L’intellettuale più amato dalla destra americana
Psicologo, conferenziere e autore di successo, Jordan Peterson è da anni apprezzatissimo dai conservatori e detestato dai progressisti
Una delle prime discusse decisioni dell’imprenditore statunitense Elon Musk da capo di Twitter, a novembre scorso, è stata riammettere sulla piattaforma alcuni account precedentemente sospesi di commentatori e ideologi più o meno direttamente riconducibili all’alt-right, l’estrema destra americana. Tra questi c’era anche l’account di Jordan Peterson, psicologo e conferenziere canadese sessantenne, da alcuni anni considerato parte del cosiddetto intellectual dark web: un gruppo eterogeneo di accademici e studiosi con storie e orientamenti politici diversi, ma diventati popolari tra le altre cose per le loro tesi sul presunto dominio del politicamente corretto, della cancel culture e della identity politics nelle istituzioni e nel dibattito pubblico statunitensi.
Peterson, il cui account era stato bloccato a luglio 2022 per alcuni tweet considerati transfobici riguardo all’attore transgender Elliot Page, è descritto da tempo come uno dei principali intellettuali di riferimento della destra americana. Gran parte delle sue idee sono fondate su una critica radicale della moderna cultura progressista, da lui ritenuta una minaccia alla stabilità sociale e un tentativo di sovvertire ordini naturali e valori secolari dell’Occidente: valori di cui farebbero parte l’affermazione della mascolinità e il rispetto dei ruoli di genere tradizionalmente assegnati a maschi e femmine.
Dal 2018, l’anno in cui i media cominciarono a occuparsi estesamente di lui, i video delle conferenze pubbliche di Peterson e delle sue partecipazioni come ospite in popolari podcast sono stati visti su YouTube da milioni di persone. E i suoi libri di auto-aiuto, 12 regole per la vita (2018) e Oltre l’ordine (2021), letti e apprezzati da un pubblico prevalentemente maschile, hanno ottenuto uno straordinario successo commerciale.
La popolarità di Peterson – che ha insegnato psicologia a Harvard e alla University of Toronto, ed era noto in Canada già dai primi anni Duemila – è stata per lungo tempo piuttosto trasversale. Ed è stata in parte favorita dal suo carisma, dalle sue abilità retoriche e dai suoi toni il più delle volte pacati: diversi da quelli di solito apprezzati nella destra americana. Fino a un certo momento l’eterogeneità dei suoi interessi e le sue idee sulla società e sulla politica – da molti considerate semplicistiche e piuttosto vaghe, nella migliore delle ipotesi – lo hanno portato a dialogare e discutere anche con studiosi autorevoli. Tra questi ci sono lo psicologo statunitense Jonathan Haidt e il neuroscienziato inglese Karl Friston, e altri pensatori popolari e influenti, come il filosofo sloveno Slavoj Žižek, uno dei più importanti intellettuali della sinistra contemporanea.
Ma la popolarità di Peterson in anni recenti è principalmente cresciuta in seguito a una radicalizzazione delle sue idee in chiave ultraconservatrice e un’evoluzione molto netta della sua reputazione: evoluzione considerata problematica dall’ordine degli psicologi dell’Ontario, che potrebbe revocargli la licenza (Peterson ha comunque smesso di insegnare dal 2017).
Da accademico eclettico ed eccentrico, spesso contestato ma comunque ascoltato e disposto al confronto, e quasi mai intemperante, Peterson ha progressivamente mostrato un’inclinazione crescente a rivolgersi principalmente al suo pubblico e a utilizzare argomenti faziosi, misogini e vittimistici largamente condivisi da molti altri commentatori statunitensi di estrema destra, come il giornalista Ben Shapiro, ma anche dal popolare conduttore di podcast Joe Rogan. Questa evoluzione, che si è espressa anche attraverso un’estesa disinformazione su temi importanti come la violenza sulle donne e il cambiamento climatico, è da tempo considerata molto pericolosa dalla sinistra proprio per l’influenza che Peterson era ed è ancora in grado di esercitare sulla parte del suo pubblico formata da persone giovani e studenti universitari che lo seguono da molto.
