sono diventati un problema per Biden e Trump
Sia il presidente americano Joe Biden sia il suo predecessore Donald Trump si sono trovati di recente al centro di controversie riguardanti l’uso di documenti riservati (o “classificati”, come si dice spesso in Italia). Entrambi, sebbene in circostanze molto diverse, hanno conservato documenti che contenevano informazioni riservate dopo aver lasciato i propri precedenti incarichi di governo: Joe Biden come vicepresidente sotto Barack Obama e Trump come presidente.
Le situazioni dei due sono piuttosto differenti, e a giudicare dalle informazioni disponibili la posizione di Biden sembra molto meno grave. Entrambe però sono accomunate da un utilizzo improprio di documenti riservati.
Nel sistema americano, i documenti riservati sono quelli che contengono (anche soltanto in una porzione di documento) informazioni che potrebbero danneggiare o mettere in pericolo la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. La definizione però è estremamente ampia, e non riguarda soltanto informazioni su piani di guerra, armi nucleari o programmi scientifici segreti, ma anche informazioni e attività molto più banali, come per esempio le comunicazioni diplomatiche. Per questo, si stima che ciascuna amministrazione produca decine di milioni di pagine di documenti riservati ogni anno (anche considerando che basta che una sola frase in un documento sia considerata “riservata” per classificare tutto il documento come riservato).
Nel sistema americano ci sono tre livelli di segretezza: confidenziale, segreto e “top secret”. Il livello confidenziale è il più basso e riguarda informazioni che potrebbero danneggiare la sicurezza degli Stati Uniti; il livello segreto riguarda informazioni che potrebbero danneggiare «seriamente» la sicurezza; mentre il livello “top secret” riguarda informazioni che potrebbero provocare danni «eccezionalmente gravi». Le classificazioni di segretezza sono solitamente decise da persone con particolari autorizzazioni all’interno dell’ente che produce il documento (per esempio il governo americano, un’agenzia governativa, un’ambasciata e così via).
È piuttosto comune, peraltro, che all’interno dello stesso documento riservato ci siano frasi con classificazioni differenti: il titolo del documento potrebbe essere giudicato di dominio pubblico e quindi sarà preceduto dalla lettera “U”, che sta per non riservato (unclassified). Ma all’interno del documento, i vari paragrafi potrebbero essere marcati con “C” (confidenziale), “S” (segreto), “TS” (“top secret”). La classificazione generale del documento dipende dall’informazione più riservata che contiene: se anche soltanto un paragrafo di un documento è TS, tutto il documento è “top secret”.
Per poter accedere ai documenti riservati e leggerli, è necessario avere un’autorizzazione di sicurezza (security clearance). Anche in questo caso, questo tipo di autorizzazioni è relativamente comune, perché è necessario essere autorizzati non soltanto per maneggiare documenti riservati, ma anche per poter essere presenti quando in una riunione o in un altro contesto si parla di informazioni riservate. Si stima che negli Stati Uniti centinaia di migliaia di persone abbiano un qualche tipo di autorizzazione di sicurezza (altre stime più alte parlano di oltre un milione).
Le autorizzazioni dipendono dal sistema di classificazione: chi ha un livello di autorizzazione confidenziale potrà leggere i documenti confidenziali e così via. Questo non significa – soprattutto ai più alti livelli di segretezza – che chi ha un’autorizzazione di livello “top secret” può accedere a tutti i documenti “top secret”. Esistono vari altri sistemi di sicurezza e riservatezza, che tra le altre cose consentono ad alcune informazioni e documenti di essere divisi in «compartimenti» a cui può accedere soltanto chi ha specifiche autorizzazioni. Per accedere alle informazioni più sensibili sulle armi nucleari, per esempio, sono necessarie autorizzazioni che vanno ben oltre un’autorizzazione “top secret” standard.
L’unica persona che può avere accesso a tutte le informazioni e i documenti indipendentemente dal loro grado di riservatezza è il presidente in carica.
I documenti possono essere «declassificati», cioè può essere tolto loro il segreto. L’amministrazione di Bill Clinton, negli anni Novanta, decise che tutti i documenti riservati avrebbero dovuto essere desecretati dopo 25 anni dalla loro produzione, a meno che non contenessero informazioni ritenute ancora sensibili. Il presidente poi ha la piena autorità di desecretare qualunque documento (ci sono solo alcune eccezioni riguardanti, ancora una volta, il programma nucleare).
Le agenzie governative americane sono poi tenute a condurre programmi di revisione dei documenti e a desecretare quelli ritenuti non più sensibili. I cittadini possono inoltre fare richiesta che alcune informazioni siano desecretate, e il governo è obbligato a vagliare queste richieste e a esaudirle, a meno che ovviamente non costituiscano un pericolo per la sicurezza nazionale.
Il problema con Trump e Biden
Sia Trump sia Biden sono accusati di aver conservato documenti riservati dopo aver lasciato il proprio incarico (per Biden si parla di quando era vicepresidente, fino al 2017). Secondo il Presidential Records Act, una legge che risale agli anni Settanta, i presidenti devono consegnare tutti i documenti prodotti dalla propria amministrazione (anche quelli non riservati) alla National Archives and Records Administration, un’agenzia del governo degli Stati Uniti incaricata di conservare i più importanti documenti governativi e storici del paese.
Ma poiché i documenti prodotti sono moltissimi è facile che si siano errori o distrazioni, e che alcuni finiscano dove non dovrebbero. Larry Pfeiffer, un ex dirigente dell’intelligence americana, ha detto ad Associated Press che quando lavorava alla CIA è successo varie volte che si scoprisse che alcuni documenti riservati erano stati messi nel posto sbagliato, o portati via per errore. In questi casi, quando i documenti vengono ritrovati si avvertono le autorità e poi si procede al loro recupero. Questo genere di errori in buona fede di solito viene gestito come una questione amministrativa, senza particolari punizioni o indagini.
Sembra che questo sia il caso di Joe Biden. Finora, a giudicare dalle informazioni pubbliche, sono stati ritrovati pochi documenti in due luoghi: un armadio di un ufficio del centro studi di Biden mentre veniva svuotato e il garage dell’abitazione privata di Biden. Entrambi questi luoghi farebbero pensare (ma non ci sono certezze al momento) che quei documenti riservati siano stati portati via dagli uffici governativi per errore. E immediatamente dopo il ritrovamento sono stati avvertiti il dipartimento di Giustizia e le altre autorità competenti.
La situazione di Donald Trump invece è più complessa. I documenti riservati trovati nella casa di Trump a Mar-a-Lago, in Florida, sono numerosi (più di trecento), e soprattutto l’ex presidente ha fatto molta resistenza e ha cercato in tutti i modi di evitare di restituirli. I suoi avvocati, inizialmente, hanno mentito sull’effettiva quantità di documenti che Trump aveva portato via, e per mesi l’ex presidente si è rifiutato di restituirli, tanto da costringere l’FBI a condurre una perquisizione a casa sua.
Considerato tuttavia che la gestione dei documenti riservati da parte di Biden e Trump è diventata una questione di duro scontro politico, il dipartimento di Giustizia ha deciso di nominare per entrambi un procuratore speciale indipendente per valutare i documenti e il caso.