I corsi per superare la paura di volare
O perlomeno affrontarla, visto che l'aerofobia è piuttosto comune e crea molti disagi: l'aeroporto di Cuneo è stato il primo in Italia a organizzarli
Alla fine di maggio 40 persone sono state accompagnate sulla pista dell’aeroporto di Cuneo per osservare un aereo da vicino. Hanno guardato con attenzione le ali, il carrello e tutti gli strumenti che provocano rumori e rumorini durante il volo come i flap, le parti mobili dell’ala azionate nelle fasi di decollo e di atterraggio. Molte di loro, quel giorno, sono entrate in un aeroporto per la prima volta nella loro vita perché fino a quel momento erano state bloccate dalla paura.
Lo scalo di Cuneo, uno dei più piccoli in Italia, è stato il primo a organizzare un corso per affrontare la paura di volare in aereo. Potrebbe sembrare un disturbo poco diffuso, ma in realtà riguarda moltissime persone in Italia e nel mondo che rinunciano a viaggiare perché non riescono a fronteggiare l’ansia e le sue conseguenze.
Negli ultimi decenni questo problema è stato spesso identificato con il termine aerofobia o aviofobia: secondo tutti gli studi pubblicati sul tema, è una forma di ansia che ha poco a che fare con i rischi del volo, ma piuttosto con una grande necessità di sicurezza, stabilità e controllo, che si manifesta in modo evidente in un ambiente particolare come l’aereo.
È ormai noto, e spesso ne è consapevole anche chi ha paura di volare, che gli aerei siano mezzi di trasporto molto sicuri. Uno degli studi più citati, pubblicato nel 2006 dal ricercatore David Ropeik dell’università di Harvard, calcolò che le probabilità di morire in un incidente aereo siano una su 11 milioni. Non sono disponibili studi più aggiornati, ma non ci sono dubbi sul fatto che molte altre attività quotidiane, come guidare un’auto, siano decisamente più rischiose.
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Non esiste una vera classificazione della paura di volare perché ognuno ha esperienze e sintomi diversi. C’è chi ha già volato ed è stato traumatizzato da un evento particolare, chi non è mai entrato in un aeroporto, chi teme soltanto temporali o turbolenze, chi non sopporta l’altezza oppure alcune fasi del volo, come l’atterraggio.
I sintomi non sono molto diversi da quelli tipici di altri disturbi legati all’ansia: battito cardiaco accelerato, mancanza d’aria, sudorazione o brividi, dolore al petto, vertigini, mal di stomaco e mal di testa, senso di irrealtà e di stranezza nella percezione del proprio corpo e delle cose circostanti.
Un ulteriore fattore di disagio, piuttosto comune tra chi ha disturbi legati all’ansia, è il timore di avere attacchi di panico di fronte ad altre persone. La necessità di rimanere in un luogo a stretto contatto con altre persone, con possibilità di isolarsi quasi nulle, alimenta il potenziale imbarazzo e il senso di inadeguatezza.
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Fabio Gherardelli, psicologo e psicoterapeuta che da otto anni organizza corsi per affrontare la paura di volare, dice che la maggior parte delle persone che si rivolgono a lui ha paure dovute alla mancanza di controllo. Il viaggio in aereo le espone a eventi incontrollabili, che non possono gestire personalmente, e le affida alle capacità di persone sconosciute come piloti e assistenti di volo: «Questa impotenza è ben spiegata da una domanda che mi viene ripetuta spesso: “Se mi sento male cosa faccio?”. In effetti in aereo non si può accostare a lato della strada. C’è anche chi teme che l’aereo possa cadere, ma questa paura riguarda una minima parte delle persone, al contrario di quanto si possa pensare».
Non esiste un profilo tipo di chi ha paura di volare. A Gherardelli si rivolgono persone di età ed esperienze molto diverse. In uno degli ultimi incontri, organizzato a novembre, c’era una persona di 50 anni che aveva visitato quasi tutti i paesi europei, ma soltanto in lunghi viaggi in auto.