Allo stesso tempo una parte consistente del suo successo è stata attribuita da una parte dei media ai limiti della identity politics da anni molto radicata a sinistra: gli approcci politici che si rivolgono all’elettorato definendo e interpretando la realtà e i suoi problemi principalmente sulla base delle identità etniche, religiose, di genere e di orientamento sessuale. Proprio questi approcci, secondo alcuni, sarebbero una delle concause della frammentazione della società e del dibattito politico, di cui anche la polarizzazione riguardo a Peterson può essere considerata una delle innumerevoli espressioni. Altri commentatori, pur critici, nel tempo hanno suggerito più cautela nell’interpretare e distorcere le posizioni di Peterson, a cui talvolta sono state attribuite cose che non ha davvero sostenuto, o ha sostenuto in modo più sfumato, in modo da farle apparire più assurde e disdicevoli.
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Peterson ricevette molte attenzioni mediatiche una prima volta e in modo abbastanza clamoroso nel 2016. In una serie di suoi video su YouTube criticò apertamente un disegno di legge – poi approvato dal parlamento canadese nel 2017 – volto a esplicitare e includere l’«espressione di genere» e l’«identità di genere» tra i motivi di discriminazione vietata in base al Canadian Human Rights Act (CHRA) e al codice penale.
Peterson affermò che il disegno di legge riduceva la libertà di parola perché avrebbe implicitamente reso obbligatorio riferirsi ad alcune persone utilizzando determinati pronomi, come per esempio il singular they (“they singolare”) per le persone trans e non binarie che lo preferiscano rispetto ai pronomi di genere maschile e femminile. Diversi esperti legali chiarirono che l’utilizzo improprio di un pronome non avrebbe potuto costituire una discriminazione ai sensi del Canadian Human Rights Act. E che sarebbe stato necessario che il rifiuto di attribuire un determinato pronome a una persona fosse parte di un’attività discriminatoria «ripetuta e coerente». Centinaia di studenti e docenti della University of Toronto chiesero formalmente il licenziamento di Peterson, mentre altri manifestarono sostegno nei suoi confronti.
Le numerose critiche rivolte a Peterson in ambienti accademici e progressisti in anni recenti, come il rifiuto di lavorare con lui da parte della Cambridge University, sono state più volte utilizzate da Peterson come prova della validità dei suoi argomenti: una prova cioè della diffusione della «spaventosa ideologia della diversità, dell’inclusione e dell’equità», oltre che dell’avversione per il merito, all’interno delle istituzioni. Questo gli ha permesso di costruirsi una reputazione da dissidente e di estendere la sua popolarità attraverso canali personali.
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Peterson ha 3,7 milioni di follower su Twitter e 6,17 milioni di iscritti al suo canale YouTube. Attraverso il suo sito Internet promuove la vendita dei suoi libri, dei biglietti per le sue conferenze e di test della personalità a pagamento basati su modelli statistici la cui validità è riconosciuta in molti ambiti (test che richiederebbero tuttavia di essere somministrati da uno o una specialista in un ambiente controllato, per essere considerati attendibili). L’esperienza accumulata attraverso la pratica clinica e le sue conoscenze di psicologia, oltre ai suoi argomenti, sono considerate una delle ragioni del successo di Peterson sia come conferenziere che come autore di libri.
Quello pubblicato nel 2018, 12 regole per la vita, è quello che gli ha procurato maggiore successo commerciale – oltre 5 milioni di copie vendute in tutto il mondo – e l’accusa di sostenere indirettamente gli argomenti degli incel (dall’espressione involuntary celibates, “single non per scelta”). È il nome con cui vengono definiti i gruppi di uomini che affermano la supremazia maschile e accusano le donne di non rispettare il proprio ruolo privando gli uomini di un loro presunto diritto ad avere rapporti sessuali.
