Il contestato versamento nell’oceano delle acque di Fukushima
Il governo giapponese vuole liberarsene per smantellare la centrale, ma la popolazione e i paesi vicini temono danni ambientali
Venerdì il governo giapponese ha cambiato alcuni termini dell’operazione, molto contestata, di rilascio nell’oceano Pacifico di più di un milione di tonnellate di acqua attualmente contenuta nella centrale nucleare di Fukushima. Dopo oltre dieci anni dall’incidente in cui la centrale nucleare fu gravemente danneggiata da uno tsunami, infatti, nella struttura continuano a esserci circa mille serbatoi pieni d’acqua trattata ma ancora in parte contaminata con materiali radioattivi.
I serbatoi d’acqua impediscono lo smantellamento della struttura e sono un rischio nel caso in cui dovesse verificarsi un terremoto o un altro tsunami: motivo per cui il governo giapponese ha urgenza di liberarsene.
Inizialmente il governo aveva detto di voler versare l’acqua nell’oceano questa primavera, ma venerdì ha parlato di «primavera o estate di quest’anno». Ha anche rivisto alcuni termini dell’operazione per garantire maggiore sicurezza e sostegno economico ai pescatori locali, nel tentativo di raccogliere il consenso della popolazione, che finora si è opposta per timore che alcune sostanze presenti nelle acque possano danneggiare gravemente l’ecosistema marino, la pesca e l’agricoltura.
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Attualmente il piano prevede che la società che gestisce la centrale nucleare di Fukushima, la Tokyo Electric Power Company, si occupi di trattare l’acqua per pulirla dalle sostanze radioattive e di farla arrivare dalla centrale alla costa attraverso una conduttura. Sulla costa, le acque verranno diluite con acqua di mare e poi fatte passare attraverso un tunnel sottomarino fino a uno sbocco in mare aperto. Ma non saranno disperse tutte nello stesso momento: l’intero processo durerà circa quarant’anni. Il tunnel è attualmente in costruzione.
L’acqua contenuta nei serbatoi della centrale è acqua dell’oceano che fu usata dopo l’incidente per raffreddare i reattori danneggiati e altamente radioattivi e poi trattata. Tuttora il combustibile nucleare parzialmente fuso deve essere raffreddato e per farlo periodicamente viene usata nuova acqua, che si accumula nei serbatoi. Gran parte delle sostanze radioattive viene rimossa dall’acqua che viene messa nei serbatoi, che però continua a contenere il trizio, un isotopo dell’idrogeno che non può essere rimosso, e piccole quantità di altri materiali.
La Tokyo Electric Power Company sostiene che, se ulteriormente trattate, diluite con acqua marina e rilasciate gradualmente nell’oceano, le acque della centrale non avranno effetti dannosi sull’ambiente. Molti esperti invece sostengono che gli effetti di una simile operazione non siano prevedibili e che sia preferibile aspettare oltre l’estate per acquisire maggiori informazioni. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA), l’organizzazione dell’ONU incaricata di controllare il settore dell’energia nucleare, è stata a Fukushima più volte negli ultimi anni e aveva approvato il piano, ma tornerà a gennaio per scrivere un rapporto ed esprimere il suo parere prima che l’operazione di smaltimento delle acque inizi.
Oltre alla popolazione locale e all’industria della pesca, anche Cina, Corea del Sud e il Forum delle isole del Pacifico (di cui fanno parte tra le altre Australia e Nuova Zelanda) hanno espresso gravi preoccupazioni e disaccordi rispetto alla decisione del governo giapponese.
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