In passato gli è capitato il caso di una famiglia in cui uno dei due componenti viaggiava in aereo insieme ai figli, mentre l’altro in auto, con problemi organizzativi e i rischi di affrontare lunghi e faticosi spostamenti. Negli ultimi anni sono aumentate le persone con meno di 40 anni perché rispetto a quelle più anziane hanno più esigenza di volare, soprattutto per lavoro, ma anche per viaggiare insieme a familiari e amici.
Negli ultimi anni molte compagnie aeree hanno iniziato a organizzare corsi o seminari di una giornata per affrontare la paura di volare. Ita Airways, la compagnia nata dal fallimento di Alitalia, ne propone uno al mese. La compagnia tedesca Lufthansa e la sua controllata italiana, Air Dolomiti, si affidano da anni a un’agenzia tedesca che coinvolge esperti e psicologi. In Italia ci sono psicologi e psicoterapeuti che offrono percorsi personalizzati.
La struttura dei corsi è quasi sempre molto simile. In una prima fase più teorica vengono spiegati i meccanismi dell’ansia e della paura, e alcuni dei metodi per imparare a gestirle come esercizi per la respirazione oppure per favorire la distrazione. Un altro momento importante consiste nella spiegazione di come è fatta la struttura di un aereo, quali sono gli strumenti che vengono azionati in volo e che rumore fanno. Come è avvenuto a Cuneo, l’osservazione può essere fatta direttamente in pista.
Il corso di Cuneo è stato tenuto da Pietro Rinaldi, un pilota di aerei che dal 2014, dopo aver lasciato il suo lavoro sugli aerei cargo, si è dedicato al miglioramento della sicurezza in aeronautica. Rinaldi spiega che spesso l’ansia è provocata da sensazioni fisiche o rumori. Uno dei momenti del volo in cui si prova più disagio, anche tra persone che non soffrono di aviofobia, avviene nella fase di decollo a un’altezza di circa 450 metri da terra. «C’è sempre un leggero calo della potenza del motore dovuto al passaggio dal decollo alla normale salita», dice. «Questo calo è percepito come una significativa perdita di potenza dei motori, in realtà è tutto normale e sotto controllo».
Nelle fasi di decollo e atterraggio si sentono più rumori o si possono percepire vibrazioni che possono causare ansia, come il movimento dei flap, la salita o la discesa del carrello. Le vibrazioni sono dovute anche alla presenza di rilievi come colline o montagne, che influiscono sulle correnti d’aria. Per questi motivi, secondo Rinaldi la posizione migliore per volare è al centro dell’aereo. «Si è più vicini al baricentro e si sentono meno le oscillazioni», spiega. «Inoltre si ha una migliore visibilità sulle ali: collegare un rumore a un movimento aiuta a limitare l’ansia».
Uno dei modi per affrontare la paura di volare è provare un simulatore di volo. Al termine dei corsi delle compagnie aeree viene anche proposto un volo. Non tutti i partecipanti, però, riescono ad affrontare l’ansia in così poco tempo.
Gherardelli dà ai partecipanti alcuni esercizi da fare a casa, una sorta di allenamento di tre settimane prima di prendere un volo. «Dico loro che devono “surfare” la paura, e per fare surf bisogna essere allenati», spiega lo psicologo. Dopo tre settimane il gruppo si ritrova per un volo di un giorno sulle tratte Bergamo-Bari-Bologna. È un normale volo di linea: nessuno degli altri passeggeri sa che a bordo c’è un gruppo di persone che hanno o avevano paura di volare.
I corsi, tuttavia, non possono assicurare risultati certi. La paura può essere troppo forte. «Non c’è un prima e un dopo: non è una magia», continua Gherardelli. «Bisogna mettersi in gioco e lavorare a seconda del proprio grado di coinvolgimento. Se una persona ha paura di andare in ascensore è meglio che affronti quella paura prima di provare a lavorare sulla paura di volare in aereo».
Rinaldi si fa mandare la carta d’imbarco del volo di ritorno da un viaggio per mantenere un contatto con i partecipanti dei suoi corsi, quasi fosse una prova di coraggio. Circa il 90 per cento delle persone gliela invia con ringraziamenti, il restante 10 per cento deve lavorare più a lungo sulla sua ansia prima di salire tranquillamente sulla scaletta di un aereo.