Parlando con il New York Times Peterson disse che «lo spirito mascolino è sotto attacco», e utilizzò l’espressione «monogamia forzata» per descrivere sia le pressioni sociali che favoriscono le relazioni monogame sia le conseguenze sociali determinate dal violarle. Questo tipo di struttura sociale, secondo Peterson, è razionale e ha senso perché produce stabilità: renderebbe gli uomini meno violenti e più probabile così per loro avere una relazione con una partner.
L’idea alla base del libro è che negli ultimi decenni una certa debolezza abbia progressivamente portato gli uomini a essere partner deludenti, e che questo provochi danni e infelicità alle donne a cui si legano. Affinché gli uomini e le donne abbiano relazioni reciprocamente appaganti, secondo Peterson, è necessario che gli uomini diventino padri migliori e mariti migliori: che riacquisiscano il proprio ruolo all’interno di gerarchie stabili che la «sinistra radicale» vorrebbe eliminare e che per Peterson sono invece parte dell’ordine «naturale» delle cose.
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Il modo in cui le società sono strutturate, in altre parole, sarebbe secondo Peterson una conseguenza diretta e immutabile del modo in cui gli esseri umani sono fatti biologicamente. Un animale da lui citato come esempio di comportamento sociale simile a quello umano è l’aragosta, così nota ai molti fan di Peterson da essere riprodotta su indumenti, tazze e altri gadget in vendita sul suo sito. Peterson sostiene che, come tra gli esseri umani, anche tra le aragoste esistano precise gerarchie. E che il sistema nervoso di questi crostacei renda disponibile più serotonina – un neurotrasmettitore che, tra le altre cose, regola il tono dell’umore – man mano che si sale lungo la scala gerarchica, e massimamente tra le aragoste dominanti. A regolare la distribuzione gerarchica nelle aragoste, così come negli esseri umani, sarebbe quindi un dato biologico incontrovertibile.
Diversi analisti e scienziati hanno obiettato che gli effetti della serotonina sono vari e a volte contraddittori in uno stesso organismo, e che le strutture su cui questo neurotrasmettitore agisce nel cervello dei vertebrati – e degli esseri umani soprattutto – sono molto più complesse e malleabili delle terminazioni nervose delle aragoste. In generale, hanno messo in dubbio che una sostanza presente nel cervello possa bastare a spiegare l’organizzazione delle società umane. Altri, più indulgenti, ritengono quella delle aragoste più che altro una metafora da non prendere troppo alla lettera.
Quanto all’ipotesi della «monogamia forzata» come soluzione storica alla violenza maschile, Peterson non fornisce alcuna spiegazione convincente della quantità di violenza e abusi che questo sistema ha storicamente legittimato e prodotto. Né si sofferma sulle differenti conseguenze sociali della violazione della «monogamia forzata» da parte delle donne rispetto a quella da parte degli uomini. L’opinione largamente diffusa tra molti osservatori e sostenuta dai dati empirici è che proprio la mascolinità – non la mancanza di mascolinità – sia un elemento centrale nei casi di abusi sessuali e violenze domestiche. E che i ruoli di genere contribuiscano a sostenere e rafforzare le violenze contro le donne, anziché diminuirle.
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Peterson è poi noto per essere un difensore della cultura capitalistica occidentale, a cui attribuisce il merito di aver generato stabilità sociale pur non essendo uno schema perfetto e inattaccabile. La definisce una cultura ereditata dal passato e riconducibile, anche in questo caso, a una «costante archetipica». E definisce i sistemi politici ed economici «relativamente incorrotti», la tecnologia e le opportunità nell’Occidente «un dono dei nostri antenati».
