Cosa sono le accise sulla benzina
Breve guida a una imposta storicamente molto discussa, a cui anche questo governo ha preferito non rinunciare
Dall’inizio dell’anno il prezzo dei carburanti è aumentato perché il governo ha deciso di non rifinanziare gradualmente lo sconto che era in vigore dall’inizio della guerra in Ucraina. Era stato introdotto dal governo di Mario Draghi abbassando temporaneamente le accise sui carburanti, ossia delle tasse di importo fisso che gravano su ogni litro di carburante venduto e che contribuiscono quindi a determinare il prezzo per il consumatore alla pompa di benzina.
In Italia si parla da sempre di come le accise su benzina e gasolio siano particolarmente alte e di come sarebbe necessario abbassarle per far sì che i prezzi dei carburanti scendano. Tuttavia, negli anni sono state aumentate, perché garantiscono allo stato un gettito molto elevato e a cui sarebbe difficile rinunciare. Inoltre, le accise svolgono il ruolo di disincentivare o scoraggiare il consumo eccessivo di combustibili fossili, tra i principali responsabili delle emissioni inquinanti e quindi del riscaldamento globale, ossia hanno il ruolo di una cosiddetta carbon tax.
Il prezzo finale al distributore ha tre componenti. La prima è legata al prezzo industriale, ossia la quotazione a cui il rivenditore ha deciso di immettere il suo prodotto sul mercato. Comprende sia il guadagno dell’azienda sia i costi che questa deve sostenere per consegnare il prodotto finito, come quelli di acquisto della materia prima, di raffinazione e di trasporto.
La seconda è composta dalle accise. A differenza di altre imposte, che si applicano in percentuale al valore di un bene, le accise sui carburanti sono tasse dall’importo fisso in euro, che si applica sull’unità di prodotto venduto. Alcune di queste sono nate come imposte di scopo, introdotte nella storia italiana dai governi per raggiungere determinati obiettivi: nonostante molti di questi problemi siano ormai risolti o del tutto superati, le accise a loro collegate sono rimaste e nel tempo si sono stratificate.
Questo tema riemerge ogni volta che si parla dei rincari della benzina e molti politici fanno spesso notare come sia paradossale continuare a pagare accise su eventi anche molto lontani nel tempo, come quella introdotta per finanziare la guerra in Etiopia del 1935, che viene sempre molto citata in questa polemica.
Come ha ricostruito Pagella Politica, sebbene nella sostanza molte di queste accise si continuino a pagare perché non sono mai state abolite (anche se non quella della guerra di Etiopia, che venne abolita nel 1936), nel 1995 c’è stato un riordino complessivo e da allora l’accisa sui carburanti viene indicata in modo unitario, come la somma di tutte le singole accise introdotte fino ad allora, ed è diventata una componente strutturale del prezzo, sostituendo quindi la natura di imposta di scopo. È dunque improprio riferirsi ancora alle singole accise del passato.
In totale le accise su un litro di benzina sono oggi di 0,7284 euro (il 40 per cento del prezzo in questi giorni) e su un litro di gasolio di 0,6174 euro (il 33 per cento del prezzo).
La terza componente è l’IVA, ossia l’Imposta sul Valore Aggiunto, che si calcola in percentuale del prezzo di vendita. Sui carburanti l’IVA si calcola sul prezzo industriale più le accise. Di fatto è un’imposta su un’imposta, il che rende piuttosto rilevante il peso della tassazione sul prezzo dei carburanti: secondo l’ultimo monitoraggio del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica l’IVA e le accise ammontano complessivamente al 58,2 per cento sul prezzo della benzina e al 51,1 su quello del gasolio.
La tassazione italiana sui carburanti è estremamente alta anche paragonandola con quella degli altri paesi europei. Secondo un rapporto della società energetica ACEA, nel 2022 l’Italia era il paese europeo con le più alte accise sul gasolio e il secondo per quelle sulla benzina.
Secondo un’analisi del sito lavoce.info ci sono stati diversi buoni motivi per non prorogare lo sconto sulle accise. Innanzitutto il taglio delle accise era una misura generalizzata, di cui beneficiavano tutti, sia poveri che ricchi, quindi anche coloro che potevano permettersi l’aumento dei prezzi del carburante. Paradossalmente, del taglio beneficiavano di più le persone con redditi più alti, che mediamente hanno auto con cilindrate maggiori e che quindi consumano di più. In un momento di alta inflazione è invece preferibile concentrare le risorse per tutelare le fasce più povere, messe maggiormente in difficoltà dall’aumento dei prezzi.
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Le accise sono poi una tassa di disincentivo, che lo stato impone quando vuole scoraggiare l’uso di un bene nocivo: un prezzo più alto quindi dovrebbe ridurne il consumo. Le accise ci sono anche su altri beni, come gli alcolici, i tabacchi e addirittura sulle emissioni inquinanti. Nascono dunque per disincentivare acquisti o comportamenti dannosi, ma hanno anche un effetto notevole sulle entrate dello stato: nel 2021 ha incassato circa 33 miliardi di euro con le accise sull’energia, gli alcolici e i tabacchi, di cui 25 solo dai carburanti.
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