L’attuale debolezza delle società occidentali, secondo Peterson, sarebbe piuttosto una conseguenza dell’affermazione di tendenze «postmoderniste» e «neomarxiste», che considerano i principi occidentali della libertà individuale e del libero mercato un modo di «camuffare» le condizioni reali dell’Occidente: «disuguaglianza, dominio e sfruttamento». L’obiezione di Peterson è che queste tendenze, di cui il politicamente corretto sarebbe una delle espressioni più potenti, cercano illusoriamente di sovvertire schemi che sono universali.
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Questa idea di Peterson fu peraltro uno degli argomenti del dibattito del 2019 con Žižek, che a sua volta obiettò che non c’è niente di marxista nel politicamente corretto, ma soltanto una «ipermoralizzazione impotente» interna al capitalismo: nessuna reale ambizione di cambiamento della società. Secondo Peterson cambiare la società nel senso «utopico» di sradicare qualsiasi gerarchia è semplicemente impossibile, perché nuove gerarchie tenderanno a emergere ogni volta da capo sulla base di altri fattori. Fenomeni come il populismo e l’ascesa di Trump e dei politici di estrema destra in Europa sarebbero proprio una reazione a certe tendenze postmoderniste neomarxiste della sinistra progressista, secondo Peterson, e parte di un processo inevitabile: perché «se gli uomini subiscono troppe pressioni perché si femminilizzino, allora diventeranno sempre più interessati a un’ideologia politica dura e fascista».
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Nel corso degli ultimi anni, in seguito al suo larghissimo successo commerciale e alla crescente popolarità dei suoi argomenti tra gli estremisti di destra, Peterson è stato inevitabilmente oggetto di più critiche di quante ne avesse ricevute in passato. In molti ritengono che la lunga campagna mediatica di attacchi da lui subiti, insieme ad alcuni suoi problemi di salute dovuti a una dipendenza da benzodiazepine, abbiano contribuito nel tempo a radicalizzare alcune sue convinzioni e rendere più incerte e fragili le sue argomentazioni.
Peterson, per esempio, è da tempo convinto che il cambiamento climatico sia una questione «controversa» e con «troppa ideologia coinvolta», e che questo renda impossibile fidarsi dei dati e di chi li fornisce. In un’intervista a GQ nel 2019 disse peraltro di seguire un’alimentazione solo a base di carne bovina, definendo «spazzatura» le conoscenze sui danni che questo regime alimentare provoca alla salute.
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Pochi mesi prima del tweet per cui fu sospeso da Twitter nel luglio del 2022, in cui definiva «medico criminale» il medico autore di uno degli interventi di transizione dell’attore Elliot Page, Peterson ricevette molte attenzioni e critiche per un altro tweet. «Spiacente. Non è bella. E nessuna quantità di tolleranza autoritaria potrà cambiare niente», disse della copertina di Sports Illustrated con Yumi Nu, prima modella plus size statunitense di origini asiatiche a finire sulla copertina della rivista.
Di Peterson si è infine parlato in tempi recenti anche in relazione al film Don’t Worry Darling, diretto dall’attrice e regista statunitense Olivia Wilde. Descrivendo la trama e i personaggi del film, ambientato in un quartiere americano degli anni Cinquanta in cui le mogli restano a casa a cucinare e gli uomini vanno a lavorare, Wilde citò esplicitamente Peterson come fonte di ispirazione e lo definì «eroe pseudo-intellettuale della comunità incel».
Intervistato poi dal giornalista britannico Piers Morgan nel suo programma televisivo, Peterson si commosse nel rispondere alla critica rivolta a lui da Wilde. «Le persone mi prendono di mira da molto tempo perché mi sono rivolto a giovani frustrati. Che cosa terribile da fare! Pensavo che gli emarginati dovessero avere una voce», disse Peterson.
today we weep for the incels pic.twitter.com/o5G0IxKBJL
— bad_stats 🕜💵🖨️🕣 (@thebadstats) September 27, 2022